È evidente che il fenomeno della post-verità sia entrato pesantemente nelle nostre vite grazie al social network.
Tuttavia le cosiddette “bufale” o “balle” non sono certo un invenzione di Zuckemberg e sono sempre state presenti nei discorsi di coloro a cui mancano le argomentazioni.
Insomma tutti ci ricordiamo del “milione di posti di lavoro” berlusconiano e delle provette con l’antrace che Blair giurava provenienti dalla scrivania di Saddam Hussein.
Negli ultimi anni in Italia un gran numero di, a causa dell’avvio del procedimento che poi ha portato all’approvazione della legge Cirinnà sulle unioni civili, è venuto da quel folkloristico mondo dell’integralismo cattolico che in genere viene identificato come “movimento per la vita”. Dietro a questa definizione ambigua (insomma, è implicito che secondo loro tutti gli altri sono “per la morte”) ci sono dietro centinaia di associazioni e comitati che cambiano nome e portavoce con la stessa velocità con cui un igienista si cambia le mutande.
Ovviamente sono le stesse persone, o i nipotini ideologici, di coloro che negli anni ’70 agitavano feti di otto mesi spacciandoli per feti di poche settimane per cercare di terrorizzare gli italiani sulle fiamme dell’inferno che li aspettavano se non avessero abolito con il referendum la legge sull’aborto. Tanto per dire che di balle sono di certo esperti.
Se ci fosse bisogno della controprova basta pensare alla clamorosa bufala della “teoria del gender” che terrorizza i genitori sprovveduti composta da citazioni (prese a casaccio) degli “studi di genere” (che esistono fin dagli anni ’70 e su cui nessuno aveva da obiettare fino a poco prima della discussione sulla legge Cirinnà) e da balle clamorose come quella secondo cui l’Oms vorrebbe insegnare ai bambini di sei anni a mettersi il preservativo. Oppure al flop dell’ultimo family day in cui gli organizzatori continuavano a sostenere la presenza in piazza di due milioni di persone quando dalle immagini era evidente che non raggiungevano neanche cifre dieci volte inferiori.
Insomma, come dicevamo, quando mancano gli argomenti si ricorre alle balle, che tuttavia possono avere un effetto boomerang, perché (ovviamente) una volta smascherate fanno perdere di credibilità tutto il movimento che l’ha proposte.
Ma questa possibilità non sembra neanche sfiorare le menti degli attuali portavoce delle varie organizzazioni integraliste così negli ultimi giorni dell’anno scorso abbuiamo sentito tal Gandolfini tuonare contro la messa in onda di “Stato Civile” con le seguenti parole: “E’ scandaloso utilizzare denaro pubblico per una propaganda ideologica che sa di indottrinamento da Stato etico, quando il comune sentire della gente è quello che l’articolo 29 della Costituzione dichiara: le famiglie nascono dall’unione fra uomo e donna” (Fonte: http://www.aibi.it/ita/con-stato-civile-la-cultura-gender-arriva-in-fascia-protetta/)
Ora al di là dei giudizi sulla trasmissione televisiva e dando per scontato che sia lapalissiano chi vorrebbe davvero uno stato etico che punisse i peccati come fossero reati, ci sentiamo in dovere di riportare il citato Art. 29 della Costituzione Italiana: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.”
Quindi un finale del 2016 degno delle tante balle raccontate dai fautori del “rosa e celeste”. Ovvero coloro che non tollerano che un bambino possa avere una famiglia omosessuale, o che possa avere un educazione sessuale, o che gli venga insegnato che non deve avere comportamenti da bullo omofobo nei riguardi degli altri bambini. O per carità che non sia mai che nella classe del loro figliolo ci sia una di quelle strane creature (volete certamente dal demonio, nevvero?) intersessuali, ovvero bambini i cui caratteri sessuali fenotipici non sono definiti o sono in contrasto con il patrimonio genetico (incidenza uno su mille o uno su duemila a seconda delle stime).
Se il mondo non si può dividere in bianco e nero tanto meno si può dividere in rosa e celeste, ma vaglielo a spiegare a chi sa solo raccontare balle.
Alessandro Chiometti