Origini del Solstizio d’Estate

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La parola “estate” ha origini antiche. Innanzitutto viene dalla radice indoeuropea “idh” o “aedh”, che vuol dire “infiammare”, “ardere”, “accendere”. Più recentemente dal latino “aestas” e dal greco “aitho”, entrambi col significato di “calore” o di “bruciare, splendere, divampare”. È il giorno in cui il Sole entra nel segno del Cancro, a differenza del solstizio d’inverno, in cui il Sole entra nel segno del Capricorno. Essendo il giorno in cui l’astro solare si mischia con le tenebre, in una sorta di unione tra luce e oscurità, l’evento è stato celebrato in ogni cultura dalla notte dei tempi con riti propiziatori o esorcizzanti di ogni genere. Nel folklore Nord-Europeo la notte del solstizio è una delle tre “notti degli spiriti”, insieme alle vigilie di Calendimaggio e ad Halloween. Proprio perché il confine con il mondo delle tenebre è così sottile, si crede che così come gli umani possano avvicinarsi al mondo degli spiriti, gli spiriti possano avvicinarsi al mondo degli umani. Per questo la tradizione pullula di riti e leggende legati all’aldilà. In tali rituali il fuoco è l’elemento più importante in quanto rappresenta il sole e dunque la luce (oltreché la mascolinità): attraverso i falò si auspica una potenza maggiore del Sole, un rafforzamento dell’astro che man mano declina. In tutte le tradizioni, nonostante le differenze, sono presenti falò, processioni di fiaccolate e ruote infuocate gettate dai pendii.

In Scandinavia la notte del solstizio veniva celebrata con il Fuoco di Baldur. Baldur, Re della Quercia, era una divinità morta nel fiore degli anni, figlio di Odino, il cui acerrimo nemico era il Re dell’Agrifoglio. Mentre il primo era il dio dell’anno crescente, ovvero della parte dell’anno in cui la luce vince sulle tenebre, il secondo era dio dell’anno calante, dunque dell’Inverno. La morte estiva di Baldur aveva varie forme: bruciato vivo, accecato da un ramo di vischio, o crocifisso su una croce a T (vi ricorda niente?). Per questo è molto probabile che in tempi antichi si facessero dei sacrifici umani in suo onore. Inoltre i falò del solstizio d’estate erano alimentati con legno di Quercia, la quale fiorisce proprio in questo periodo.

Se in antichità c’era questa rivalità tra un dio della luce e un dio delle tenebre e la loro lotta perpetua scandita da rituali in precisi punti dell’anno, pian piano la luce è diventata la vincitrice imbattuta e definitiva. In epoca più tarda venne introdotta una divinità femminile che non combatteva, ma fungeva da perno immobile e neutrale tra le due figure di Morte e di Vita. Ciò era legato anche ai cicli del lavoro agricolo: sebbene il solstizio estivo rappresenti la fase più esuberante della terra, esso segna anche l’inizio del declino dell’astro e preannuncia la stagione di morte che verrà dopo il solstizio d’inverno. Questi riti legati alla fertilità si traducevano anche in danze di donne nude nei campi per propiziare il raccolto. Erano comuni anche le danze intorno agli alberi, e la più famosa è quella del Noce di Benevento che ha poi dato origine al mito delle streghe. La notte del solstizio estivo infatti è una delle più importanti per quanto riguarda le leggende sulle streghe per varie ragioni: innanzitutto per l’uso delle erbe. Uno dei rituali propiziatori tipici era quello di raccogliere alcune erbe bagnate con la rugiada magica della dea Diana e di bruciarle. Si credeva che il fumo scacciasse gli spiriti maligni. Tali erbe potevano essere ruta, lavanda, mentuccia, prezzemolo, rosmarino, timo, finocchio, vischio, artemisia o iperico. In particolare alle ultime tre erano legati dei rituali nella tradizione celtica e poi cristiana. Molte donne andavano a raccogliere queste erbe nel bosco durante la notte completamente nude. Era altresì comune farsi un bagno nudi nei prati con la rugiada miracolosa di Diana, la quale si diceva avesse proprietà miracolose e facilitasse il ringiovanimento della pelle e la fertilità. L’acqua era un altro elemento importantissimo del Solstizio: se il fuoco rappresentava il sole e dunque il potere maschile, l’acqua raffigurava la luna e la femminilità e si credeva che la rugiada del solstizio avesse poteri magici. Ma vediamo quali erano le varie tradizioni:

  • I Celti (che si servivano anche di Stonehenge, complesso megalitico in asse col sorgere del Sole il giorno del solstizio d’estate e che oggi viene riutilizzato dai neopagani e dalle religioni new age) accendevano fuochi sulle colline per scacciare gli spiriti maligni, sacrificando animali e, stando alle testimonianze di Cesare e Strabone, umani. L’offerta era alla dea Diana o Artemide, dea della caccia che aveva trovato un posto anche nel pantheon celtico e che solo in epoca tarda avrebbe cambiato nome; si dice che in Inghilterra per molto tempo abbiano continuato a celebrare una caccia fantasma. Inoltre, come dicevo, si raccoglievano erbe propiziatorie quali vischio e artemisia. Il vischio veniva raccolto dai Druidi con un falcetto d’oro, strumento che univa in sé il colore del sole e la forma della luna, e il mazzetto raccolto era quello che nei miti veniva chiamato Ramo d’Oro. L’artemisia invece -il cui nome deriva proprio dalla dea Artemide, sorella di Apollo (dio del Sole), dea della caccia e più tardi personificazione della Luna- proteggeva dal malocchio. L’iperico, più comunemente conosciuto oggi come “Erba di San Giovanni”, se raccolto a mezzogiorno era capace di guarire malattie, a mezzanotte poteva scacciare gli spiriti maligni, se appeso alla porta. Infatti la parola “hyperikon” in greco antico significa “proteggere” o “sconfiggere un’apparizione”.

  • Per gli antichi Greci il Solstizio d’estate apriva “La Porta degli Uomini”, mentre quello invernale apriva “La Porta degli Dèi”: elementi di comunicazione, quindi, tra la dimensione spazio-temporale finita dell’uomo e quella priva di spazio e di tempo degli dèi. Ciò è legato alle costellazioni del Cancro e del Capricorno: gli antichi vedevano nei due segni il ricongiungimento del microcosmo e del macrocosmo. Nel microcosmo gli uomini vivevano la loro vita mortale sulla Terra, nel macrocosmo potevano godere dell’immortalità in cielo. Cancro e Capricorno permettevano l’avvicendarsi delle due vite: dalla porta del Cancro, o di Borea, o degli uomini, le anime discendono sulla Terra per la loro nascita mortale; dalla porta del Capricorno, o di Noto, o degli dèi, risalgono in cielo alla morte degli uomini. Il calendario greco era un calendario di tipo lunare: il primo mese dell’anno corrispondeva alla prima luna nuova dopo il solstizio d’estate, ed era chiamato Ecatombene in onore del sacrificio di cento buoi ad Apollo. Ma il mese che si chiudeva con il solstizio estivo era caratterizzato da numerose feste in onore di Apollo e Artemide, come ho detto, dèi del sole e della luna.

  • Nell’antica Roma la festa del solstizio d’estate era celebrata in realtà dal 24 al 26 giugno, ed era chiamata Fors Fortuna, istituita da Servio Tullio, mentre la festa del solstizio di inverno, chiamata Sol Invictus, inclusa nei Saturnalia, era celebrata non il 21 dicembre ma il 25, e venne ripresa dal Cristianesimo per la nascita di Gesù. Entrambe le festività, dati i nomi degli dèi cui fanno riferimento, sono di origine etrusca. A Roma durante la notte del solstizio c’erano diversi rituali: la Discesa al Tevere consisteva nell’attraversare il fiume romano in barca per simulare un viaggio nell’aldilà e andare simbolicamente incontro alle anime che arrivano sulla Terra; la festa del dio Summanus: ogni 20 giugno ci si recava al tempio del dio, non lontano dal Circo Massimo, e si facevano dei sacrifici propiziatori; la festa di Giano Bifront, la divinità dai due volti, protettore delle porte e dei passaggi, e della sua sposa, Cardea. Questa festa riprendeva la tradizione greca delle porte: Giano, ruotando sulla sua terza faccia invisibile, l’asse del mondo, poi identificato con Cardea, divinità dei cardini e protettrice dei bambini, accompagnava il passaggio delle anime da un mondo all’altro conducendole alle due porte solstiziali. La porta degli uomini era rivolta verso nord perché il sole si trova a nord dell’Equatore nel solstizio estivo, mentre la porta degli dèi è rivolta a sud, dato che durante il solstizio d’inverno il sole si trova a sud dell’Equatore. La dea Cardea era inoltre una sorta di equivalente etrusco della dèa Diana: anche lei era una vergine dei boschi e dea della caccia prima di sposare Giano. Tuttavia, nei Fasti di Ovidio, la si ritrova in veste di maga, protettrice di bambini e cacciatrice di vampiri (all’epoca identificati con le arpie). Per lei si appendevano delle maschere, delle palline o delle figurine alle porte o agli alberi, un po’ come per noi si fa a Natale. Cardea proteggeva i bambini da ogni sorta di spirito maligno e si festeggiava il 21 giugno. Anche a Roma per il solstizio estivo erano molto comuni i bagni propiziatori nel Tevere e le danze intorno ai falò purificatori.

  • Il 24 giugno è poi diventato nella tradizione cristiana il compleanno di San Giovanni Battista, unico santo di cui, insieme alla Madonna, si festeggia la nascita oltreché la morte. Il culto del solstizio era, come molti altri, davvero arduo da sradicare, così c’è stata una riscrittura: le due facce di Giano hanno ceduto il controllo delle porte a Giovanni Battista, per il solstizio d’estate, e Giovanni Evangelista per quello d’inverno. Persino l’assonanza tra Giano (Janus in latino) e Giovanni (Joannes in latino) sembra suggerire una rielaborazione del mito pagano in chiave cristiana. Il rito del mazzetto di erbe è stato trasformato nel mazzetto di San Giovanni, e quello della rugiada ora ha preso il nome di “guazza di San Giovanni”, che si usa sia per una sorta di nuovo battesimo purificatorio, ma anche per un rito propiziatorio dell’amore, in rimando alla fertilità di cui sopra. I falò sono ora “i falò di San Giovanni”, ma hanno mantenuto la loro valenza purificatoria.

Come tutte le feste pagane (come gli esempi di Halloween o di Natale che ho citato sopra), anche quella del solstizio d’estate è stata rimaneggiata in chiave cristiana. I culti delle dee Diana o Cardea sono poi stati soppressi e la misoginia ha trasformato le dee in streghe, così come tutte le donne che prendevano parte a questi rituali. Una piccola curiosità che può darvi un’idea è che Diana veniva festeggiata ogni sei del mese ed è infatti stata trasformata nella brutta Befana dell’Epifania che ci porta doni il 6 gennaio. Oggi molti esponenti della tradizione cristiana si ostinano a negare le origini pagane della quasi totalità delle nostre feste, nonostante sia accertato che siano le une il proseguimento delle altre. Ma la verità è che tali festività vanno oltre la religione, e si incastonano nella lotta che l’uomo combatte da sempre ogni giorno: quella tra la Vita e la Morte. La Luce e le Tenebre, il Sole e la Luna, il Fuoco e l’Acqua, non sono altro che simboli di questo dualismo che da sempre regola i ritmi del mondo.

Ilaria Alleva

Fonti:

Il Cerchio della Luna.

Le Feste Romane dei Solstizi, Leonardo Magini.

Meteo Web, La Magia del solstizio d’estate tra paganesimo e cristianesimo, Caterina Lenti.

Il giornale di Brescia, Magia del Solstizio d’estate tra tradizioni e storie mitiche, Stefania Baiguera.

Romano impero.

Foto: la terra al momento del Solstizio d’Estate vista da un satellite. (by NOAA – National Oceanic and Atmosferic Administration – U.S.)

27 Giugno 2019   |   articoli, storia   |