Pane e volpe, ultimo atto. Forse. Mah!

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Sapevo che avrei riincontrato presto Monseigneur. Di chi parlo? Ma di Mons. Gianfranco Ravasi, la mente più titanica del mondo cattolico, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, a cui ho già dedicato un articolo, ‘Beati i semplici’. Come là il tema era la conciliazione di “Sacro e laico”, qui(articolo ‘Fede e Scienza’-Il Messaggero 200709), senza stavolta citare espressioni in greco-che si sentisse poco bene?-egli tratta, per altro con una impostazione sinistramente simile alla precedente, un altro tema ‘forte’, il rapporto tra scienza e fede e la necessità di una loro-dice lui quando sta ok-katallaghé (riconciliazione). “Fede e scienza sono complementari e non opposte e incompatibili”. Questa frase del fisico premio Nobel Arno Penzias è il colpo di maglio iniziale, e da questa, in fretta-non gli par vero!- Mons.eur ricava alcuni precetti fondamentali. “È dunque necessario lasciare alle spalle l’orgogliosa autosufficienza dello scienziato (ma di chi parla?! ndr.) che relega la teologia nel deposito di un paleolitico intellettuale … Ma si deve anche vincere la tentazione del teologo che si illude di perimetrare i campi della ricerca scientifica o di finalizzarne i risultati apologeticamente a sostegno delle sue tesi. … occorre che scienziato e teologo “custodiscano castamente la loro frontiera” (Schelling)”. Castamente. Cioè senza trom.. boh! Scherzi a parte, oltre al fatto che ritengo d’aver fatto personalmente i conti da tempo col problema del corretto rapporto tra scienza e religione- esporrò poi la mia opinione-c’è che mentre leggevo quanto Gianfri afferma in merito, avvertivo provenire da quelle parole un forte odore di bruciaticcio, sintomo di qualcosa che proprio non andava; ma cosa? Ed ecco che mi affiora alla mente la recente rilettura di un vecchio articolo del prof. Carlo Bernardini sullo stesso argomento (‘Un dialogo impossibile’ SAPERE ott. 2000), e tutto s’è chiarito immediatamente. Brevemente e brutalmente: quello che Monseigneur afferma, solo alcuni decenni fa gli sarebbe costato la scomunica, ed ai tempi belli della Ecclesia Triumphans lo avrebbe portato dritto dritto sul rogo (ecco l’odore di bruciaticcio!). Se si considerano infatti le due posizioni, per così dire, storiche, sul problema del rapporto fede-scienza, risulta che quella originale della Chiesa sostiene (sosteneva?) (tanto è prassi acquisita dei chierici occultare o riproporre, alla bisogna, ‘filosofie’ anche tra loro opposte; le quali possono perfino convivere; senza vergogna)* che la fede è chiave interpretativa di ogni verità, sia essa naturale che soprannaturale, giacchè: “ogni conoscenza va cercata nella Scrittura e nelle tradizioni della Chiesa; e nella rivelazione scritta , Dio ci ha dotati non solo di un criterio di verità, ma ci ha anche muniti di tuto ciò che Egli voleva che noi conoscessimo. Perciò la Scrittura contiene la totalità, il fine di ogni conoscenza”º. L’altra posizione ritiene invece che le due sfere possano ‘incontrarsi’ su qualche frontiera che delimita i due domini, ben separati. È qui evidente il desiderio malcelato di estromettere la religione dal discorso; desiderio che nasce da un forte sospetto di incompatibilità anziché di complementarità, e che ne rivela la natura, direbbe Joe Ratzinger, laicista (orrore!). Ora: è proprio questa la versione che Mons.eur ci viene a proporre!! Non è da ammirare la disinvoltura degli gli esponenti della fede nel dire ciò che vogliono senza preoccuparsi troppo? Certo il loro credito sulla piazza è tutt’ora enorme e perciò chi dovrebbe contrastarli sembra voler guardare da un’altra parte, ma qui ci vogliono anche addestramento e applicazione costante. C’è da pensare seriamente che la Curia dia da mangiare ai suoi uomini pane e volpe tutti i giorni, anche se Ravasi mi sembra già provvisto di suo.

E se le cose stessero un po’ più semplicemente? Purtroppo la mente di Gianfri è troppo sofisticata per accettare una tesi banale come quella che sto per dire, però voglio dirgliela ugualmente. Ecco: la religione, Spinoza¹ docet, non ha niente a che fare con la verità, né parziale e provvisoria (scientifica), né nel senso greco di epistème (verità certa ed incontrovertibile) semplicemente perché non la ricerca: le è estranea. La religione ricerca l’obbedienza; del resto non sa che farsene. Per essa è vero ciò che si è riusciti ad imporre come tale ad un numero sufficiente di persone.

Ci sono scienziati non credenti, per fortuna: la maggior parte, che non lo sono perché praticanti di questa o quella disciplina, ma perché proprio ‘esistenzialmente’, allenati a obiettività, senso critico ed indipendenza di giudizio; insomma: razionalità. Ci sono scienziati credenti, altrettanto professionalmente validi quanto i primi, che però, per motivi penso ben intuibili, non sono riusciti a superare la-chiamiamola così-soglia critica, e non intendono abbandonare l’obbedienza. E nessuno glie lo chiede.

Compatibilità scienza-fede? Ha più senso porre il problema della compatibilità tra il canto a cappella e la morra cinese. È un non-problema; che può continuare solo a produrre danni, e nei confronti del quale il mondo ha bisogno di una buona e bella-una briciola del pochissimo greco che conosco. A Mons.eur piacerà di sicuro e glie la dedico-seisàkteia.

Non resta che chiederci, a questo punto, come mai queste due umane attività, che ontologicamente (come dire: ‘in sé e per sé’) sono del tutto estranee l’una all’altra, possano arrivare ad incocciare, e quasi sempre in modo piuttosto brutale. E sempre su iniziativa religiosa; la scienza, sempre ontologicamente, se-ne-frega. Beh, in modo implicito l’ho già detto. Tento ora di esplicitarlo. La sua (della religione) ricerca dell’obbedienza e la sua pretesa di regolare ogni aspetto dell’umana esistenza ne formano il carattere invasivo e totalitario che inevitabilmente non sopporta obiezione alcuna. Figuriamoci quale ‘attenzione’ essa possa dedicare alla scienza, la quale sembra divertirsi a mandare all’aria tutti i castelletti di carte che i religiosi costruiscono per sé stessi, e lo fa con l’innocenza di un neonato. Ecco: ma è proprio questa sua innocenza che fa della scienza l’antagonosta debole² della religione. Voglio dire che essa non è concepita né strutturata al fine di combattere la religione; tantomeno per sostituirsi ad essa. I colpi (e che colpi!) che essa appioppa all’edificio religioso hanno carattere del tutto preterintenzionale, se non addirittura colposo. Certo, i suddetti colpi fanno meditare sulla effettiva consistenza del messaggio religioso e sul suo avvenire, ma qui non siamo già più su un terreno meramente scientifico, bensì già ampiamente filosofico. (meta-scientifico). E infatti l’antagonista in senso forte² della religione è propriamente la filosofia. Essa nasce col preciso intento di liberare l’uomo dalle fumosità del mito, inteso come discorso che non richiede o non prevede dimostrazione, e a cui contrappone il logos, nel senso di argomentazione razionale. Questo la pone necessariamente in urto col.. sacro. E che non si tratti di mera giustapposizione della cosiddetta (impropriamente) fede con la ragione, ma di sostituzione, è cosa ben presente da tempo nel pensiero occidentale. Cito il poeta-filosofo latino Tito Lucrezio Caro (v. ‘La Natura’ 102-145). E in tempi più recenti il barone von Holbach, uno dei più illustri esponenti dell’Illuminismo dichiarò: “Quale felice e grande rivoluzione si compirebbe nell’Universo se la filosofia si sostituisse alla religione!”. Per vedere come la pensasse Arthur Schopenhauer, v.(*). Idem per quanto concerne il tentativo della religione-nella fattispecie, la cristiana- di addomesticare la filosofia (dedicato in particolare al prossimo osceneggiato televisivo su sant’Agostino). Devo forse aggiungere che il problema è semplicemente enorme? Troppo dovrei ancora da dire, ma la redazione digrigna i denti. In conclusione vorrei dire a Gianfri Ravasi che quando filosofia e giustizia si saranno adeguatamente affermate, non avrà comunque nulla di che preoccuparsi a livello personale; con la capa che tiene, un ottimo impiego per lui ci sarà sempre. Gli invio i miei più cordiali saluti, ma ora glie lo dico sul serio (e stavolta scritto correttamente!), gnoti s’auton!

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Note. (*) v. articolo ‘Lo scippo’ C.L. n. 2 e nel ns. sito / (º) J.W. Draper ‘History of the conflict between Religion and Science’ / (¹) Baruch (Benedetto) Spinoza (1632-1677). Filosofo olandese di origine ebrea-portoghese. Perseguitato da ebrei, cattolici e protestanti. E meno male che all’epoca, in quei luoghi, non c’erano ancora musulmani. Almeno non in numero significativo. / (²) Qui i termini forte e debole non vanno chiaramente intesi in senso muscolare ma tecnico. Un po’, ad es., come quando si parla di pensiero forte e pensiero debole (informarsi!).

20 Marzo 2011   |   riflessioni   |