Laicità e costituzione (VII e ultima parte)

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Riconduzione al diritto comune.

Si fa sempre più spazio nella cultura occidentale la tendenza a ritenere la religione un fatto privato, da vivere come intimo convincimento personale, in alternativa all’idea che la religione abbia anche il compito di assolvere a funzioni sociali di tipo identitario e di coesione. bandiera-croce1
Anche in Italia si avverte da qualche tempo un cambiamento nei confronti della religione, soprattutto presso le nuove generazioni che manifestano un atteggiamento di forte critico, o addirittura di totale indifferenza, nei confronti della religione e del clero.
Nonostante queste confortanti tendenze la realtà Italiana è ancora lontanissima rispetto alla meta di chi crede nella laicità dello Stato, la cui speranza è che un giorno nel nostro paese si realizzi una nuova repubblica in cui le istituzioni e i politici siano distaccati dalle religioni e dalle Chiese e le leggi siano prive di ogni disposizione che agevola e avvantaggia la religione, finalmente considerata una semplice espressione del pensiero individuale. Il processo che dovrebbe condurre a questo Stato ideale dovrà alimentarsi con nuove mutate convinzioni e solo allora potrà mettersi mano al processo di revisione legislativa per modificare tutte le leggi – costituzionali, penali, civili, fiscal – che contengono norme che in qualche modo trattano della religione, riconoscono uno status particolare alla materia religiosa e assegnano, al cattolicesimo in particolare, un ruolo di rilievo pubblico e istituzionale.
Se si volesse preparare per un futuro legislatore un elenco delle norme da abrogare o modificare per far perdere all’Italia il suo attuale carattere semi-confessionale, ecco le principali leggi su cui si dovrebbe intervenire. Non si tratta certamente di un elenco completo, visto l’altissimo numero di disposizioni sulla materia:
abrogazione degli artt. 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, o il loro superamento in via interpretativa;
abolizione del Concordato con la Chiesa Cattolica e delle Intese stipulate ai sensi dell’art. 8 della Costituzione;
revoca della personalità giuridica degli enti ecclesiastici;
eliminazione di ogni norma che equipara le attività di culto a quelle di beneficienza;
esclusione di ogni forma di presenza della religione nelle scuole e nelle comunità;
abolizione delle festività strettamente religiose;
soppressione delle erogazioni economiche dello Stato alle Chiese e del meccanismo dell’8 per mille;
cancellazione delle leggi che determinano vantaggi ed esenzioni fiscali alle Chiese;
ridimensionamento delle norme che prevedono l’insediamento degli edifici di culto e la revoca di ogni tipo di finanziamento;
revoca dei contributi e delle agevolazioni dirette e indirette alle scuole paritarie;
eliminazione di ogni disposizione civile o penale che consente deroghe a comportamenti, altrimenti vietati, in quanto giustificati dalla religione o dal culto;
introduzione del divieto di esporre simboli religiosi negli spazi pubblici e in quelli istituzionali;
cancellazione degli esponenti del clero dall’elenco delle autorità ammesse alle cerimonie pubbliche civili;
divieto per gli esponenti politici e delle istituzioni di partecipare alle cerimonie religiose se non a titolo personale;
abrogazione di ogni altra norma compresa nel diritto ecclesiastico.
Ma in una siffatta Italia ideale, in cui il Cattolicesimo non avrà agevolazioni, privilegi ed eccezioni quale sarà la sua condizione?
Proviamo a rifletterci:
Il fenomeno religioso non sarebbe più trattato come appartenente a una categoria filosofica di rango superiore, ma sarebbe correttamente ricondotto nella più ampia e generica categoria delle attività culturali.
La libertà religiosa e di culto sarebbe garantita non da norme particolari ma dalle generali garanzie previste dagli artt. 2 e 3 della Costituzione che già riconoscono a tutti i cittadini i diritti inviolabili di libertà e uguaglianza senza alcuna distinzione.
Le religioni sarebbero regolate dal “diritto comune” ossia dalle leggi di carattere generale valide per tutti i cittadini. Le Chiese in quanto organizzazioni religiose sarebbero riconosciute come associazioni culturali di diritto privato e regolate dalle norme in materia. Chi riterrà di sviluppare e credere all’esistenza di una realtà invisibile potrà continuare a farlo ma non potrà ottenere, per questo suo modo di concepire il mondo, particolari trattamenti da parte dello Stato.
Verrebbe meno ogni forma di riconoscimento di eccezioni o di favori per le religioni al di fuori di quelli previsti per le associazioni no-profit in cui le organizzazioni religiose potranno inquadrarsi sempreché ne rispettino le caratteristiche.
Le attività benefiche e assistenziali esercitate dalle organizzazioni di ispirazione religiosa potranno continuare ad operare beneficiando delle agevolazioni già previste per tale tipo di attività.
Per rendere concretamente l’idea, il Cattolicesimo in questa Italia futura avrebbe di fronte alla legge lo stesso rilievo che ha la Croce Rossa, la Federazione Gioco Calcio, Amnesty International e l’Ente Nazionale Protezione animali, tutte organizzazioni di specchiata rispettabilità e indiscussa utilità sociale.
E’ chiaro che uno Stato laico come quello descritto è uno dei peggiori incubi delle gerarchie cattoliche.
Che cosa rappresenti per la Chiesa cattolica la prospettiva di un’evoluzione laica dello Stato, l’ha spiegato chiaramente l’allora segretario della Cei Giuseppe Betori in un’audizione davanti alla Commissione parlamentare per gli affari costituzionali (1):
“La finalità di garantire l’eguale libertà delle confessioni religiose si tradurrebbe in una normativa che prevede una sostanziale omologazione tra realtà assai diverse e comporterebbe una tendenziale riconduzione al diritto comune della disciplina del fenomeno religioso. Questo risultato, da tempo auspicato da correnti dottrinali e gruppi politici minoritari, da un lato non appare fondato né coerente rispetto al disegno costituzionale delineato dagli artt. 7 e 8 Cost., né tanto meno in linea con la tradizione culturale del nostro paese e con il sentimento religioso della maggior parte della popolazione.” Tradotto in un linguaggio, più comprensibile Giuseppe Betori ha dichiarato che la Chiesa cattolica non vuole vedersi equiparata alle altre religioni, né tantomeno veder svuotato il sistema di privilegi che la Costituzione e le leggi hanno assegnato alla religione cattolica, il cui mantenimento, aggiungiamo noi, appare sempre più anacronistico e inopportuno.

Dagoberto Frattaroli

(1) Audizione resa dal Segretario della Cei Giuseppe Betori alla Commissione parlamentare per gli affari costituzionali il 16 luglio 2007 sulle proposte di legge C. 36 Boato e C. 134 Spini recanti “Norme sulla libertà religiosa e abrogazione della legislazione sui culti ammessi”.

1 Aprile 2014   |   articoli, riflessioni   |   Tags: , , ,