Agghiacciante

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La dimostrazione, per altro superflua e non richiesta, che all'orrore non c'è limite, ce l'ha fornita ultimamente Giuliano Ferrara (del resto: chi meglio di lui deputato a ciò? Sa di essere spregevole e con sublime furbizia lo ammette pubblicamente).


Così, giocando d'anticipo, rende vana – lui pensa – ogni possibile critica in tal senso). Con ammirevoli tempismo e preveggenza ha pubblicato per intero la omelia "Pro eligendo romano pontifice" tenuta dall'ancora per poco solo Cardinale Ratzinger e l'ha accompagnata con un personale commento a carattere esaltativo-apologetico che neanche Padre Cantalamessa nei suoi momenti più felici. Tutto questo sul numero del 19 apr. del suo giornale 'Il Foglio', ribattezzato opportunamente per l'occasione 'Il Soglio'. Corrivo in modo disgustoso. Sapevo che la situazione fosse grave, ma giuro, non fino a tal segno. Ma bando agli indugi, andiamo ad operare in corpore vivi; in quella omelia ratzingeriana che Ferrara definisce "splendente e drammatica" ed espressa in "una lingua chiarissima". Scrive l'Elefantino: "La bellezza dello schema omiletico ratzingeriano splende per ciascuno di coloro che non abbiano portato il cervello e il sentimento all'ammasso dei luoghi comuni sub-voltairriani sulla inferiorità culturale della religione rispetto ai lumi". Benissimo. Personalmente posso dire che poche altre volte m'era capitato di leggere un simile affastellamento di scemenze organizzate, di contorcimenti retorici, di espedienti demagogici, una così ammirevole profusione di gratuità e di vacuità occultate dietro la maschera della profondità; e affinché nessuno possa affermare che dico gratuità a mia volta, … let' s go on! Gesù, nella sinagoga di Nazareth, legge un passo del profeta Isaia che allude alla sua (di Gesù) missione. Nel passo il Messia dichiara di essere venuto "… a promulgare l'anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro dio". Ma Gesù si interrompe dopo "l'anno di misericordia del Signore", chiude il libro e si siede. Non parla di vendetta. Come mai?! "E' stato forse questo il motivo" si chiede il fra poco Vescovo di Roma "dello scandalo realizzatosi dopo la sua predica? Non lo sappiamo". Non lo sa?! Confortante. Se avesse letto solo poche righe avanti lo avrebbe saputo. Ciò che emerge inoppugnabile dai Vangeli, a dispetto di tutte le falsificazioni posteriori (v. avanti) e che Gesù voleva riformare sensibilmente tanto la legge quanto la mentalità ebraica dell'epoca (e soltanto quella. Che c'entrava tutto il resto del mondo?), e di conseguenza ridefinire la concezione stessa del dio vendicativo fino ad allora dominante. Lo storico Gioacchino Volpe si espresse a tal proposito in termini ancor più perentori: "Il dio di Gesù non è più il terribile Jehova ebraico, con la spada nel pugno e giustiziere spietato". Il gesto di Gesù stupisce ed indigna i presenti, ma egli non si ferma qui; subito dopo fa capire agli stessi che dio agisce in modo imprevedibile e se ne impipa delle giaculatorie del suo "popolo eletto". I presenti tentano di ucciderlo tramite precipitazione da rupe. Ma la sofisticata mente teologica di Ratzinger mira a ben più importanti questioni; vendetta ci deve comunque essere: è Isaia che lo dice, e se Gesù non ne parla, peggio per lui! A venirgli in aiuto è nientemeno che il primo e più grande falsificatore del messaggio originale: san Paolo. "Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno, perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse alle genti e noi ricevessimo la promessa dello spirito mediante la fede"(Gal. 3, 13s). Splendente e chiarissimo!! La conclusione del Ratzie non è molto conseguente, ma decisamente affascinante: "Questa è la vendetta di dio: egli stesso, nella persona del figlio soffre per noi (cioè: dio si vendica … soffrendo! Che questo dio cristiano fosse un po' stranuccio era chiaro fin dall'inizio. Ndr.) Quanto più siamo toccati dalla misericordia del Signore, tanto più ( … ) diveniamo disponibili a completare nella nostra carne "quello che manca ai patimenti di Cristo"(Col 1, 24)". Quando si tratta di spacciare balle non bisogna temere di esagerare con le iperboli ed è necessario giocare il tutto per tutto della drammaticità, ed il Papa(bile) esattamente questo fa, con meticolosità e scrupolo teutonici, e solo il cisposo occhio di rospo di Giulianone può scorgere in questo trionfo de "la supercazzola prematurata come se foss'antani" di monicelliana memoria, una qualche superiorità culturale della religione sui Lumi. Si aggiunga inoltre doverosamente che la cultura laica non comincia e non si esaurisce con l'Illuminismo. Il discorso sarebbe però penosamente incompleto senza un rapido excursus sui libri dei quali Josephus ha realizzato il suo splendido ipertesto: le s. scritture. Ferrara, oltre che persona di grande cultura, è, a causa del suo stesso lavoro, troppo ben informato per ignorare che la ricerca più seria ed accreditata ci assicura che le scritture cosiddette sacre sono tutte indistintamente dei falsi: più volte manipolate ed aggiustate per rendere il loro senso adatto alle voglie di chi su di esse aveva il monopolio, al punto che la raccomandazione nietzschiana di indossare i guanti quando si prendono in mano le scritture è ormai superata. Con quello che oggi sappiamo di esse occorrono almeno le braccia meccaniche che si usano nei laboratori atomici per manipolare i materiali altamente radioattivi. "Non importa attraverso quante mani siano passate le Sacre 'ri-scritture': Genesi che riscrive Genesi, Giovanni che riscrive Genesi, e tutto il Nuovo Testamento che riscrive sé stesso e l'Antico; dagli anonimi autori della mitica 'raccolta F' (e da Matteo) al proto-Luca, e via via fino alle versioni più recenti …" (Bruno Ballardini "Gesù lava più bianco – ovvero: come la Chiesa inventò il marketing" ed. Minimum Fax). Ne consegue che metter mano alle s. ri-scritture senza considerare quanto appena detto costituisce l'impresa più temeraria che si possa immaginare. Ora, che una cosa del genere la faccia il Papa(bile) è comprensibile (sennò che fa?! …), ma che questo riceva un plauso assolutamente sopra le righe da parte di chi non può far finta di non sapere, è inammissibile. (Eppure continua a proclamarsi sostanzialmente 'laico', ma giorni fa, intervistato che era da Fiamma Nirenstein su temi religiosi, gli ho visto assumere la tipica espressione cristica, poco compatibile per chi laico è veramente. Espressione costituita da sorriso estatico con retrogusto ebete, che se la fa Lorena Bianchetti può risultare persino gradevole, ma che sulla sua faccia è solo qualcosa di osceno). Prosequemus.
La splendente omelia prosegue con la critica di quella bestia nera che più d'ogni altra sembra turbare i giorni e le notti del Papa(bile), e cioè di quella cosa da egli stesso definita unilateralmente come relativismo, che secondo lui consisterebbe ne "il lasciarsi portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina". In realtà la cosa è molto più seria e delicata e troppo ponderosa per essere trattata in un articolo non dedicato esclusivamente ad essa (ammesso poi che sia sufficiente). Per ora voglio solo far ancora notare la gratuità del pensiero Josephiano: "Si va costituendo una dittatura del relativismo (un bel 'legno di ferro', non c'è che dire! … ndr.) che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie". Per quale diavolo di motivo, lo sa soltanto lui, ma si astiene dal comunicarcelo. Vero è, piuttosto, che cinismo, egoismo ed indifferenza sono frutto di quel sistema di potere – per niente relativista – oggi dominante e a cui la Chiesa è del tutto organica. Ma ciò che importa in questo contesto è vedere come qui l'attacco di ebbrezza che pervade Ferrara raggiunga l'acme. Sull'onda dell'entusiasmo egli afferma. "Eccola riproposta, la diagnosi della crisi (…) in un linguaggio che arriva ai laici e li contraddice con coraggio, facendo del nostro mondo secolarizzato qualcosa di più intenso, di più libero, di più interessante che non la marmellata ideologica laicista come fede di stato, come pensiero unico relativista". Contento lui! … Lasciamo perdere su quanto fosse opportuno offendere le confetture di frutta (personalmente non disdegno quella ai mirtilli. Lui invece preferisce la ricottina bavarese, chiaramente); qui 'marmellata' sta per indicare qualcosa di magmatico: caotico, informe, confuso. Così Ferrara immagina la forma e la consistenza della dimensione laica. Per rispondere a quest'accusa non c'è, per fortuna, da dover sprecare troppe parole. Da laico primordiale ed inveterato mi basta , a mia volta gratuitamente (ma onestamente) informarlo che si sbaglia, mentre mi sembra di aver poc'anzi sufficientemente ben dimostrato quale sia la situazione nel campo avverso. Qui, più che di marmellata si potrebbe parlare di un'altra sostanza, che ha in comune con quella il potere di evocare qualcosa di informe e magmatico, ma che emana un odore decisamente diverso. Ma è poco dopo che il nostro amico, ormai in piena fase creativa, supera sé stesso: "La ribellione della Chiesa Giovanpaolina contro la condanna, in occidente , del cristianesimo e delle sue radici intese come 'neofondamentalismo' è anche la nostra ribellione contro le ideologie corrette (? ndr.) che escludono la diversità delle culture (veramente questa è una delle colpe più terrificanti che il cristianesimo si porta dietro. Ndr.), e che riducono allo scientismo più arido e metodologico ogni criterio del giusto e dell'ingiusto". Ecco: Ferrara, dopo aver rovesciato la frittata, se la prende con lo scientismo, ma si tratta di un'altra furberia. Lui ce l'ha con la scientificità tout court. La scientificità che non ammette dogmi, e che sembra divertirsi a mandare all'aria – spesso inconsapevolmente, è questa la cosa più divertente – tutti i castelletti di carte che i religiosi costruiscono per sé stessi; che sa quando dover cedere il passo alla filosofia e, per converso, quanto con questa sia inestricabilmente connessa. Lo scientismo non ne è capace. E comunque, a prescindere da tutto il resto, a petto della logorrea incontrollata dei teologi cristiani (e di Ferrara), ben venga persino lo scientismo. Il più arido e metodologico. E qui tronco, non solo per questione di spazio, ma perché se vado avanti, va a finire che m'incazzo sul serio.
 Per concludere, per la serie: "domande destinate a rimanere senza risposta" ( perché per 2 o 3 secondi uno se le pone, poi realizza che perde solo tempo e passa a pensare qualcosa di più produttivo):
ma … Giuliano Ferrara, sta tentando di saltare su un cavallo più promettente dopo aver sostenuto ferocemente l'ormai in liquidazione Cav. Berlusconi, o tenta di salvarsi dalla dannazione eterna per averlo fatto? Milleunomilleduemilletre … mavaff .. !

22 Maggio 2008   |   articoli   |   Tags: