Ci credi o ci credi?

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Un titolo degno dell’Avvenire quello apparso sulla versione on line de “la Repubblica” di ieri: “Dio, Italia e famiglia – Restano questi i valori più importanti”. L’articolo (non firmato) presenta i risultati di un inchiesta del Censis sugli italiani elaborata nell’ambito delle celebrazioni del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Il tono del titolo dell’articolo, che fra l’altro stona con la tradizione laica del giornale, lascia presagire un trionfo esaltante per i valori tanto cari ai reazionari del nostro paese, tuttavia di questo trionfo non ce n’è traccia nelle righe dell’articolo. Leggendo infatti apprendiamo che nel paese dove San Pietro trovo fondò la sua Chiesa e dove questa è stata il centro della cristianità per circa due millenni (parentesi avignonesi a parte) i credenti “convinti” raggiungono appena il 66% (che poi solo la metà di questi si rechi in chiesa almeno una volta a settimana è altro spunto di riflessione interessante). Oltre a questi c’è un 16% che dichiara di essere religioso ma non osservante . Tirando le somme otteniamo per sottrazione che ben il 18% degli italiani è ateo o agnostico.  Non sono cifre di poco conto, se questi fossero tutti rappresentati da un unico partito questo risulterebbe con ogni probabilità indispensabile per la formazione di un governo. Se poi gli atei unissero le forze con coloro che si dichiarano credenti ma non osservanti a quel punto il partito sarebbe di “maggioranza relativa” come si usava dire nella prima repubblica. Ovviamente conosciamo l’impossibilità di riunire tutti i liberi pensatori sotto un’unica bandiera, tuttavia il dato andrebbe comunque considerato dai politici che si affannano a rincorrere il voto cattolico senza considerare che ci sono anche altre forze in questo paese. Un successivo approfondimento dei dati del Censis sulla questione “il rapporto con la trascendenza” fa scoprire che la questione è tutt’altro che limpida. Infatti alla domanda “Lei crede che esista una sfera trascendente o spirituale che va al di là della realtà materiale?” non si poteva rispondere con un semplice si – no – non lo so, ma con una molteplicità di risposte in cui il semplice ateismo non è neanche contemplato. Ecco le possibili risposte che si potevano dare: – Si, perché sono credente – Pur non essendone pienamente convinto, credo che in fondo ci sia “qualcuno” o “qualcosa al di là della realtà materiale – Forse sì, ma comunque ritengo che si debba tenere nettamente separate la sfera razionale e quella irrazionale – Non me ne occupo – Non lo so ma mi affascina pensarci – Pensare a questo genere di cose allontana gli uomini dai problemi veri della vita – Non lo credo, ma a volte mi comporto come se esistesse Ora non vogliamo dar lezioni di come si conduce un analisi sociologica, non avendo neanche i titoli per farlo, tuttavia ci preme dire a questi signori che se ci avessero fatto una domanda del genere avremmo buttato il questionario ed invitato l’intervistatore a cambiare mestiere. Perché francamente ci sembra obbligatorio che data la possibilità di rispondere “ si, perché sono credente” doveva essere data anche la possibilità di dire “no, perché sono ateo”, altrimenti è palese che il questionario non prevede l’esistenza dell’ateo e riteniamo questo motivo sufficiente per offendersi. Tuttavia nonostante l’evidente faziosità della domanda dalle risposte è comunque possibile tirar fuori una buona percentuale di atei/agnostici italiani che come al solito in questo paese è perennemente sottostimata. E discriminata, ma questa è un altra storia.

Alessandro Chiometti

14 Marzo 2012   |   articoli, in evidenza   |