La morte del pontefice

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Il mondo cattolico è in lutto per la morte del santo padre Giovanni Paolo II.

L'Associazione Culturale Civiltà Laica rispetta il dolore di tutti quei cattolici che si sentono affranti per aver perso la loro guida spirituale.

Ciononostante, il perpetrarsi della retorica mediatica, e l'incessante tripla diretta delle tre reti RAI, telvisione di stato che ancora ha la pretesa di definirsi pubblica, mi spingono a fare delle considerazioni necessarie ed inevitabili.

Chi come me è troppo giovane per ricordare cosa sia successo quando altri papi hanno compiuto il trapasso, rimane allibito di fronte all'appiattimento della televisione pubblica incapace di far altro che mandare all'infinito gli stessi coccodrilli (ovvero i servizi già pronti da tempo, preparati per la morte di personaggi famosi) ventiquattr'ore su ventiquattro. La stessa mediaset, pur non brillando di certo per la laicità dei suoi programmi, ha per lo meno avuto l'intelligenza di lasciare una sola rete per le dirette dalla Città del Vaticano e lasciare le altre a proiettare film e programmi, magari religiosi, ma comunque un comportamento diverso dalla scelta assurda di mandare tre dirette contemporanee ma diverse sullo stesso argomento.

Non è fuori luogo ricordare che se l'importanza dell'evento è sottolineata dal fatto che sono attesi milioni di pellegrini per partecipare in modo comune al dolore, in tempi recenti lo stesso servizio pubblico ha rifiutato la diretta a manifestazioni che ugualmente hanno visto sfilare in piazza milioni di persone. Non mi chiedo perchè, visto che la risposta penso di conoscerla.

Questo papa è stato il grande comunicatore che ha imparato alla chiesa ad usare i potenti mezzi mediatici a sua disposizione, quindi c'era ovviamente da aspettarsi l'enorme dispiegamento di mezzi per riprendere l'esalazione dell'ultimo respiro in diretta. C'è da giurare che se le tv avessero avuto l'autorizzazione a piazzargli una microcamera in fronte non avrebbero esitato un istante a farlo.

Questo personalmente mi basta per riflettere su cosa stia di fatto diventando la cultura mass mediatica della nostra società: una esposizione quotidiana del dolore altrui, che spinge la gente a dimenticare i propri problemi e a ritenersi fortunata di quello che ha.

Un esposizione per di più fatta ad arte, in modo tale da mostrare a chi guarda che non c'è niente da fare per evitare il dolore o le tragedie, come a dire che al fato (o alla volontà di dio) non c'è alcun rimedio. Fatto questo, di cui noi laici siamo assolutamente convinti del contrario.

Esempi lampanti in tal senso, oltre alla morte del pontefice ovviamente, sono stati i servizi su Terri Schiavo che tutto hanno fatto risaltare, dal sadismo del marito alla bontà dei movimenti americani per la vita, tranne che la necessità di avere leggi serie, apllicabili e moderne sull'eutanasia.

Anche il recente maremoto in Asia è da prendere ad esempio di come non fare informazione, tutti pronti a mandare in onda o a stampare le scene di distruzione e le immagini di cadaveri gonfi per annegamento sulla spiaggia mentre le notizie su come hanno impiegato gli aiuti occidentali, se va bene, hanno trovato spazio in ventunesima pagina.

Mi fermo qui, ma di esempi ce ne sarebbero centinaia.

Ora è il momento dell'esposizione del dolore di coloro che il papa hanno sempre amato, come i capi di stato che sono rimasti sempre sordi alle sue suppliche di cancellazione del debito dei paesi poveri o ai suoi anatemi contro "l'avventura senza ritorno" che è il modo in cui il pontefice ha definito la guerra. Noi che invece non l'abbiamo mai amato ce ne stiamo in silenzio per evitare di offendere il dolore dei lorsignori, rimanderemo i nostri commenti sull'ipocrisia di chi ora lo santifica ma nel frattempo ritiene giusta l'applicazione della pena di morte e giusto l'uso di armi di distruzione di massa sui civili ad altri momenti.

Non faccio ora un bilancio delle sconfitte e delle vittorie di questo pontefice, però voglio sottolineare la sua ultima vittoria, quella sul motto "morto un papa se ne fa un altro"; modo di dire che per millenni ha sottolineato come la continuità della Chiesa Cattolica e il suo protrarsi sarebbe stato sempre più forte di ogni avversità; oggi invece a detta di tutti è molto difficile che ci sia un successore al livello di Giovanni Paolo II.

E su questo, assegnando al livello diversi valori, siamo senz'altro tutti d'accordo.

3 Aprile 2005   |   articoli   |   Tags: