La clausura si apre a Internet

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Da La Stampa del 29/6/2008

Di là delle grate, i loro volti sono trasparenti di biancore; al di qua
delle grate, i nostri sono sudati e arrossati. Loro sono immobili, con
mani esili incrociate, e dalla spessa coltre di vestiti emana una
radiazione fredda che sembra abbassare di due gradi la temperatura
nella loro parte del parlatorio. Da questa parte invece il piccolo
pubblico è caldo di fumo, di odori e di affanno cittadino.


Sandro Curzi si fa fresco con un vecchio panama scolorito, Citto Maselli cerca di mettersi a posto i capelli scompigliati, Oliviero Beha ha una stropicciata giacca di cotone, e anche chi scrive non è in migliori condizioni. Il gruppo di invitati guarda le suore, abbassando subito gli occhi quando gli occhi si incrociano. Le suore ci osservano invece con lo sguardo dritto dei curiosi, senza perdersi un dettaglio, e la grata a questo punto fa brutti scherzi: viste le differenze non è esattamente chiaro chi qui sia in gabbia e chi no. Ampi sorrisi e lunghe pause per studiarsi a vicenda. Ma tu sai già cosa dire? Ci domandiamo sottovoce con Curzi.

Un convegno

Una settimana fa, nelle mail quotidiane, fra una lista di urgenze planetarie, presentazioni di libri, e una infinità di posta trappola, lampeggia con l'esclamativo dell'urgenza un invito da www.aclarisse.com. Sfido chiunque a non aprirlo subito. Il seguito mantiene la sorpresa che promette: le Clarisse del Convento di Santa Chiara a Roma in via Vitellia, organizzano un convegno su «Clausura e comunicazione». Un ossimoro perfetto, o solo una allucinazione? Uno scherzo forse? Ed eccoci qui, un pugno di ( quasi) miscredenti ad ammirare, ancora perplessi, ma pieni di rispetto ancestrale, il disvelamento del volto del chiostro. Chi non ha immaginato la Clausura? Chi non si è chiesto cosa significhi vivere per sempre in silenzio, e per sempre fuori dal mondo? Che vita è? E si può chiamare vita? E' una fuga, quella di queste donne, o un disimpegno da doveri, partecipazioni, gioie, contributi? Saranno malinconiche, si sentiranno escluse, o si sentono già materia divina? Loro sanno che queste sono le nostre domande, ed è per questo che ci hanno portato qui: le Clarisse pensano che è ora che anche la loro voce, come la loro opera, sia capita lì fuori. Ci hanno qui radunato per annunciare a noi, e alla opinione pubblica che in qualche modo tutti raggiungeremo, che si aprono al mondo, rompono il silenzio assoluto, e si dotano di nuovi strumenti per «comunicare». La loro rivista , «Sorella Chiara» che il Monastero di Santa Chiara stampa dal 1962, è stata ridisegnata; l'uso di internet, con cui le suore già lavorano molto, viene potenziato per favorire lo scambio di idee. E, gesto tanto radicale quanto sorprendente, per l'occasione presentano un Dvd che racconta per immagini, in un raro e unico reportage firmato dal fotografo Fabrizio Villa, la vita conventuale. Ora per ora, lavoro dopo lavoro, preghiera dopo preghiera.

La comunicazione

Non è tuttavia, la loro, una improvvisa voglia di visibilità, ma solo una sorta di coerenza; dopotutto Santa Chiara, anche se pochi lo sanno, è la patrona della Televisione. Ma è comunicazione ben ambiziosa, che si capisce solo se si segue bene la sottile voce con cui si spiega la Vicaria, Suor Beatrice Riggio. C'è intanto una inversione di visione con cui fare i conti. Per noi il mondo è lo spazio aperto, e il chiostro è la chiusura; per le Clarisse invece, «la Clausura è uno spazio aperto. E' il luogo del cuore, dove chi vuole ha diritto di accesso, di accoglienza, di gioia». Insomma, se la parola definisce lo spazio materiale, il silenzio abbraccia quello molto più grande della ricerca spirituale pura. In questo senso, insiste suor Beatrice, «la clausura è un ponte di comunicazione fra la società e la Chiesa. Non abbiamo potuto né voluto sottrarci all'esigenza di allargare la nostra rete fonica per veicolare la nostra esperienza di pace e amore vissuta nel silenzio e nella quiete». Con perfetto ribaltamento, le recluse dal mondo, vogliono contribuire a guidare il mondo. Idea neanche tanto sbagliata, vien da pensare: in un universo cacofonico, confuso da chiacchiere e immagini «manca la capacità di silenzio e di ascolto del cuore, di empatia e di amicizia, di dono e il senso della festa, della gratuità, di gioire della gioia degli altri». E, proseguendo nella inversione, non offrono di aggiungere alle tante chiacchiere anche le loro, ma di essere raggiunte per offrire agli altri, i valori che la clausura significa: «Un percorso di solitudine, di fraternità per migliorare la propria posizione interiore in relazione a Dio, a sé stessi e agli altri».
La rivista

La rinnovata rivista «Sorella Chiara» non ci parlerà dunque di chi sono le suore, ma – obiettivo ambizioso – vuole essere il sostegno di chi cerca qualcosa. Dal 1962 questa rivista è stata distribuita a vari cittadini scelti sull'elenco telefonico. Tanti, raggiunti così a caso, hanno scritto in risposta. Questo dialogo è un racconto molto intenso delle vere domande che ci si fa davvero quando si è soli con sé stessi. Oggi la rivista è piccola di formato, colorata, e si espande su internet dove le clarisse romane stanno per pubblicare il loro primo appello alla società lì fuori. Basterà aprire www.aclarisse.com, e se si vuole rispondere. Potremo fermarci qui, e meditare su che cosa tutto questo significhi. Ma una vecchia abitudine di giornalista ci fa aggiungere qualche dato che forse aiuta anche a spiegarci queste trasformazioni. Le Clarisse sono un ordine prestigioso, aristocratico, che ha espresso per tradizione alcune delle migliori intelligenze femminili della Chiesa; ma la loro autorevolezza è appannata, come quella di tutte le suore del resto, in una chiesa molto istituzionalmente maschile. Le intellettuali e rigorose Clarisse si stanno lentamente estinguendo: ne rimangono oggi 7.201 in 529 monasteri. Vale la pena di conoscerle, a questo punto, tutte.

30 Giugno 2008   |   articoli   |   Tags: