Beati i semplici

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Per chi, in questo stralunato ed analfabetizzante paese, possiede
ancora il gusto per la cultura e l'esercizio dell'intelletto, Monsignor
Gianfranco Ravasi è una delle pochissime rocce affioranti sulle quali
aggrapparsi. Se la domenica mattina riesco a svegliarmi in tempo, non
c'è niente che possa costringermi a perdere la sua trasmissione
‘Frontiere dello Spirito' (Canale 5). É semplicemente affascinante
assistere al dispiegarsi della sua impressionante ‘massa di manovra'
intellettuale, al suo rigoroso argomentare, mentre smonta , analizza e
rimonta, da Genesi ad Apocalisse, ogni versetto delle Sacre Scritture.
E tutto questo con naturale semplicità e senza la minima supponenza;
cosa che è da fuoriclasse!


C'è però un cruccio che ad un certo punto mi opprime ed al quale non riesco a trovare rimedio. Non ho mai sentito il Presule affrontare il problema dell'attendibilità dei testi che tratta. Egli continua a considerarli parola originale ed intonsa (di dio!) mentre oggi si sa benissimo che le Scritture sono i testi più manipolati e falsificati di tutta la storia umana. Sono , per dirla alla romana, una ‘sola'! Non conosciamo i testi originali, andati perduti, ed i pastrocchi fatti attraverso i secoli sono tali da non permetterne la ricostruzione (v. Bart D. Ehrman ‘ Gesù non l'ha mai detto – millecinquecento anni di errori e manipolazioni nella traduzione dei Vangeli' ed. A. Mondadori). Ma mi chiedo anche: è lecito condannare Monseigneur Ravasì per una questione così triviale? Sì.  Ma non c'è solo il video, ed infatti voglio qui dedicarmi ad una recente impresa cartacea del Nostro (pardon: del Loro), e precisamente al suo articolo ‘Profano dal volto umano' apparso su L'espresso n. 1 080109. E perché? Ma perché lì il Rava parla nientemeno che di LAICITÁ. Argomento più consono a questa rivista che non le .. sole (accento a piacere) Scritture; pur Sacre. L'inizio sembra tranquillo, ma ecco che dopo poche righe piazza un colpo da K.O. con la citazione evangelica: "Ta Kaisaros apodote Kaisari, kai ta Theou Theo" (ricordiamo che i Vangeli furono scritti in greco; almeno su questo sembrano tutti d'accordo), cioè: "Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio". Tanto per far capire subito chi comanda. Ma è (sempre) meglio proseguire con ordine. Dato l'argomento, certamente notevole e spinoso, egli cerca di partire da una posizione dominante – è anche un fine stratega (stratēgós)! – e ci ricorda che il termine ‘laico': "ha sostanzialmente una genesi religiosa (designava, infatti, il semplice fedele ‘popolare' – da laós, in greco ‘popolo' – rispetto alla gerarchia ecclesiastica) …" (è verissimo, e non solo. Come ci ricorda Giorgio Chiappori in una delle sue immortali vignette: "Nei conventi medievali il laico era colui che, a calci nel sedere, coltivava l'orto"). E' dunque la religione che dirige l'orchestra, in definitiva … chiaro, no?! Se non che Monseigneur si lascia sfuggire un inciso: "nonostante l'attuale accezione dominante", riferita a quel termine. Il bello è che è esattamente questo il punto; il significato delle parole è in realtà quello socialmente condiviso. Come sarebbe a dire ‘nonostante'? Non si deve – e lui questo di certo lo sa – confondere immediatamente l'essenza con l'origine, si tratti di parole o di qualsiasi altra cosa. Nel caso di quelle troppo spesso accade che le si continui ad usare in un senso che non ha più niente a che vedere con quello originale. Oggi definiamo il componente elementare della materia molecolare con la parola atomo (l'indivisibile); e non lo è affatto! Continuiamo a dire che il sole tramonta, mentre sappiamo benissimo che si tratta di un movimento apparente. Quale significato socialmente accettato ha assunto la parola ‘laico'? la cosa migliore è consultare un dizionario, ma lo faremo più avanti. Si giunge così all'espressione di Cesare e dio, "unico pronunciamento direttamente politico di Gesù", dice lui, per dimostrare quanto, i principi fondanti della religione cristiana siano ispirati alla più trasparente … LAICITÁ!  Senza orrore di sé, il … Loro, continua ad attingere al suo pozzo di sapienza di cui non si riesce a scorgere il fondo e … sentite cosa non riesce ad arzigogolare; diavolo d'un uomo! … Hops! Chiedo scusa.   Non solo quella tagliente risposta ad una domanda provocatoria "dovrebbe esorcizzare ogni teocrazia ed ogni cesaropapismo (*)"; c'è di più! Mentre formula questa risposta Gesù mostra una moneta con l'immagine "l'icona (eikon in greco)" di Cesare, "simbolo evidente della politica e dell'economia". Ed in quest'atto c'è un'allusione ("ammiccamento") testuale a Genesi 1,27, nel quale l'uomo viene definito "immagine" (anche qui: eikon) di dio. Questa preziosa allegoria svelerebbe l'opinione di dio in merito alle due diverse aree di competenza: "Si tratta della tutela della dignità superiore e inalienabile della persona e della sua natura intrinseca … i grandi valori etici assoluti … non possono essere meramente funzionalizzati all'interesse politico-finanziario e piegati esclusivamente alle esigenze delle strategie del sistema o del mercato".  (Apprendiamo così che scopo precipuo della dottrina cristiana è quello di difendere la dignità umana dagli eccessi del potere economico e politico. Da quando, non è dato sapere. Ho chiesto in giro ma nessuno si è accorto di niente. I libri di Storia testimoniano tutt'altro. Attendiamo per questo ulteriori chiarificazioni da parte di Mons.eur). La sua chiosa al ragionamento è decisamente ardita, e qualche disinformato la potrebbe definire sfacciata: "La missione dei profeti biblici e dello stesso Cristo è stata appunto quella di essere una sentinella sulla frontiera tra Cesare e Dio".  Beh … certo … poi nel corso dei secoli ne sono successe di tutti i colori, egli ammette, e questo perché Stato e Chiesa, il laico e il credente, si occupano dello stesso soggetto, la società umana, e pertanto i conflitti sono sempre in agguato. "Ci si è, così, lasciati spesso tentare dalle scorciatoie (sic!)".  Ma ora non più, poiché dopo l'indispensabile chiarificazione dell'immenso Gianfranco tutto, ne siamo certi, filerà liscio come l'olio.   Se non che (eh, c'è sempre un ‘se non che'!) questa interpretazione di "Ta Kaisaros …" è in realtà recentissima. Mai, prima di pochi anni fa un chierico, qualsiasi fosse il suo ruolo gerarchico, si sarebbe mai sognato di dire qualcosa del genere. Vi sono stati costretti – anche Gianfri – per ricavarsi un nuovo ruolo in un mondo sempre più secolarizzato. Una strategia di sopravvivenza, insomma. Penso che comincino ad elaborare l'inconfessabile pensiero di non essere … ‘eterni'. I teologi Hans Küng e Vito Mancuso si mostrano in tal senso piuttosto preoccupati. Il primo ha recentemente dichiarato che la Chiesa "è destinata a diventare un piccolo gregge; una setta integralista fatta di pochi fedeli". Figuriamoci se la Chiesa, quando era nel pieno della sua sfrenata libidine si sia mai solo sognata di non ‘prendersi la cucuzza con tutto il cucuzzaro'! La storia sta lì a dimostrarlo. Il principio di separazione tra Stato e Chiesa ; più in generale tra politica e religione, ci proviene in realtà dall'eredità culturale dell'Impero Romano. "Abbandonate Cesare. Lasciate il mondo al mondo e pensate solo a dio!". E' questa, con varianti annesse ed in estrema sintesi, l'interpretazione che il cristianesimo ha sempre dato di quel celebre passo. Un significato che compromette, al punto di renderlo praticamente impossibile, il tentativo di intervento di imenoplastica che Ravasi vorrebbe praticare sul corpo della sua istituzione di riferimento.
Sarebbe ora una grave mancanza di riguardo per chi mi sta leggendo, se non specificassi quale passo evangelico ha sempre costituito l'ispirazione per il modo di condursi della Chiesa e del suo gregge. Naturalmente è Gesù che parla, e quanto afferma risale al tempo delle sue apparizioni dopo la resurrezione, e pertanto il suo carattere normativo è intrinsecamente più autorevole di "Ta Kaisaros .." , che al confronto appare come una frasetta di disimpegno detta en passant. Ecco l'istruzione agli apostoli: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli …" (Matteo 27- 18, 19). Commento di un eretico: "BUM!!".
Persino banale far notare che l'espressione è in aperta e completa contraddizione con la prima, nell'interpretazione di questa fatta da Monseigneur. Perfettamente compatibile, invece, con l'interpretazione tradizionale. Un'espressione, "Mi è stato dato .. bum!!", che il solito laicista esagitato definirebbe criminogena.. La storia, ancora una volta, impietosamente, conferma. Sai le risate se poi saltasse fuori che Matteo 27-18,19 è uno dei tanti falsi che costellano le S. Scritture! Seguitemi. È oggi apertamente ammesso anche in Vaticano che il primo vangelo ad essere vergato fu quello di Marco (per secoli è stato imposto che fosse quello di Matteo). Esso costituì testo di riferimento per la stesura degli altri due sinottici, Matteo e Luca. Ebbene (v. saggio di B.D. Ehrman citato), è ormai acclarato che gli ultimi dodici versetti di Marco, quelli delle apparizioni di Gesù dopo la resurrezione, sono posticci; aggiunti da qualche copista ‘allegro'. Da quale fonte deriva, perciò, Matteo 27-18,19? In mancanza di ulteriori scoperte esso rimane pertanto in fortissimo ‘odore di falsità' (**). La conclusione prevedibile del suo discorso è che ‘Sacro' e ‘laico' non sono in antitesi ma si completano l'un l'altro interrogandosi a vicenda (n.b. il primo lo scrive con l'iniziale maiuscola; l'altro con la minuscola). Ciò permette di riprendere la questione rimasta in sospeso all'inizio di questo articolo, poiché Ravasi a tal proposito rispolvera una recente invenzione di Papa Ratzinger: la distinzione tra laicità (buona) e laicismo (cattivo), il quale "programma l'eliminazione di ogni segno religioso nell'areopago della società come presenza illegittima e indegna e disdegna ogni monito spirituale e morale (da non credere! ndr.), considerandolo un'interferenza inaccettabile". Orbene, come preannunciato sfoglio il mio Zingarelli ed. 2005 e leggo: ‘LAICITÁ: qualità o condizione di chi (o di ciò che) è … LAICO: che si ispira ai principi del … LAICISMO: atteggiamento ideologico di chi sostiene la piena indipendenza del pensiero e dell'azione politica dei cittadini dall'autorità ecclesiastica'. Stando a questo si constata che ‘laicità' e ‘laicismo' sono perfetti sinonimi e che la distinzione tra i due è solo un espediente demagogico, e, guarda caso, la definizione coincide esattamente con quello che noi laici pensiamo di noi stessi! Ma prima di andare oltre, voglio saldare il conto con Mons.eur, che ci vorrebbe discendenti dei ‘fedeli ma non addetti ai lavori'. Nel corso del grande giuoco storico-linguistico i numerosi spostamenti di significato hanno fatto sì che ai tempi in cui il ‘fedele non chierico' veniva chiamato ‘laico', colui che oggi è detto ‘laico' sarebbe stato appellato ‘anticristo' ("Chi non è con me, è contro di me" Matteo 12-30). Termine che oggi suona bizzarro e squilibrato e che nessuno vorrebbe usare, né per sé stesso, né per qualcun altro, eccetto i satanisti e Padre Livio Fanzaga, che poi … (v. articolo "Papè Satan" nel ns. sito). Che però costituiscono una realtà tutto sommato residuale e non ‘decisiva'.  Andiamo all'arrosto (senza sarcasmo). Purtroppo le cattive abitudini sono dure a morire e spesso tali da soverchiare anche le più elevate facoltà – però questo da Gianfri non me l'aspettavo. Avrete notato che Mons.eur non parla affatto di confronto tra la morale laica e quella religiosa. No! Per lui è pacifico che il mondo ‘profano' è fonte di ogni male e che il bene può venire solo dalla dimensione dello ‘S pirito'. Non si tratta affatto, per noi, di programmare "l'eliminazione di ogni segno religioso etc. (v. sopra)". Questo sarebbe vero solo se qualcuno meditasse la loro eliminazione fisica; cosa che, assicuro, a nessun laico (Voltaire insegna) passa neanche per l'anticamera del cervello. Finchè ci stanno, ci sono, e ci devono stare (non chiedetemi quale Musa m'ha ispirato quest'espressione!). A parte il fatto che a noi laici risulta difficile capire a che titolo i chierici si ritengano dispensatori di spiritualità e di morale, esistono comunque difficoltà difficilmente sormontabili, e non per colpa nostra. Il ns. socio Maurizio Magnani nel n. 7 di questa rivista osservava: "Che cosa vi attendereste da un interlocutore, al tavolo delle trattative, che pretendesse di possedere l'assoluta verità e di avere sempre ragione?" (perché questa continua ad essere pervicacemente la posizione della Chiesa). Nessuno è contrario al dialogo, ma è necessario riformulare su nuove basi il tipo di rapporto intercorrente, perciò: prima si fa una seria autociritica (non il "chiediamo scusa" di G.P. II) e si ripudiano pubblicamente Matteo 27-18,19 e 12-30 e poi se ne può parlare. Sarebbe capace la Chiesa di fare tanto?. Mi sembra estremamente difficile.
Ringrazio Mons. Ravasi per l'occasione che mi ha dato di poter esporre il suo sofisticato pensiero e per essermi potuto confrontare con lui. Continuerò con gioia a seguirlo su video e su carta perché con lui c'è sempre qualcosa da imparare, e poco importa se la sua cerebralità lo induce talvolta ad incappare in qualche – direbbe lui -  skándalon (pietra d'inciampo, insidia. Da cui l'italiano ‘scandalo'. Altro esempio di parola che ha perso il suo significato originale); cosa che però non ne sminuisce né il prestigio intellettuale, né la personale simpatia. Gli invio i miei più cari auguri e … gnozi sé autón! Espressione forse poco pertinente, ma è quasi tutto il greco che conosco.
                                                                               
(*) Brevemente: intromissione dello Stato nelle questioni religiose.
(**) Un altro indizio. Nel Vangelo di Giovanni, che si discosta nettamente dagli altri tre, la situazione è diversa e decisamente ‘blanda'. Qui (Gi 21, 15-17), dopo la risposta sempre affermativa di Pietro alla sua domanda posta tre volte se lui (Pietro) lo amava, Gesù replica: la prima volta con "Pasci i miei agnelli" e le altre due con "Pasci le mie pecore". Nient'altro è detto.

3 Novembre 2009   |   articoli   |   Tags: