Laicità e calendario

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Il 9 dicembre, in Francia, è una giornata speciale perlomeno per i laici: si commemora infatti uno dei fondamenti della Repubblica francese, la legge del 1905 sulla laicità che sancì la storica separazione tra Stato e Chiesa. downloadLa laicità è uno dei cardini della comunità francese, una sorta di quarto valore dopo la libertà, l’uguaglianza e la fraternità di rivoluzionaria memoria. Sulla laicità tutti i partiti sono concordi come dimostra la percentuale altissima, quasi plebiscitaria, con cui vengono approvate nel parlamento francese le leggi in materia di laicità, come quella sul divieto dei simboli religiosi nelle scuole francesi e ultimamente quella che proibisce il velo integrale in pubblico (1). La laicità viene avvertita in Francia come un valore civile fondamentale che trova espressione in una serie di norme di legge, ma anche negli altri paesi europei la laicità ha ovunque un ruolo centrale e non è un’opzione della democrazia né un suo elemento accessorio, che può esserci o meno, ma una condizione essenziale e irrinunciabile senza la quale anche la democrazia stessa viene meno o comunque resa ampiamente imperfetta.
In Italia la situazione da questo punto di vista è molto arretrata perché concezioni metafisiche personali sono imposte alla volontà di tutti, con grave lesione dei diritti fondamentali di eguaglianza e di espressione garantiti dagli artt. 3, 19 e 21 della Costituzione. Ma qui da noi il problema non è tanto rappresentato dagli ubiquitari esponenti del clero cattolico che fanno solo il loro mestiere, ma dall’arrendevolezza della politica italiana di fronte alle gerarchie e alla loro passiva adesione al clima di diffuso clericalismo.
Per i nostri politici ci sarebbero molti motivi per tentare di capire come mai in Francia la laicità e la sua difesa siano cose tremendamente serie.
Il riferimento iniziale alla ricorrenza del 9 dicembre ci offre lo spunto per tornare a riflettere sui mille modi in cui la Chiesa cattolica è presente nella vita civile, in nome dei consueti concetti di tradizione, di valori condivisi (presunti), dell’unità nazionale, della volontà della maggioranza, del pluralismo, ecc. ecc.
Uno dei tanti modi per essere presenti e “marcare il territorio” è quello di creare un calendario. Se guardiamo il calendario in uso in Italia risalta subito l’ampia presenza delle festività di tipo religioso. Su undici giorni festivi, ben sei sono di questo tipo: Assunzione di Maria, Ognissanti, Immacolata Concezione, Natale, S. Stefano e Santo patrono. Se la festività del Natale ha assunto per la sua antichissima celebrazione un significato più ampio e condiviso, non altrettanto vale per le altre festività le cui origini sono schiettamente cattoliche e il significato esclusivamente teologico. Ci riferiamo alla festa dell’Assunzione di Maria del 15 agosto o a quella dell’Immacolata Concezione che si celebra l’8 dicembre. Come noto quest’ultima è una festività riconosciuta dallo Stato in omaggio ad un dogma cattolico proclamato da Pio IX nel 1854, secondo cui la Madonna sarebbe stata concepita senza peccato originale. Un espediente teologico tardivamente elaborato dalla Chiesa per uscire dall’imbarazzante prospettiva di una madre di Dio contaminata dal marchio del “peccato originale”.
Se prendiamo atto della preponderanza delle festività religiose nel nostro calendario, non possiamo disconoscere che questo costituisca un riconoscimento, un privilegio, a favore di una specifica religione ancorché di maggioranza e questa situazione crea una evidente discriminazione verso i credenti non cattolici e per quelli che non credono affatto al soprannaturale. La discriminazione non è comunemente avvertita, ormai assimilata e acquisita dalla mentalità comune, ma sarà pronta a riemergere ed imporsi alla nostra attenzione nel momento in cui minoranze religiose richiederanno per sé con voce sempre più alta parte di quegli stessi privilegi, come le festività religiose, che vedono copiosamente concessi alla religione di maggioranza.
Già in Francia qualcuno ha proposto di abolire due festività cristiane e sostituirle con la festività ebraica dello Yom Kippur e con la Festa del sacrificio islamico. E in Italia quando avremo richieste analoghe come potremo opporci a queste legittime istanze?
Anche per il calendario, come per il ben più importante problema dell’esposizione dei simboli religiosi, quando emergeranno i conflitti latenti la soluzione non si troverà nella concessione di privilegi e deroghe, ma al contrario nella loro totale eliminazione.
E nel caso del calendario la via da seguire non sarà quella della moltiplicazione delle festività ma di una profonda ristrutturazione che preveda le sole festività che celebrino valori davvero condivisi e accettati da tutti i cittadini. Festività che siano fonte di unità e di riconoscimento reciproco, primo tra tutti il valore della Laicità.
A quando allora la celebrazione di una Festa nazionale della laicità ?

Dagoberto Frattaroli

(1) Una legge del 2004 fa divieto di indossare simboli religiosi ostensivi nelle scuole. Una successiva legge del 2010 proibisce il velo integrale in pubblico.

21 Dicembre 2013   |   articoli, attualità   |   Tags: , ,