MicroMega, la teiera di Russell e il Dio della contingenza

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Lo ammettiamo, abbiamo un debole per la bella rivista diretta da Paolo Flores D’Arcais e i suoi imperdibili saggi e dialoghi su tutto ciò che è lo scibile umano. Che sia Scienza, Filosofia o Politica non importa. MicroMega da anni è un punto di riferimento, forse riservato a un élite, ma comunque un punto di riferimento su cui si può contare. Di sinistra certo, nessuno è perfetto.

L’ultimo numero (3/2012) pubblica due dialoghi/confronti che lasciano il segno nella storia del confronto fra atei e credenti.

Il primo è un vero e proprio scontro senza esclusioni di colpi fra un ateo militante (lo stesso direttore della rivista) e un teologo cattolico che in altri tempi sarebbe stato accusato di eresia e messo sul rogo, Vito Mancuso. Il secondo è un confronto (molto più corto) fra il filosofo della Scienza, Telmo Pievani e l’ex direttore della Specola Vaticana Padre Coyne.

Se nel secondo caso il dialogo arriva quasi a una conclusione platonica in cui il “Dio della contingenza” di Coyne, (che per inciso non è ne’ onnisciente ne’ tanto meno onnipotente ma che si comporta come un genitore con un figlio, ovvero spera che dal “suo” universo ne esca qualcosa di buono) può portare a qualcosa di buono in termini di dialoghi con le altre religioni e con il mondo ateo, il primo confronto si risolve invece con un inasprimento delle reciproche posizioni.

I due infatti si confrontano da punti di partenza opposti che sono abbastanza noti: D’Arcais asserisce che si può usare ciò che noi sappiamo (tutto o quasi secondo lui) per arrivare ad affermare positivamente che non esistono ne Dio ne anima. Mancuso asserisce altresì che la fede non è follia (come sostiene il suo interlocutore) e che si può ragionevolmente arrivare ad affermare che c’è spazio per lo stupore e la meraviglia di una finalità inevitabile nel cosmo.

Da agnostici filosofici quali siamo non possiamo non riconoscere la coerenza lineare dell’esposizione convincente di D’Arcais che si contrappone a ragionamenti abbastanza confusi (così almeno risultano per noi) del teologo eretico.

Sinceramente ci riesce difficile non giudicare corrette le “regole del gioco” imposte da D’Arcais, ovvero il dovere di non fare affermazioni filosofiche contrarie agli accertamenti della scienza e l’applicazione del rasoio di Occam per cui l’onere della prova spetta a chi sostiene l’esistenza di qualcosa di cui non si danno evidenze logico-empiriche.

Mancuso inizialmente non dice niente su queste “regole del gioco” iniziando la sua esposizione contrapposta a quella di D’Arcais e nel corso del dialogo va incontro ad alcune brutte figure come quando usa a sproposito i termini scientifici (ad es. Energia Libera) o quando cerca di imporre il principio di autorità di citazioni.

Mancuso arriva addirittura a dire che se per la contingenza accertata dell’evoluzione non ci fosse stato l’Homo Sapiens avremmo avuto un’altra forma di Sapiens (magari un Sauro Sapiens) che avrebbe dato senso all’universo.

Peccato che a sostegno delle sue idee non porti nessun ragionamento logico degno di questo nome e si limiti a ripetere che tanti scienziati della storia erano convinti credenti e che quindi la sua posizione di “credente razionalista” ha ragione di esistere. Il che potrebbe essere anche vagamente accettabile (per il principio di autorità che però lo stesso Mancuso ripudia), fino a quando però il teologo eretico non decreta la sua sconfitta rifiutando le regole del gioco dopo aver giocato. Nel Post Scriptum infatti scrive, come se niente fosse: “Quando mai, infatti, una singola mente umana dallo spioncino più o meno largo della sua ragione potrà avere una visione oggettiva del mondo?

Quindi la ragione non può spiegare il mondo, quindi occorre la fede senza la ragione, quindi ha ragione D’Arcais a dire che la fede è il quia absurdum dei primi cristiani. Gioco, partita, incontro.

A poco vale la lamentela infantile nello stesso post scriptum che Mancuso rivolge a D’Arcais dicendogli “è come se giocassimo a due sport diversi, tu al calcio, io al basket, così che è inevitabile che tu ripeta’fallo di mano’ quando io invece faccio solo il mio dovere”. Già, peccato che Mancuso ometta di dire che D’Arcais l’ha invitato a giocare a calcio e che lui ha accettato di giocare a calcio.

Il poetico di Dio di Mancuso, che abbiamo conosciuto nei suoi dialoghi con Corrado Augias ad esempio, alla prova del “tribunale della scienza darwiniana” si rivela consistente quanto la famosa teiera di Russell che continua ad orbitare attorno al nostro sole senza nessuno che possa vederla o smentire la sua esistenza.

 

Alessandro Chiometti

6 Giugno 2012   |   articoli, recensioni   |