Placebit 2 (Albani – Chiometti)

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(Prima parte)

Egregio dottor Chiometti,

il signor Roberto mi ha messo al corrente del recente scambio epistolare che è intercorso tra di voi a proposito dell'Omeopatia.

Non  è mia intenzione intromettermi sgarbatamente nella vostra
discussione ma semplicemente fornire alcuni elementi utili alla
riflessione e alla stessa discussione. Essi, come tutte le cose,
potranno essere accettati o rifiutati in base alle convinzioni
personali. Entrarne a conoscenza, tuttavia, potrà sicuramente
contribuire alla completezza del dialogo.


E' necessario, però, che io mi presenti: sono Giorgio Albani e sono un medico omeopatico.

Nella mail del signor Roberto sono stato presentato attraverso una serie di aggettivi elogiativi e  che, sinceramente, per come sono fatto, m'imbarazzano un po'. Sono persona semplice ed abituata al dialogo. Devo chiarire che non sono uno psichiatra ma semplicemente un medico impegnato dal primo giorno di laurea (e anche un po' da prima) nel recupero della tossicodipendenza e delle malattie psichiatriche. Pertanto, ad oggi, sulle mie spalle ci sono 15 anni di psichiatria pesante.

L'incontro con l'omeopatia, per me , è avvenuto attraverso la scomodissima porta dei pazienti. Ero letteralmente devastato da una psoriasi gravissima che aveva alterato non solo la mia pelle ma il mio rapporto con la vita. Sottoposto a visite e cure dai migliori specialisti non solo italiani ma anche europei, mi stavo totalmente intossicando con la farmacologia classica senza vedere il benché minimo risultato. Eppure, entrando in quei magnifici studi ove ogni luminare mi riceveva come un re seduto sul suo trono, avrei francamente dovuto risentire di un effetto placebo particolarmente accentuato (lei ha ragione quando parla di questo effetto e della sua portata: esso vale per ogni pratica terapeutica). Eppure la mia malattia se ne stava li, senza muoversi di un millimetro. Poi successe che, per caso, un caro amico mi portò (letteralmente prendendomi per le orecchie) da un omeopata. La mia formazione universitaria, estremamente ortodossa e rigorosa, m'impediva di vedere in quella negli omeopati qualcosa di diverso dalla fattucchiera di turno. L'omeopatia, poi, mi dava l'idea di una pratica esoterica strana, condotta da persone senza scrupoli e ben poco affidabili. Entrando in quello studiolo di due metri per due e guardando il povero arredo, la mia prima idea fu di fare un balzo indietro. Ben poco poteva offrire alla mia immaginazione quella presentazione scarna, se pur decorosa e, tantomeno, ben poco poteva influenzare la mia propensione all'effetto placebo. Entrai più per rispetto del mio fraterno amico che per altri motivi. Feci una cura controvoglia, forse neppure troppo rigorosa. Eppure, con mia profonda meraviglia, in circa due mesi, per la prima volta nella mia vita di malato dopo almeno venta'anni, le brutte croste della mia malattia si ritirarono come si ritira la marea (non prima di una settimana di infernale aggravamento come capita in omeopatia) e la mia vita tornò a sorridere.

Quell'esperienza pulì la mia pelle e cambiò profondamente la mia mente, aprendomi alla comprensione che non tutto quello sembra scontato lo è fino in fondo.

Vede gentile amico, io e lei, che le piaccia o meno, condividiamo alcuni elementi caratteriali. Entrambi siamo appassionati per la nostra idea ed entrambi desideriamo difenderla e divulgarla, pur da opposte convinzioni. Entrambi, probabilmente, abbiamo trascorso il nostro momento di sofferenza. Non creda che lo scegliere di essere anche omeopata (dico anche perché il medico omeopata non è uno che dimentica la medicina classica o che non la usa nei casi in cui si rivela necessaria) sia una scelta comoda. Essa porta ad un cammino di sacrifici ed isolamento. Se arriva qualche soldino dall'attività professionale, arriva tardi, e non è mai tale da far diventare ricchi (ci sono certamente anche delle eccezioni). Mentre il disagio della scelta di diversità è comunque presente. Non sono lontanissimi i tempi in cui mi sedevo al tavolo di un bar o di un ristorante, nella mia piccola città, e non ero servito o lo ero per ultimo. Non sono lontani gli anni in cui i miei colleghi mi prendevano per pazzo e, comunque, facevano del tutto per rendermi ridicolo. Oggi ho il piacere di dire che, dopo tanto lavoro serio e forse ben fatto, molti di loro e le loro famiglie si rivolgono a me come pazienti.

Ma non voglio tediarla ulteriormente.

Vorrà scusare la mia lunga lettera ma sa, l'omeopatia esiste da oltre 250 anni e non si può liquidare con poche frasi. Inorridiamo quando qualche politico cerca di liquidare il complesso periodo storico della resistenza (comunque la si voglia pensare) con 4 battute e, in fondo, è durata pochi anni.

Quando a Carlo Alberto fu chiesto di emanare un editto che abolisse l'omeopatia lui, intelligentemente, si rifiutò dicendo: "se l'omeopatia è priva di valore, cadrà da sola in poco tempo, se, invece, mostrerà valore vivrà vita lunghissima, tale da non poter essere interrotta comunque da alcun editto".

Condivido con lei che l'omeopatia trova una certa difficoltà a mostrare verifiche di laboratorio, Purtroppo le cure omeopatiche non possono essere standardizzate. Venti cefalee uguali possono richiedere, considerate le diverse costituzioni umane, venti farmaci diversi e questo, come ben sa, il laboratorio non lo concepisce. Le stesse prove di laboratorio, studiate in funzione di una logica pur comprensibilmente ritagliata sulla medicina classica, mal si adattano allo studio di efficacia sui rimedi omeopatici.  Veda: è un po' come se stabilissimo come unica misura per dar valore alle persone il loro censo, o i loro studi. Artisti come Ligabue, Van Gog e altri uomini che molto hanno dato all'umanità sarebbero completamente tagliati fuori dagli indici di merito riferiti solo alle due categorie accennate. Si, d'accordo, lei mi dirà, tuttavia un metro valutativo per capire se una cosa è buona oppure no lo dobbiamo pure trovare. Altrimenti si può attribuire valore a tutto.

A ben vedere, carissimo dottore, anche il laboratorio ha creato i suoi bei mostri: a modo suo, per il laboratorio, la Talidomide era un farmaco perfetto e innocuo. Ciò non gli ha impedito, nella clinica vera, di produrre generazione di focomelici. A modo suo il Cronassial era un farmaco eccellente ed innocuo. In Italia c'è voluto un comico e non un ricercatore (Beppe Grillo) per farci accorgere che, laboratorio a parte, nella clinica poteva uccidere le persone. E potrei andare molto avanti intrattenendola per una lunga serata.

Se l'omeopatia ha qualche difficoltà ad essere valutata in laboratorio ( e non sempre quando le esperienze sono condotte secondo una logica propria alla materia) nella clinica, ambito vero ove va condotta la ricerca avanzata, l'omeopatia ha raccolto innumerevoli prove di efficacia. Il problema è che si da per scontato che esse non esistano perché nessuno mai, come dovrebbe essere in una logica di corretto confronto delle idee, le ha pubblicate e divulgate. Ne sono disponibili tantissime, in buona parte registrate e validate, spesso anche da istituti di stato. Non so se lei lo sa ma in passato la stessa rivista Lancet pubblicò diversi articoli che mostravano, in specifici campi, l'efficacia di diverse cure  a base di medicinali omeopatici.

L'ultimo articolo di Lancet, che vorrebbe condannare l'omeopatia, è stato giudicato di qualità non elevata anche da non omeopati. Rispetto al discorso che lei fa sui supposti complotti invocati dagli omeopati nei loro confronti dall'industria tradizionale del farmaco penso che, al solito, la verità stia in mezzo. Da una parte chi si sente isolato e attaccato, percependo l'attacco ingiusto, è portato ad evocare la teoria del complotto. Dall'altra gli interessi che circolano intorno all'industria del farmaco classico sono altissimi (pensi che il bilancio di vendita del solo acido acetilsalicilico supera abbondantemente e di diverse volte il bilancio di tutta l'omeopatia mondiale) è più di una volta hanno creato cortocircuiti in cui l'interesse del paziente era l'ultimo ad essere valutato. Anche qui potrei intrattenerla una lunga serata con esempi vari. Le dico anche che non è ipotizzabile, per vari motivi (e non tutti di carattere tecnico), un ricondizionamento delle industrie farmaceutiche classiche alla produzione di farmaci omeopatici e pertanto questo mercato (perdoni questo brutto termine) è oggettivamente concorrenziale per esse.

C'è anche da dire, sempre a proposito di Lancet, che l'ultimo articolo non è stato il frutto di una vera e propria ricerca clinica ma si è trattato di una metanalisi. Nessun ricercatore in camice, ma esperti informatici che hanno elaborato, per stabilirne la significatività statistica, esperienze in ambito omeopatico già effettuate. Il problema è che la scelta delle prove sperimentali ammesse alla metanalisi ha mostrato un metodo piuttosto inadeguato. Un po' come se, al cinema, vedessimo tre uomini calvi seduti sulla stessa fila di cinque poltrone e concludessimo che tutta la popolazione mondiale è costituita da calvi.

Leggendo ,poi, in originale i risultati scritti dai ricercatori che avevano effettuato le varie prove sperimentali si osservano conclusioni diverse, nessuna delle quali è sfavorevole alla prova di efficace del trattamento omeopatico. Anche questo, condividerà, appare strano.

Un'ultima cosa: lo studio di metanalisi è stato condotto, per quel che ne so, in Svizzera (in genere non sono molti gli studi che giungono da li), in un'area che, se la delimitiamo con un goniometro portato ad un raggio di 50 chilometri, ospita la maggior parte delle sedi delle multinazionali del farmaco classico. Sono convinto che si tratti solo di una coincidenza, pur suggestiva.

Bene, concludo la mia lunga lettera (mi perdoni ma la passione può fare questo, come ben sa), fornendole degli allegati che potranno essere utili al suo dibattito.

Essi annoverano il testo di un mio intervento effettuato presso l'Ordine dei Medici  e degli Odontoiatri di Terni ove, nel contesto di un corso di conoscenza ed aggiornamento riguardante le medicine non convenzionali organizzato dallo stesso Ordine, ho avuto l'incarico di parlare della mia materia e di esporre alcune delle numerosissime prove cliniche documentate sull'efficacia dell'omeopatia.

Le farò una confidenza: all'inizio della serata molti colleghi mostravano di essere pronti alla battaglia. Dopo un'esposizione serena, seria e articolata, per molti di loro l'atteggiamento di evidente iniziale ostilità si è trasformato in curiosità ed oggi, con diverse di queste persone, è in atto una discreta collaborazione con reciproco beneficio.

Due ultime cose vorrei aggiungere.

Lei ha parlato del caso di Wanna Marchi e non vorrei che ci fossero equivoci. Nessun serio omeopata è persona che sfrutta la credulità popolare. Questo non esclude che qualche caso di disonestà non possa verificarsi. Ma si verifica anche tra esimi professori di medicina classica. L'omeopatia vera richiede, quando ben fatta, un periodo di preparazione così prolungato che supera abbondantemente, per tempi e per spese, il sacrificio già fatto per la laurea in medicina. Le garantisco che molti durante questo percorso si scoraggiano e mollano. Consideri anche che l'omeopata vero è sempre un medico, laureato e abilitato e, spesso, dotato di una o più specializzazioni. Purtroppo capita anche in questa materia che alcuni s'inventino omeopati non avendo nulla a che fare con la medicina. Come capita che alcuni odontotecnici facciano, abusivamente, gli odontoiatri. E' materia di questo mondo.

Per quanto riguarda il caso di Piero Angela. E' un divulgatore che ho amato perché è stato al mio fianco, pur dalla televisione, in ogni passaggio della mia vita. Dal liceo all' università. Non l'ho capito quando ha fatto la trasmissione sull'omeopatia. Un po' perché, da omeopata, mi sono reso conto che non aveva adeguatamente approfondito l'argomento. La prova base di quella trasmissione fu quella di diluire un antibiotico per dimostrare che a deconcentrazioni infinitesime non uccideva più i batteri. Ma, secondo il principio omeopatico dell'inversione dell'effetto, se una sostanza a dosi tossiche uccide una colonia batteria, a dosi infinitesime dovrebbe addirittura …Favorirne la crescita!. Veda bene che la materia non era stata né capita, ne studiata, né approfondita. Inoltre in quella famosa trasmissione, lo dico da cittadino più che da omeopata, è mancato il contraddittorio: non c'era alcun ospite che esponesse un parere diverso. Un po' come se costruissimo un presunto dibattito che ospiti solo Berlusconi (si dice lui ma può essere anche un altro). Che dibattito può essere?Lei, abituato al confronto delle idee, mi capirà.

Tuttavia, lo dico sinceramente, non ho gradito e non ho condiviso che sia stato portato in tribunale. Il confronto delle idee non avviene e non può avvenire in quel luogo. Sul piano ideale non aveva commesso certo alcun reato. Sul piano della correttezza editoriale e divulgativa, invece, il discorso cambia..

Mi consenta di raccontarle un ultimo aneddoto. Essendo Hanneman ancora vivente (lo scopritore del principio omeopatico), un importante ordine dei medici tedesco (credo quello potentissimo di Lipsia) incaricò un illustre professore universitario, il dott. Costantine Hering, noto per la sua acerrima contrarietà all'omeopatia, di ricercare le prove per screditare in modo chiaro e definitivo questa materia. Egli si mise subito al lavoro, come un mastino, e lavorò per diversi mesi sugli scritti di Hanneman, incontrando zelantemente i pazienti e raccogliendo testimonianze. La storia ci narra che, pur intransigente, fosse un uomo intellettualmente onesto. La sua conclusione, inaspettata, tale da farlo radiare dall'ordine, fu che l'omeopatia non solo mostrava efficacia ma superava abbondantemente in termini di risultati quello che poteva offrire la medicina ufficiale dell'epoca. Costantine Hering, ormai perseguitato in patria, fu costretto ad emigrare negli Stati Uniti e divenne uno dei più grandi omeopati, dando vita alla scuola omeopatica americana.

Samuel Hanneman, scopritore dell'omeopatia, non fu solo un grande scienziato, ma anche, per quanto credo lei possa probabilmente poco condividere quanto da me affermato, un grande rivoluzionario ed un illuminista. In un periodo in cui la medicina era costituita esclusivamente da purghe, veleni e salassi che, più che guarire, uccidevano, lui ebbe il coraggio, rinomato, ricco e in piena carriera, di chiudere il suo ambulatorio dicendo ai propri pazienti che con quei mezzi, più che curarli li prendeva in giro. Dopo anni di studio, caduto in una condizione di indigenza economica, scoprì una medicina fatta di dosaggi rigorosi e di prove sui pazienti che chiamò provings (testare un farmaco su un gruppo di persone). I provings furono il primo esempio a noi noto di una medicina moderna e sperimentale in un'epoca in cui regnavano, come dice Molier riveduto e corretto dal grande Alberto Sordi nel malato immaginario, soprattutto i dottori purgoni.   

Detto questo, mi sento di ringraziarla, in ogni caso, per il suo interessamento all'argomento dell'omeopatia, pur affrontato da una posizione diversa dalla mia e la saluto cordialmente.

Giorgio Albani

Egregio Dottor Albani,

mi scuso se non ho risposto subito, purtroppo è un periodo in cui sono molto impegnato.

Come già spiegato al sig. Roberto Massari non sono ancora dottore. Dell'omeopatia ho seguito i corsi tenuti da un omeopata organizzati dalla mia facoltà alcuni anni addietro. Ma questo poca conta perché per spiegare l'effetto placebo o riportare i dati di una pubblicazione non occorre nessuna laurea, l'importante è non raccontare "balle" e questo mi sembra che lei me lo riconosca nella sua cordiale lettera.

Riprendo la conclusione del mio articolo originario per chiarire ancora una volta la mia posizione; ognuno si curi con ciò che ritiene più opportuno ma nessuno provi ad ostacolare la corretta divulgazione scientifica.

Il fraintendimento mi sembra proprio che nasce dall'interpretazione dei dati pubblicati dal Lancet, la metanalisi da loro condotta dimostra proprio che anche i rari studi che danno un pallido "positivo" alla prova del doppio cieco non reggono quando sono confrontati e studiati con più attenzione. Del resto il giudizio è chiaro, come da lei correttamente riportato: "Sulle sperimentazioni in omeopatia esistono cinque importanti meta-analisi. Hanno tutte un unico risultato: escludendo le sperimentazioni inadeguate dal punto di vista metodologico e considerando il bias di pubblicazione, l'omeopatia non ha prodotto alcun beneficio significativamente superiore al placebo"

Questo non vuol dire che invece esaminati singolarmente possono dar luogo a falsi positivi. Come erano ritenuti prima del confronto più attento svolto dal lancet.

Tutto qui.  Del resto come spiego nel mio articolo, l'effetto placebo da risposte molte diverse (da un "misero" 20% fino a punte del 60-70%) , quindi capita continuamente anche con i farmaci normali che alcune cure, studiate nel caso singolo diano "falsi positivi" che poi si dimostrano essere infondati con la ripetizione dei controlli.

In questo caso non si è trattato di "ripetere" l'esame ma semplicemente di esaminarli nella complessità. E questo porta alle conclusioni citate.

Ma del resto stando anche ai dati che lei mi presenta, mi dice "l'omeopatia esiste da 250 anni", vero. Poi però mi porta solo 12 "prove" di effetti positivi di cui per giunta, a quanto si evince da quello da lei scritto, solo 2 pubblicati da riviste mediche. Mi sembra un po' pochino per una branca della medicina che esiste da 250 anni.

Non voglio poi entrare nel merito dei complotti delle case farmaceutiche, perché l'ultima cosa che voglio è passare per un difensore di queste. Dico semplicemente, non sarebbe da Bayern (un nome a caso) farsi sfuggire un intero settore di guadagno per una posizione ideologica. Ma figuriamoci! Anzi, ipotesi speculativa, non escluderei che già ci guadagnino operando sotto falso nome con il classico metodo delle scatole cinesi.

Quindi tornando a noi, lei mi ammette la difficoltà dell'omeopatia a dare evidenze di laboratorio, quindi siamo al dilemma da me proposto nel mio articolo. La mia acqua di rubinetto curerebbe ALMENO il 30% dei pazienti che presentano "mal di stomaco", è giusto o no che io la imbottigli e la venda a 10 euro/50cc  sostenendo che l'ho sottoposta a fantomatica "attivazione" che la scienza attuale non è in grado di spiegare?

Io non so dare una risposta definitiva, lascio aperta la riflessione. Quello che dico è che non si può pretendere in alcun modo di far entrare cure di efficacia non dimostrata nel prontuario mutuabile.

Concludo ricordando ciò che ho già ricordato a Massari, è una provocazione ma aiuta a chiarire la mia posizione. L'omeopatia da alcuni anni è entrata a far parte del premio James Randi. Ovvero chi sarà in grado di individuare (non una volta sola ovviamente, ma dimostrando che non è un caso) un medicinale omeopatico fra altri 9 contenenti solo acqua distillata vince UN MILIONE DI DOLLARI. E' possibile utilizzare qualunque mezzo, analitico, clinico e diagnostico.

Se i successi veri, e non dovuti al placebo, sono cosi numerosi non dovrebbe essere difficile aggiudicarsi il premio.

La saluto cordialmente, e le chiedo l'autorizzazione a utilizzare la sua lettera per pubblicarla nel nostro sito e giornale.
Alessandro Chiometti

Caro signor Chiometti,
anch'io mi scuso per risponderle con un pò di ritardo. Sembra che entrambi possiamo trovare miglior tempo per le mail nel fine settimana.
 
Lei pone questioni piuttoste diverse che meritano di essere trattate per gradi.
 
1) in primo luogo le chiarisco la mia assenza di difficoltà alla pubblicazione di quanto da me scritto, anche se immagino che, per motivi di oggettivo spazio, qualunque contenitore userà, potrebbe non avere possibilità di ospitare per intero quanto precedentemente le ho inviato e che costituisce la completezza della mia risposta.
 
2) Non ci sono dubbi, come lei afferma, che ognuno può scegliere di curarsi come meglio crede. Fa parte dei diritti dell'uomo. A volte questo principio viene, invece, violato, obbligando il singolo, in vari modi, ai dictat del sistema che vige. Le faccio un esempio: se porta a vaccinare il suo bambino il sistema sanitario nazionale le propone la vaccinazione esavalente ove sono contenuti vaccini obbligatori e facoltativi. Se lei fa notare che desidera solo praticare gli obbligatori, la maggior parte dei centri di salute non dispone di vaccini separati e lei sitrova di fronta a un diritto teorico non applicabile nel pratico. Anche per l'omeopatia esistono questo tipo di problematiche.
 
3) Altra cosa è parlare dei costi dell'omeopatia e altra cosa è parlare di efficacia.
Rispetto ai costi, un tubo granuli di un comune ceppo costa intorno a euro 1,90 e consente circa 20 giorni di terapia. I bravi omeopati preferiscono la prescrizione di ceppi unitari. Le dirò di più: lo stesso prodotto in Francia costerebbe 1,50. Irrisorio costo per un sistema economico come il loro, ben più forte del nostro. Le case farmaceutiche a volte producono, anche in omeopatia, dei complessi che essendo specialità registrate raggiungono costi più alti. Un bravo omeopata ne usa pochi. I costi sono motivati dalle particolari e rigorose procedure di preparazione del medicinale omeopatico previste dalla farmacopea francese. Io sono andato a vedere la catena produttiva di una fabbrica farmaceutica di prodotti omeopatici e le assicuro che il procedimento (indipendentemente dal fatto di credere o meno all'omeopatia) è lungo e laborioso e che i costi sono più che adeguati.
 
4) Rispetto alle prove di efficacia.
Io le ho portato solo alcune prove perchè, oggettivamente, lo spazio a disposizione della mail e questioni di buona educazione mi facevano pensare inopportuno riempire la sua casella di posa elettronica. Ad evitare che io mi debba impegnare in un lavoro certosino di copiatura mi pregio di fornirle alcuni titoli: il primo ce lo ha già. E quello del prof Bellavite sulle prove di efficacia in omeopatia. E' un bel mattoncino da leggere.
Glien fornisco un altro della Editions Boiron: "Ricerca in Omeopatia". E' pubblicato da Boiron ma è la catlogazione di materiale indipendente, anche molto recente e con ricerche di buona qualità.
Un altro discorso sulle prove di efficacia.
Veda caro amico, io qualche annetto sulle spalle me lo ritrovo ed, essendomi dedicato precocemente all'agopuntura, ricordo ancora i tempi in cui le riviste scientifiche e molti stimati professori universitari la consideravano, con tanto di loro presunte prove alla mano, una sorta di stregoneria.  E pertanto giù ad articoli di condanna e giù a discredito in chi la praticava. Poi qualcuno ha letto meglio le prove che portavano gli agopuntori, si è fatto spiegare il metodo che doveva essere utilizzato per testarne l'efficacia e si è accorto che l'agopunra funzionava benissimo. A quel punto tutti si sono scordati degli anni delle accuse e del discredito. Io che ho buona memoria no. Le dirò di più: alcuni di quegli acerrimi nemici di un tempo ora scrivono artioli favorevoli all'agopuntura. Tutto ciò, inoltre, era avvenuto senza tener conto del fatto che un popolo, i cinesi, l'aveva usata con soddisfazione per 5000. Questo fatto veniva semplicemente ignorato.
 
5) Altro discorso importantissimo. Lei si muove in uno spazio che è il laboratorio, io vivo nella clinica. Rispettabilissimi ambiti entrambi ad egual dignità. Tuttavia in clinca vediamo gli effetti di una cura sui pazienti e capita spesso di vedere (e di documentare) cose che sfuggono ad altri metri di misura. Per esempio eczemi curati in tutti i modi per venti anni senza miglioramento che si riducono o scompaiono dopo cura omeopatica. Oppure, più banalmente, un acne adolescenziale che migliora puntualmente con una cura omeopatica di 2 euro al mese e che in allopatia sarebbe stato bombardato con una cura ormonale piena di effetti collaterali. Oppure ragadi anali destinate all'intervento chirurgico perchè resistenti alla terapia che si chiudono dopo 10-20 giorni di cura omeopatica. Più di altri sono questi i fatti che convincono medico e paziente. Se gradisce di fornirmi il suo indirizzo le posso mandare una scheda clinica a dedicata agli eczemi, con immagini che non verrebbero supportate dalla mail.
Le sarà facile dire, lo capisco, che la statistica non si costruisce sul singolo caso ma sui grandi numeri con debite prove di efficacia. E qui torniamo al problema del metodo peculiare dell'omeopatia che, come già detto, non si confà con i metodi di studio dei farmaci allopatici. In fondo anche l'agopuntura, sinchè i ricercatori non hanno ascoltato gli agopuntori, non mostrava efficacia. Questo è emblematico. Rispetto al premio Randi le ho risposto: richiede un accertamento non proprio all'omeopatia.
 
Mi stia bene.
Giorgio Albani

Egregio dottore,
le garantisco che le sue lettere saranno riportate per intero sul nostro sito, per l'eventuale pubblicazione in cartaceo invece dovranno essere inevitabilmente ridotte.
 
Tornando al tema in oggetto, sono costretto a farle notare una contraddizione in quanto da lei affermato. In realtà è una contraddizione che si presenta sempre quando si affronta il dibattito sull'omeopatia, probabilmente è inevitabile. Tuttavia sono costretto a fare chiarezza per proseguire la discussione.
Lei afferma due cose in antitesi fra di loro, ovvero in alcuni punti sostiene veementemente che le prove che testimoniano la bontà delle cure omeopatiche sono tantissime e riportate in numerosi studi fra cui quelli citati e mi da i testi per approfondire la questione.
Nelle sue stesse lettere però poi ammette che l'omeopatia, per usare le sue stesse parole, "non si confà con i metodi di studio dei farmaci allopatici" e con questo mi arriva anche a giustificare il fatto che non si potrà mai vincere il premio Randi perchè i metodi di rilevazione non sono applicabili all'omeopatia.
Beh, mi dispiace ma qui siamo di fronte a un classico "non sequitur", delle due l'una.
O ci sono tante prove sperimentali dell'omeopatia.
O l'omeopatia non ha effetti rilevabili sperimentalmente.
La seconda affermazione rientra nella eterna diatriba medici omeopatici / medici tradizionali che non si mettono d'accordo neanche sul "quando" un malato è effettivamente guarito, che sinceramente non ritengo molto fondata.
Forse sarò troppo pragmatico, ma per me il discorso è molto semplice, un malato di ulcera (ad es.) è guarito quando l'ulcera si è richiusa. Si fa una gastroscopia e si verifica l'evento. Stop.
Ed è in questo che, non a detta mia ma a detta della medicina ufficiale, l'omeopatia difetta. Per quanto si studi e si producano documentazioni nessuna cura omeopatica ha superato l'esame che testimoniasse un effetto maggiore al placebo, in seguito ad adeguate verifiche (caso Lancet).
 
Allora la prego di chiarire la sua posizione, o afferma che la sua omeopatia non può essere verificata sperimentalmente (allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, ovviamente), o afferma che è stata ampiamente verificata sperimentalmente. Sostenere entrambe le posizioni non è possibile.
 
Personalmente, anticipando le sue possibili risposte, ritengo che dopo la verifica sperimentale della (seppur blanda) efficacia dell'agopuntura, arroccarsi su posizioni del "non verificabile sperimentalmente" è quantomeno anacronistico. Si è dimostrato, proprio con una medicina alternativa, che gli effetti sono misurabili e quantificabili.
Quindi una volta verificato che tale pratica alternativa, l'agopuntura in questo caso, presentava degli effetti misurabili, si è proceduto ad indagare sulle possibili spiegazioni e si è scoperto che gli astri cinesi non c'entravano niente ma era in realtà il flusso elettronico generato dall'ago nel derma a causare l'effetto anti-infiammatorio.
Ma se di effetti misurabili non ce ne sono, come spiegavo al Massari, si applica il rasoio di Occam. Non è necessario andare a ricercare spiegazioni quantistiche, semplicemente di effetti non ce ne sono, non è scienza medica. E' per questo che condivido l'impostazione di Piero Angela.
 
Cordiali Saluti
 
Alessandro Chiometti

Caro  signor Chiometti,
 
vorrei fare una precisazione. Io non sostengo con "veemenza" le mie tesi. E' un vocabolo che si addice ha chi ha fatto scelte diverse rispetto al curare il suo prossimo. Io sostengo le mie convinzioni con semplice serenità essendo, da uomo, prima che da uomo di scienza, disponibile al dubbio e ben poco al settarismo.
Altra necessaria premessa: non ho alcuna difficoltà a rendere pubbliche le mie idee ma non posso autorizzare una sintesi delle stesse condotta da altri. Questo deve essere chiaro perchè è un fatto di etica. Pertanto, considerata l'oggettiva e comprensibile difficoltà a portare sul cartaceo il nostro dibattito, l'unica soluzione che io individuo è che lei indichi sul giornale dei siti ove può essere seguito il dibattito. Gli interessato non avranno difficoltà a collegarsi.
 
Torniamo alla clinica.
Di ulcere che si chiudono dopo una cura omeopatica ne ho viste moltissime. Il metodo sperimentale con cui vengono condotti gli studi sulle cure allopatiche, come già detto (non saprei come esprimermi diversamente) non è adatto all'omeopatia, come non lo è la, pur giusta secondo la sua visione, provocazione di Randi. La clinica, quella affrontata tutti i giorni, consente di vedere il funzionamento pratico di un farmaco. Qalche anno fa un manualetto del ministero della salute fondato sulla cosiddetta medicina basata sull'evidenza, nel caso della distorsione della caviglia, prendeva atto che la ben nota terapia ad ultrasuoni, ampiamente usata sino ad allora, non aveva dato risultati di rilievo mentre un farmaco omeopatico in pomata (pubblicazione del ministero della salute – appena la ritrovo gliela invio) aveva conseguito risultati apprezzabili. Nessuno dei componenti di quel prodotto avrebbe, probabilmente, consentito di essere sottoposto alla prova di Randi. Mi creda signor Chiometti, indossare il camice e seguire i pazienti per 15 anni da un'idea della malattia (e anche della salute) ben diversa rispetto a quella che si legge sui libri e si studia in laboratorio). In questa luce l'omeopatia si vede funzionare benissimo.
E forse, non si offenda, questa è proprio la parte che le manca, considerando che conduce un'esperienza diversa dalla mia.
 
Sono aperto e disponibile a continuare il dibattito con lei. Tuttavia mi sembra che si stia arenando su alcuni punti che difficilmente potranno essere superati. Io le ho prodotto alcune prove sperimentali accettabilissime, condotte da istituti terzi ed universitari. Non solo: le ho anche prodotto lo studio fatto dalle pollinosi e comparso sulla stessa Lancet, favorevole all'omeopatia. La clinica è questa, c'è poco da dire.
 
Mi rendo conto che il dibattito ha difficoltà ad andare avanti con interlocutore, pur gradevole come lei, se alcune basi minime vengono rifiutate.
Lancet è una rivista importante ma sono altrettanto importanti anche gli altri istituti ove l'omeopatia è stata testata ed ha prodotti risultati.
Veda, se mi permette, lei incorre nello stesso errore degli autori della ricerca di Lancet. Effettua una selezione sulle prove da accettare o meno che è piuttosto arbitraria. E  questo è un fatto forse poco scientifico.
Poi trascura il valore dell'esperienza individuale. Io ho fatto il medico di medicina classica per molti anni (e in certi ambiti continuo a farlo) ed ho visto funzionare i farmaci tradizionali ove ben utilizzati. Allo stesso modo, nella mia esperienza di omeopata, ho visto risultati analoghi ( e per certi ambiti migliori) con l'uso dei medicinali omeopatici senza mai vedere quegli effetti collaterali che avevo notato a valanga con la medicina classica.
C' è, poi, un'altra questione. L'omeopatia è materia complessa poichè, oltre ai suoi farmaci, introduce un fine discorso diagnostico che la medicina tradizionale non sfiora nemmeno.
Se mi capitasse, da domani, di tornare a fare il medico di medicina classica, pur senza le mie armi di omeopata, lo farei con un approccio diagnostico completamente diverso e senz'altro più profondo e consapevole.
 
Affinchè questo dibattito continui ed abbia un valore (non si tratta di un dibattito politico ove la regola è avere l'ultima parola e ove, frequentemente, ci deve essere un vinto e un vincitore ma di un sereno confronto tra garbati uomini di scienza, pur di diversa impostazione) credo sia necessario che lei acquisisca altri elementi di conoscenza della materia di cui stiamo parlando. Non intendo con questo devalorizzare la sua preparazione ma invitarla, da persona seria, a leggere almeno quei due volumi che le ho indicato (potrei indicargleine anche altri ma mi fermo qua) per intero così da disporre di una parte delle informazione che io stesso ho. Altrimenti sarebbe un pò come pretendere di parlare di Dante dopo aver semplicemente sfogliato Auerbach, senza mai aver letto la divina commedia.
Non cada nell'errore di superficialità in cui cadono molte persone, anche ricercatori accreditati, che parlano di omeopatia.
 
Per il resto le auguro ogni bene.
Un saluto.
 
Giorgio Albani

Egregio dottore,
appena mi sarà possibile studierò i volumi da lei indicati, anche se ho alcune riserve al riguardo su quello edito della Boiron (sarebbe come se per conoscere la tossicità del Bactrim mi affidassi agli studi presentati dalla Roche).
Per il resto mi sembra di poter dire che anche per me il dibattito si sta arenando.
Lei continua a parlarmi di esperienze personali (che non intendo minimamente mettere in dubbio, ci mancherebbe altro) mentre io continuo a parlare di studi fatti su vasta scala e analizzati con metodi statistici.
Io continuo a dirle che non si può sostenere contemporaneamente sia la posizione "l'omeopatia non si presta ad essere verificata con metodi sperimentali"; sia quella per cui "l'omeopatia è stata confermata da numerose evidenze sperimentali", e lei invece continua apertamente a sostenerle entrambe. 
Come arrivare a dei punti di contatto?
Sinceramente non lo so; il fatto, caro Dottore, è che quando ci si confronta si deve avere una base comune verificabile sulla quale discutere. Ad esempio, se vogliamo parlare di musica, lei può sostenere che una certa musica è pessima, mentre io posso esaltarla. Tuttavia si parte dal presupposto comune che quella musica esiste e l'abbiamo sentita entrambi.
Qui invece partiamo da due presupposti completamente diversi, io non vedo gli effetti dell'omeopatia (o per meglio dire non ne vedo superiori all'effetto placebo), lei nega la bontà degli strumenti utilizzati per vedere gli effetti dell'omeopatia. Mi sembrano due posizioni così distanti sulle quali è difficile costruire un dialogo per arrivare ad una conclusione comune.
Ora io non voglio togliere legittimità alla sua posizione, tuttavia, il buon senso e la mia razionalità mi dicono di diffidare di chi vuol togliere autorevolezza al metodo scientifico che ha sempre dato ottimi risultati nell'indagare i fenomeni.
Le faccio un ulteriore esempio.
Recentemente (1996) sono state immesse sul mercato calzature particolari (le c.d. "Masai") che, a quanto sostiene la ditta produttrice, risolvono la maggiorparte dei problemi di mal di schiena, cellulite, artrosi e circolazione venosa.
La ditta produttrice ha presentato circa diecimila (leggasi 10.000) studi che ne attestano la comprovata "efficacia".
Tuttavia gli studi SCIENTIFICI, pubblicati su questo tipo di calzature sono solo quattro. E analizzandoli si trova che non c'è la prova di nessun effetto clinico. (FONTE: supplemento "salute" de La repubblica di Giovedi 13/11).
Cosa dovremmo pensare? Il "solito" complotto delle case farmaceutiche che non vogliono vedere calare le vendite dei fans?
O più semplicemente l'ennesimo esempio di una cura miracolosa che ha fatto passare il mal di schiena solo grazie al "solito" effetto placebo?
 
Caro dottore, conlcudo (anche il nostro piccolo dibattito, visto l'arroccarsi sulle reciproche posizioni) ricordando la mia filosofia. Ognuno si curi con quello che ritiene più opportuno, nessuno provi ad ostacolare la corretta informazione scientifica.
 
Le auguro buon lavoro
 
Alessandro Chiometti

12 Novembre 2008   |   articoli, posta e risposta   |   Tags: