We wish you a Merry Christ… ah no!

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Merry Christmas, Feliz Navidad, Buon Natale a tutti! Credevate di esservi salvati dall’annuale promemoria su come il paganesimo influenzi la nostra vita molto più del cristianesimo? E invece no. Finché ci sarà chi usa l’argomentazione delle “nostre tradizioni”, io farò sfoggio di tutto il mio sapere a riguardo. Ogni anno in questo periodo incombe la lotta per la presenza dell’albero nelle scuole, di Babbo Natale, del presepe… peccato che solo quest’ultima sia una tradizione davvero cristiana. Il resto è stato ripreso (come gran parte delle nostre festività) non da uno, ma

da vari paganesimi. Partiamo dal simbolo più famoso del Natale: l’albero!

Un sempreverde contro le tenebre

Il tipo di albero che usiamo, ovvero l’abete, è un albero sacro nelle tradizioni pagane germaniche e nordiche: con l’incombere della più tetra oscurità durante il solstizio di inverno, in attesa che le giornate tornassero ad allungarsi e il sole a splendere, il sempreverde rappresentava l’immortalità dato che non perdeva le foglie nemmeno nelle giornate più gelide, e in particolare per i Vichinghi l’abete rosso aveva addirittura dei poteri magici; dunque veniva tagliato e portato a casa per poi essere decorato con frutti atti a propiziare il ritorno della primavera e la fertilità della terra. Nella tradizione germanica, inoltre, l’abete è l’albero sacro del dio Odino, uno dei più potenti del pantheon. Ricorre nella festività di Yule, che ha diverse declinazioni a seconda dei Paesi.

Un dio generoso

Sempre durante Yule, il folclore germanico narrava che Odino organizzasse una grande battuta di caccia accompagnato dagli altri dèi e dai guerrieri caduti. Se i bambini lasciavano i loro stivali nel caminetto pieni di carote, zucchero o paglia per sfamare il cavallo volante di Odino, questi avrebbe lasciato loro dei dolcetti o dei regalini. E chi è che porta i regali ai bambini su un carro trainato da renne volanti la notte di Natale? Le leggende su Babbo Natale sono però moltissime, e vengono da molte tradizioni diverse: c’è quella, sempre germanica, del demone assoggettato al santo, quella islandese dei folletti che portano i regali ai bambini buoni, fino alle origini cristiane (stavolta sì, almeno in parte) della leggenda di San Nicola.

 

Della leggenda del Dio Agrifoglio e del Dio Quercia dei Celti e degli Scandinavi, invece, per tornare ai sempreverdi, ho già parlato qui e, non volendo ripetermi, vi invito a leggere l’altro articolo (se siete interessati). Anche gli antichi romani avevano l’abitudine di decorare i pini per l’anno nuovo, che, tuttavia, iniziava il 21 marzo, con la primavera.

Merry Saturnalia

Nel periodo del solstizio d’inverno, invece, i nostri avi festeggiavano i Saturnalia (o Saturnali): la celebrazione della venuta di Saturno nel tempio iniziava con grandi banchetti. Ci si scambiava poi dei pacchettini regalo accompagnati dall’augurio “io Saturnalia” (e da alcuni bigliettini piuttosto originali, a volte, di cui ho parlato qui). I festeggiamenti erano caratterizzati dal rovesciamento dell’ordine sociale: gli schiavi erano considerati uomini liberi ed eleggevano un principe che avrebbe indossato una maschera rossa in onore di Saturno o Plutone. Il Natale romano era inoltre fuso con il Carnevale: i romani erano convinti che durante l’inverno gli dèi Inferi, preposti alla protezione delle anime defunte, ma anche dei campi, vagassero sulla Terra in corteo. Dovevano dunque essere placati con offerte votive e sfilate in loro onore che li avrebbero indotti a tornare nelle viscere del suolo. Addirittura fu necessario emanare una legge che imponeva un limite massimo di spesa per i banchetti durante questo periodo.

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Anche la ghirlanda che appendiamo alla porta discende da tradizioni pagane: per i greci e i romani era una corona simbolo di vittoria e veniva appesa alle porte degli atleti vincitori; per i germani il cerchio simboleggiava l’eternità della natura ed era una protezione contro il buio. Spesso era illuminata da quattro candele e ornata di vari fiori e nastri.

Sperando che il Sole rischiari anche le menti

Insomma, l’unica tradizione veramente cristiana pare essere quella del presepe, di origini medievali, in onore della natività di Gesù. Ma ricordate sempre che la nascita del Messia coincide con quella di molte altre divinità, perché tra il 21 e il 25 dicembre si festeggia la nascita del Sole e la vittoria della luce sulle tenebre. Dunque, in virtù di tutto questo, voglio chiedere un regalo a coloro che difendono le “nostre tradizioni”: adottate l’usanza che più vi piace, ma smettetela di rompere le palle di Natale con l’imposizione agli altri non delle “vostre tradizioni” ma della vostra ignoranza. Per piacere. Acculturatevi.

E a tutti gli altri, dal canto mio, non posso che augurare un felice Sol Invictus e allegri Saturnali!

Ilaria Alleva

21 Dicembre 2019   |   articoli, storia   |   Tags: , , ,