Prometheus, se c’è un dio meglio non cercarlo

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[Attenzione: la recensione contiene spoiler]
Dopo oltre trent’anni Ridley Scott riprende in mano la sua creatura e decide di raccontare in un prequel il mistero che stava dietro al misterioso messaggio che causa i terrificanti eventi di cui sono protagonisti gli occupanti della nave spaziale Nostromo che hanno appassionato gli amanti della fantascienza di tutto il mondo.

Alien (1979) è un classico della fantascienza, uno di quelli che ha cambiato per sempre il genere. Non è l’unico fiore all’occhiello del regista che può avere nel suo curriculum titoli come Thelma e Louise, Il Gladiatore, Blade Runner e Le Crociate solo per citare quelli più di successo.

Il film ha conosciuto due sequel più che decenti: Aliens di James Cameron e Alien3 di David Fincher. Di Alien Resurrection e degli spin off con la serie Predator meglio invece non parlare e stendere il classico velo pietoso.

Prometheus invece è un prequel e racconta di come due scienziati assolutamente credenti, Elizabeth (Noomi Rapace) e Charlie (Logan Marshall-Green) scoprano un messaggio comune nelle antiche civiltà terrestri: l’indicazione di una precisa costellazione in cui è presente un pianeta simile alla Terra. Trovati i finanziamenti per il lungo viaggio grazie a un mentore appassionato delle domande con la D maiuscola (chi siamo, da dove veniamo, perché esistiamo) partono a bordo della nave Prometheus, guidata da Meredith Vickers (una Charlize Theron in forma olimpica), per andare a conoscere quelli che chiamano “gli ingegneri” e porre queste domande direttamente a loro.

Gli ingegneri sono in effetti coloro che hanno dato il via alla formazione della vita sulla Terra, lo spettatore lo apprende nella prima scena del film, tuttavia in quello che la coppia di scienziati presumeva essere il loro pianeta natale qualcosa è andato storto perché sono di fronte alla scena post- epidemia o qualcosa di simile.

Forse piuttosto che cercare i propri ingegneri i due scienziati dovrebbero semplicemente ascoltare l’androide David (Michael Fassbender) che viaggia con loro; memorabile è lo scambio di battute in cui l’androide chiede (in realtà con un secondo fine) al deluso Charlie per quale motivo ci tenga così tanto a conoscere il proprio creatore, Charlie risponde «perché potremmo chiedergli per quale motivo ci ha creato e viviamo», e alla domanda «perché avete creato me? » non si rende conto che la sua risposta «perché ne eravamo capaci» ridicolizza la missione che si sono preposti.

David come androide è molto curioso, troppo per la sua natura, ed è chiaro che ha una missione speciale affidatagli dal suo programmatore Peter Weyland, capo della fondazione che finanzia il viaggio. Le sue azioni (e in questo il film ricalca molto l’Alien del 1979) causeranno il diffondersi degli “alieni” che altro non sono che il risultato di ingegneria genetica volta alla creazione di armi di distruzione di massa. Armi che fra l’altro erano destinate proprio alla Terra, la cui evoluzione evidentemente non è piaciuta a questi ingegneri ed avevano deciso di porre fine al progetto umano; per nostra fortuna le armi di distruzione di massa gli erano scoppiate in casa proprio al momento del decollo! L’arrivo degli umani sul pianeta rimette in condizione l’ultimo sopravissuto ibernato di riavviare il progetto di distruzione, ma ovviamente (dato che poi la storia prosegue negli Alien successivi) i nostri eroi riescono ad avere la meglio dell’ingegnere.

Il film lascia aperte tutte le domande su chi siano gli ingegneri, sul perché abbiano dato origine alla vita sulla Terra, perché abbiano deciso di mettergli fine e soprattutto niente si sa su chi abbia creato gli ingegneri… Darwin è quindi salvo, magari su un altro pianeta.

Il film vale tutti gli euro del biglietto e anche qualcuno di più, tuttavia presenta alcune incongruenze che agli alienofili non possono sfuggire.

Prometheus finisce con Elizabeth che si salva e parte per continuare la sua ricerca degli alieni lasciando sul pianeta il messaggio di allerta che invita a non atterrare, quello che non coincide è che questo è lanciato dal modulo di salvataggio di Prometheus e non dall’astronave aliena verso quale si dirigono a colpo sicuro trent’anni dopo i viaggiatori del Nostromo.

Il gigantesco alieno che trovano in Alien è squartato sul ponte di comando dell’astronave aliena con il casco da viaggio indossato (cosa che lo rende simile a una gigantesca mosca), mentre in questo film il gigante muore senza casco nel modulo di salvataggio del Prometheus. Difficile far coincidere le cose a meno che non si rivoluzioni tutto con il secondo prequel che uscirà nel 2014… ma ci sembra davvero arduo.

Infine un ulteriore incongruenza si ha con l’ultimo sequel, Alien Resurrection, che ambientato due secoli e mezzo dopo gli eventi di Alien mostra una razza umana sempre più in espansione ma che non ha trovato nessuna traccia dei giganteschi ingegneri, i quali come si vede in Prometheus erano diffusi in ogni angolo dell’universo. Ma forse a questo si può ovviare dichiarando eretico il quarto capitolo e accontentandosi di tre film e un paio di prequel ben riusciti.

Degli spin off con Predator poi si potrebbe cominciare a raccogliere le firme per bruciare le pellicole e farli scomparire gradualmente dalla memoria umana… scherziamo ovviamente, che chi brucia i film o i libri poi finisce per bruciare gli uomini, e qui abbiamo già le domande con la D maiuscola di cui preoccuparci!

 

J. Mnemonic

 

19 Settembre 2012   |   articoli, recensioni   |   Tags: , , , ,