Se non siamo più in grado di riconoscere il dialogo

Pubblicato da

La morte del Cardinale Carlo Maria Martini ha diviso in due il mondo laico. Da una parte chi ha espresso pubblicamente parole di elogio nei confronti del “cardinale del dialogo”, dall’altra chi è si rammaricato che tanti liberi pensatori si siano fatti abbindolare da una figura che comunque rappresenta il “potere ecclesiastico” nella sua più alta espressione essendo ella stessa un cardinale.

Il discorso è più complesso di quanto possa apparire, perché in realtà la storia ripropone spesso questo dilemma: dobbiamo apprezzare e valorizzare quelle figure che in una struttura totalitaria cercano di aprire questa al dialogo o le dobbiamo considerare semplicemente delle “foglie di fico” che sono li solo per rabbonire l’opinione pubblica?

Domanda difficile dicevamo e a cui non abbiamo la pretesa, da laici quali siamo di dare “la” risposta definitiva.

Tuttavia analizzando le parole e i gesti di Carlo Maria Martini ci sembra davvero difficile non concedergli almeno il riconoscimento di essere in buona fede (e non ci riferiamo ovviamente alla fede cattolica ma all’onestà intellettuale).

Partiamo dall’obiezione che abbiamo sentito più spesso in questi giorni: “era un cardinale, quindi un uomo di potere ecclesiastico, quindi non può essere un esempio di laicità”. Che essendo un cardinale non fosse un laico è lapalissiano, ma dobbiamo per questo ignorare che era uno dei pochissimi porporati ad aver preso coscienza di alcune problematiche inerenti ai diritti civili e che chiedeva dei cambiamenti su questo? Oppure dobbiamo livellare il tutto a una questione “o si è laici o si è preti”? Dobbiamo considerare Ratzinger e Wojtyla uguali a Roncalli e Luciani? O dobbiamo usare il nostro intelletto per cogliere le differenze e i segnali positivi che possono arrivare da un monolite bimillenario quale la Chiesa Cattolica?

Dobbiamo ignorare che Martini è stato “confinato” a Milano escludendolo da qualunque luogo di potere vaticano dove si decide la linea da seguire su politica e società?

Sinceramente non ci interessa giocare al muro contro muro e alla politica distruttiva del “tutto o niente” che, per l’appunto, non ha mai portato a niente.

Martini aveva delle posizione illuminate su alcune tematiche di nostro interesse, come quelle delle unioni civili e del testamento biologico. Sulle prime ha espresso più volte il suo parere favorevole, ovviamente restando contrario al matrimonio omosessuale. Se questo vi pare poco non dimenticate che la richiesta dei PACS (e sottolineiamo non del matrimonio omosessuale) è stata un cavallo di battaglia delle associazioni lgbt per decenni, fino a che, dato che la politica non si è smossa dalla sue posizioni clericali e ha preso in giro i movimenti passando dai DiCo ai DiDoRe, non si è deciso di passare a chiedere direttamente il matrimonio gay probabilmente anche per allinearsi alle richieste dei movimenti del resto d’Europa.

Sul testamento biologico è stato coerente con se stesso fino alla fine rifiutando quelle cure che le altre gerarchie vaticane vorrebbero imporre a tutti con la scandalosa legge Calabrò. Il suo rifiuto di essere intubato e nutrito artificialmente rappresenta uno schiaffo per il Vaticano, che oggi si vede rinfacciato (giustamente) il rifiuto dei funerali religiosi a Welby per una situazione se non identica quanto meno simile.

Qualche ateo ha anche sottolineato il fatto che la sua famosa frase «Ciascuno di noi ha in sè un credente e un non credente, che si interrogano a vicenda» non è un esempio di dialogo ma in realtà un sintomo del millenario vizio cattolico di parlare a nome di tutti. Che i cattolici abbiano da sempre la pretesa di parlare a nome di tutti è indubbio, tuttavia onestamente non capiamo come non si possa cogliere la portata rivoluzionaria di una frase del genere nel rapporto con gli atei. Significa quanto meno dare all’ateo la stessa dignità del credente e, dopo duemila anni di persecuzioni, insulti e discriminazioni non ci sembra cosa da poco.

Leggendo la sua ultima intervista, che il Cardinale ha voluto che fosse messa nel suo testamento, si arriva a una critica della chiesa che sinceramente non avremmo mai sperato da un suo esponente così autorevole. « La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? », e ancora: «Lo so che non possiamo lasciare tutto con facilità. Quanto meno però potremmo cercare uomini che siano liberi e più vicini al prossimo. Come lo sono stati il vescovo Romero e i martiri gesuiti di El Salvador. Dove sono da noi gli eroi a cui ispirarci? Per nessuna ragione dobbiamo limitarli con i vincoli dell’istituzione».

Possiamo anche ignorare tutto questo, ne abbiamo facoltà, poi però non lamentiamoci della mancanza di dialogo, perché vuol dire che siamo chiusi e autoreferenziali almeno quanto un cardinale. Un cardinale come Ruini, però.

 

Alessandro Chiometti

4 Settembre 2012   |   articoli, in evidenza   |   Tags: , , ,