Mi permetto di obiettare

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Vi racconterò una storia vera, accaduta ad una coppia di miei amici diversi anni fa. Poco più che ventenni Pino e Pina (per motivi di privacy li chiameremo così) amoreggiavano in una splendida notte d'estate, nella ridente cittadina di Carrara, nella "laicissima" Toscana.
Al termine dell'amplesso si accorsero con stupore che le precauzioni
che avevano adottato con tanta premura non avevano retto all'entusiasmo
della loro giovane età, e, ben coscienti che la rottura del
preservativo è tra le principali ragioni per cui l'uomo moderno
occidentale non si sia ancora estinto, temettero di ritrovarsi a che
fare con una terribile dilatazione progressiva del ventre, anche
conosciuta come "gravidanza indesiderata", incubo ricorrente di molte
giovani coppie.



Presi dal panico iniziarono a ragionare sul da farsi. Dapprima
cercarono di ricordarsi cosa avevano imparato a scuola sull'argomento.
Ma dopo aver ripercorso a memoria le poesie di Pascoli e i versi di
Dante realizzarono che nessuno aveva mai impartito loro lezioni di
educazione sessuale. Forse avevano frequentato le scuole sbagliate, o
forse le scuole giuste ma nel paese sbagliato, e neanche i loro
genitori erano mai stati di aiuto in questo perché, si sa, di certe
cose non si può parlare in famiglia (luogo oscuro e sconosciuto in cui
i silenzi di tanto in tanto vengono per fortuna interrotti dalla
pubblicità).
Colta da illuminazione mistica Pina si ricordò di un'amica che le aveva
raccontato di aver preso una volta la pillola del "giorno dopo" (o day
after, quasi fosse il fallout di un'arma nucleare). Ma anche qui
l'ignoranza faceva da padrona e i due ragazzi non sapevano come un
simile ordigno si potesse procurare, quanto potesse costare (erano due
studenti senza l'ombra di una lira), che effetti indesiderati potesse
indurre (pare l'amica avesse vomitato per giorni, o forse anni…), in
sostanza non sapevano nemmeno di che stavano parlando. Era notte e
tanto per cominciare si recarono alla farmacia di turno.
Attaccati a quel citofono fecero il loro primo incontro con l'obiezione di coscienza.
"Qui la pillola del giorno dopo non la vendiamo per motivi di
coscienza, e comunque serve la prescrizione del medico!" – sbottò la
voce metallica del farmacista, chiudendo la comunicazione senza neanche
salutare.
I due giovani si guardarono in faccia perplessi, cercando di capire se
effettivamente avessero chiesto qualcosa di così orribile. I due non
potevano sapere che se avessero avuto la ricetta del medico il
farmacista avrebbe commesso un reato, essendosi rifiutato di vendere un
farmaco regolarmente prescritto. Ad ogni modo i due decisero di
procurarsi una ricetta medica, e non vedendo altre soluzioni si
recarono all'ospedale.
Qui di notte regna sovrana una figura mitologica, metà dottore e metà
metronotte: la guardia medica, che, forse svegliata di soprassalto, già
prima di aprire la porta che dava nella corsia aveva gridato "Tanto la
pillola del giorno dopo non la prescrivo!".
I due giovani scoprirono in un colpo solo due cose:
1) che un dottore può rifiutarsi di prescrivere un medicinale per
motivi morali suoi, e non per questioni puramente mediche attinenti al
benessere del paziente
2) che non dovevano essere poche le giovani coppie che disturbavano le
guardie mediche nel cuore della notte per il loro stesso motivo.
Per fortuna la guardia medica, commettendo peccato mortale, consigliò
ai due di presentarsi l'indomani al reparto di ginecologia, dove,
forse, qualcuno avrebbe dato loro ascolto.
Pino e Pina non ebbero altra scelta che andare a dormire, con il vago
sentore che il destino si era messo subdolamente in moto per decidere
LUI del loro futuro.
Il giorno dopo, per fortuna, i due trovarono al reparto di ginecologia
un Medico (questo sì, con la "M" maiuscola) che non solo prescrisse
alla ragazza la fantomatica pillola del giorno dopo, ma si preoccupò
anche di spiegare ai due giovani cosa diavolo fosse, e soprattutto come
il suo effetto calasse sensibilmente se presa dopo un certo numero di
ore dall'atto sessule.
Con la ricetta medica i due si recarono in una farmacia (distante da
quella poco ospitale della sera prima) e poterono così avere finalmente
il medicinale e dormire sonni tranquilli, fino al raggiungimento di
quella maturità che permette ad una giovane coppia di poter
consapevolmente desiderare e mettere al mondo un figlio. Avevano
comunque rischiato una gravidanza, e solo per problemi di coscienza
altrui.
Perché ho raccontato questa storia? Per il semplice fatto che mi è
rivenuta in mente leggendo la notizia che il 29 ottobre papa Benedetto
XVI ha chiesto che il diritto all'obiezione di coscienza venga
riconosciuto ai farmacisti che dovrebbero potersi rifiutare di vendere
farmaci contrari alla morale cattolica, quindi quelli per aborto ed
eutanasia. Strano che si sia dimenticato dei preservativi, della
pillola contraccettiva, dei diaframmi e della crema spermicida, ma
forse erano sottointesi anche quelli.
La domanda dunque nasce spontanea: se esiste il diritto all'obiezione
di coscienza, è giusto che ne possano usufruire tutti, anche i
farmacisti? Su questioni di questo tipo c'è una grande confusione che
le gerarchie vaticane non perdono occasione di accrescere.
Cerchiamo dunque di fare chiarezza.
Il concetto di obiezione di coscienza in Italia è salito all'attenzione
delle cronache con il problema del servizio militare obbligatorio, al
quale molti giovani si rifiutavano di partecipare per motivi morali. Ne
nacque un dibattito che, giustamente, si risolse con il riconoscimento
di un principio: nessuna persona può essere obbligata a fare un
mestiere che vada contro le proprie convinzioni filosofiche o religiose.
Da quel momento in avanti i giovani poterono dichiararsi obiettori ed
effettuare un servizio civile alternativo a quello militare (oggi il
servizio militare non è più nemmeno obbligatorio, e i soldati sono
persone che hanno scelto di fare quel mestiere e che vengono pagati per
quello).
Questo però non significa che un soldato al fronte possa rifiutarsi di
sparare! In questo caso sarebbe processato per tradimento! Se il far
parte di un esercito provoca dei problemi morali la persona in
questione semplicemente non ne deve entrare a far parte; se invece lo
fa deve rispettare i doveri che sono richiesti da un determinato ruolo.
Per i farmacisti vale lo stesso discorso. Le farmacie sono entità
pubbliche, in cui i cittadini devono poter esercitare il DIRITTO di
comprare medicine regolarmente prescritte dai loro medici (pagano le
tasse per questo). Se una persona non vuole sentirsi in obbligo di
vendere prodotti immorali, semplicemente deve evitare di fare quel
mestiere (difatti, ripeto, il rifiuto di vendita secondo la legge
attuale è un reato).
Se un ingegnere non vuole progettare armi, semplicemente non deve
mandare il curriculum in aziende che le costruiscono (non può, una
volta assunto e pagato, rifiutarsi di progettarle).
Stesso discorso per i chirurghi. Immaginate, in un ospedale pubblico,
un chirurgo testimone di Geova che si rifiuti di fare un trapianto o
una trasfusione di sangue in quanto cose contrarie al suo credo
religioso. Sarebbe il caos, e i cittadini si troverebbero in balia
della fortuna, potendo capitare a volte con chi li cura, e a volte con
chi li farebbe morire.
Stesso discorso per le guardie mediche. Se alcuni medici hanno problemi
a prescrivere determinati farmaci, allora non possono fare le guardie
mediche, e l'ospedale deve trovare per loro dei ruoli in cui non
possano intaccare i diritti dei cittadini.
Un altro esempio è la scuola, dove sarebbe assurdo che un professore si
rifiutasse di insegnare l'evoluzione di Darwin perché contraria al
racconto della Genesi.
Un discorso diverso va fatto per il mondo dei privati, dove ognuno può
fare ciò che vuole. Un macellaio musulmano può ovviamente rifiutarsi di
vendere carne di maiale (esistono moltissime macellerie equine,
infatti, gestite da musulmani), ma loro non sono pagati dallo stato, né
svolgono un servizio pubblico.
Concludiamo sintetizzando il concetto una volta per tutte: i cittadini
pagano le tasse per ricevere i migliori farmaci disponibili sul mercato
e previsti dalla legge (e in generale per ricevere tutta una serie di
servizi), pertanto l'obiezione di coscienza di terzi non può
compromettere questo diritto.
In questi casi l'obiezione di coscienza si può esercitare cambiando liberamente mestiere.

12 Novembre 2007   |   articoli   |   Tags: