L’Ominide di Dmanisi cambia l’evoluzione? Il parere di Telmo Pievani

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Leggendo vari giornali on line di venerdì 18 Ottobre (citiamo fra gli altri quelli de Il Giornale, La Repubblica, Il Corriere della Sera e l’Ansa) sembrava che l’evoluzione biologica doveva essere completamente riscritta in seguito alla scoperta dell’ominide ritrovato a Dmanisi (Georgia).

Telmo-PievaniLeggendo le notizie però non si capiva bene cosa doveva essere riscritto e perché (l’approssimazione con cui le maggiori testate on line trattano questi temi è davvero imbarazzante) mentre fra i commenti in rete impazzavano gli anti-evoluzionisti che gridavano “vedete che l’evoluzione biologica è tutta sbagliata?”. Incuriositi da tanto clamore abbiamo contattato un luminare della divulgazione scientifica, Il Prof. Telmo Pievani, per farci dare qualche spiegazione al riguardo.

Stando ai titoli degli articoli nei siti de la repubblica e del corriere della sera questa mattina sembrava che l’evoluzione biologica dell’uomo dovesse essere completamente riscritta. Cosa cambia con la scoperta dell’ominide di Dmanisi?

Non penso affatto che l’evoluzione umana debba essere riscritta in seguito a questa scoperta. Si tratta di una esagerazione senza fondamento. Il cranio di Dmanisi era noto dal 2005 ed è estremamente importante perché mostra, se comparato agli altri scoperti nello stesso sito, una notevole variabilità morfologica (il che non è sorprendente dato che quello era un periodo di instabilità ecologica e di cambiamenti di areale, e dunque di pressioni selettive cangianti, e dunque di instabilità morfologica prevedibile). Gli scopritori ritengono poi che quella variabilità includa anche reperti africani attribuiti finora ad altre specie e che sia compatibile con la presenza di una sola specie. Questa variabilità intra-specifica porterebbe a ridimensionare il numero di specie presenti all’inizio dell’evoluzione del genere Homo, ma molti altri paleo-antropologi non sono d’accordo. Non resta che attendere nuovi dati per capire meglio che cosa è successo in quella fase cruciale. I reperti di Dmanisi sono comunque della massima importanza perché sono i più antichi in assoluto fuori dall’Africa e perché rappresentano uno snodo cruciale della prima “out of Africa” del genere Homo. Quanto al modello generale, resta quello di un albero, magari un po’ meno cespuglioso in quella fase particolare, ma dipende da come definiamo la labile distinzione fra varietà e specie (un problema che già Darwin considerava irresolubile per specie fossili).

Studiando l’evoluzione biologica si scoprono anche cose più sorprendenti di questa, come ad esempio il fatto che fino a poche migliaia di anni fa c’erano cinque specie Homo sul pianeta. Come mai secondo lei le vere scoperte sorprendenti sull’evoluzione (e ve ne sono molte) non scatena la curiosità dei mass media non specializzati?

Anche quella di Dmanisi è una vera scoperta. Il problema è che alcuni osservatori esterni tendono a sopravvalutare la portata “rivoluzionaria” di un certo ritrovamento nella speranza, recondita, che sia tutto da rifare e che magari si ritorni al modello lineare e progressionista che piaceva così tanto e consolava le nostre menti, dato che vedeva Homo sapiens come il culmine di una lunga marcia di progresso. Non è così. La presenza di più “forme” umane (per prudenza non chiamiamole specie) fino a tempi molto recenti, coeve di Homo sapiens, lo mostra in modo eloquente. Ci sono stati tanti modi di essere umani, fino a poco tempo fa. Così funziona l’evoluzione di tutte le altre specie e noi non facciamo più eccezione.

Abbiamo l’impressione che c’è una buona parte di giornalisti che non aspetta altro di scrivere “l’evoluzione è sbagliata”, siamo forse troppo cattivi o maliziosi?

Non mi pare in questo caso specifico. Inoltre, sono gli stessi scienziati a volte, o gli uffici stampa, a calcare un po’ la mano per far girare la notizia della scoperta. Bisogna invece dare il giusto senso a una scoperta, con serenità, senza affezionarsi troppo ad alcuna teoria e sullo sfondo delle conoscenze pregresse. Di sicuro esiste poi una sparuta platea di ostinati anti-evoluzionisti o anti-darwiniani che strumentalizzano vanamente queste scoperte, fraintendendone il significato a volte in modo imbarazzante. Ma il tempo è galantuomo.

 

Alessandro Chiometti

20 Ottobre 2013   |   articoli, filosofia e scienza   |   Tags: , ,