Giordano Bruno? Un antinazista [La Stampa]

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* di Mario Baudino

Per Aby Warburg il filosofo nolano era una bandiera di libertà all'alba dei totalitarismi europei.


PISA
Negli Anni 20 e 30 del ‘900 l'immagine e l'eredità del classico sono la posta in gioco di un drammatico conflitto politico e culturale» spiega il professor Mario Pezzella, ricercatore alla scuola Normale Superiore di Pisa e docente all'Università della Tuscia. Una posta importante: «Da un lato, l'estetica dei regimi totalitari – e in particolare di quella nazista – finisce per privilegiare una visione monumentale e pietrificata del classico, tesa all'arresto del divenire e della storia, e all'edificazione di un ordine immutabile. Dall'altro lato, soprattutto per impulso di Aby Warburg e della sua scuola, si sviluppa invece una visione critica della classicità».

E' una lotta culturale ma alla fine anche politica, tant'è vero che la grande biblioteca d'arte costruita ad Amburgo da Warburg, erede di una dinastia di banchieri, nel ‘33, quattro anni dopo la sua morte, venne trasferita clandestinamente in Inghilterra da un allievo, Raymond Klibansky, che con l'intelligence ci sapeva fare e riuscì a beffare i nazisti. L'alba dei totalitarismi fu anche quella di una nuova idea di classico, dove, spiega ancora Pezzella, «alla retorica monumentale si oppone la visione di una «storia delle immagini», mossa da una permanente metamorfosi e apertura. Ogni figura dell'«antico» riceve attualità e leggibilità unicamente nel presente. L'immagine classica non appartiene a un'origine immota, ma a una costellazione tra passato e presente che ne specifica di volta in volta la potenza e il senso».

Ad essa la Normale di Pisa e l'Ecole Normale Supérieure di Parigi, – le due istituzioni accademiche d'eccellenza nate da Napoleone e dalla Rivoluzione francese – dedicano un grande convegno internazionale fra domani e domenica, al centro del quale è ovviamente la figura di Warburg, ma non solo. Claude Imbert si sofferma ad esempio sul significato della pubblicazione del saggio di Simone Weil, L'iliade o il poema della forza, e della rappresentazione della commedia Le Mosche di Jean Paul Sartre nella Francia occupata. Perchè le immagini del classico possono diventare, e diventarono, rivendicazione di libertà. Grande spazio verrà dedicato nel convegno all'ultimo progetto cui il geniale studioso tedesco aveva messo mano pochi anni prima della morte: un lavoro su Giordano Bruno, basato sull'idea, come spiega il professor Maurizio Gherardi, che «il ruolo avuto dalle immagini simboliche nella lotta che il genere umano aveva intrapreso per l'orientamento del mondo non dovesse concludersi o chiudersi del Rinascimento».

Grazie a Bruno, Warburg arrivava fino all'opera di Manet come punto di arrivo di quella che chiamava la «naturalizzazione dell'antico». Il quaderno degli appunti sul filosofo cinquecentesco, assieme ad altri manoscritti, sarà edito da Aragno col titolo La rinascita del paganesimo ed altri scritti (1917-1929), a cura di Ghelardi.

da La Stampa del 17/2/2007

5 Marzo 2007   |   articoli   |   Tags: