Quanto pesa la Chiesa [Internazionale]

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* dal settimanale Internazionale del 12/1/2007

Il Vaticano ha un ruolo sproporzionato nella vita pubblica italiana, scrive Jeff Israely. La colpa è di una classe politica che manca di coraggio. Soprattutto a sinistra.


Il peso della chiesa cattolica nella vita pubblica è una di quelle anomalie italiane che fanno sudare noi corrispondenti stranieri. Ecco una formula semplice per un articolo sul tema: riferisci dei recenti dibattiti su fecondazione assistita o eutanasia; confronta la legislazione italiana con quella più liberale di altri paesi; rammenta brevemente al lettore l'indirizzo del quartier generale mondiale del cattolicesimo; cita un paio di esternazioni di Buttiglione e di Pannella.

Se poi vuoi proprio strafare, prova a spiegare il paradosso per cui la "diaspora" dei politici cattolici dopo la scomparsa della Dc – e la conseguente gara a far colpo Oltretevere – ha aumentato, invece di ridurla, l'influenza del Vaticano sulla vita politica. Anche se con questi dettagli rischi di confondere i lettori stranieri.

Questo quadro lascia però fuori un protagonista decisivo. No, non è il papa né il cardinal Ruini, le cui convinzioni sono limpide quanto quelle di Pannella. Non è neanche Francesco Rutelli, l'ennesimo leader italiano che per assicurarsi un futuro tenta di conquistare la fiducia e il voto dei cattolici.

E non sono nemmeno i politici convinti che la chiesa non si discuta. Il vero protagonista è chi non la contrasta. L'anomalia di un'Italia sempre meno cattolica, ma dove la chiesa conta sempre di più, può stare in piedi solo grazie al tacito consenso dell'establishment di sinistra.

E allora, ecco che Massimo D'Alema vuole disinnescare il dibattito sulle coppie di fatto; Piero Fassino, con tempismo perfetto, fa "outing" sulla sua fede religiosa; perfino il santo regnante della sinistra, Walter Veltroni, si serve abilmente del suo status di sindaco della Città eterna per evitare di contraddire il Vaticano.

Nel frattempo, Rifondazione comunista decide che le uniche priorità sono le questioni economiche e la politica estera. Sandro Curzi dice che il crocifisso è un simbolo culturale e non religioso, e quindi si può tranquillamente appendere nelle scuole pubbliche.

Mentre Fausto Bertinotti è felice di metterci a parte delle sue meditazioni spirituali a Otto e mezzo. Ma quel che conta in politica non è la fede, per chi ce l'ha e per chi non ce l'ha: è la santità dello stato (che tutela il diritto di avere una fede o di non averla).

Dal crollo della prima repubblica, visto che le spinose questioni dei rapporti fra chiesa e stato si sono aggravate, l'Italia è diventata un paradosso e una pantomima allo stesso tempo. Ruini viene definito "il miglior politico italiano". Gli italiani vanno sempre meno in chiesa, ma fanno la fila a milioni per vedere la salma di Giovanni Paolo II.

Il parlamento sproloquia di bioetica senza decidere nulla. In quel testo degno del genio orwelliano che è il "credo" di Forza Italia si legge: "È un partito cattolico ma non confessionale; è un partito laico, ma non laicista".

Quanto a Ds e Rifondazione, sono partiti fieramente laici, ma in pratica vivono sempre nel timore di spezzare il fragile equilibrio con gli alleati cattolici che gli garantisce una fetta di potere. Il segno più evidente della latitanza della sinistra sulle questioni chiesa-stato è che l'unico a mettere davvero in discussione lo status quo è Gianfranco Fini.

Ma qui non siamo di fronte alle trite questioni destra-sinistra o cattolici-laici. Il problema è più serio, e l'ho capito mentre seguivo un procedimento penale in corso a Milano, dove l'imputato era un musulmano osservante. Ebbene: alle spalle del giudice che doveva decidere del suo futuro troneggiava un grande affresco con Cristo in croce.

E allora, la notizia di oggi è che forse l'Italia non può più permettersi il lusso di vivere con le sue anomalie. A cominciare da un sistema politico impotente, che di tutte queste anomalie è la fonte.

16 Gennaio 2007   |   articoli   |   Tags: