The road (to nowhere)

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Andando a vedere un film tratto da un romanzo vincitore del premio Pulitzer, non è  che uno debba aspettarsi per forza un capolavoro… ma auspicare un lavoro degno almeno di una sufficienza stiracchiata credo sia legittimo.

La delusione che invece da questo lungometraggio è pressoché totale, poco o niente sa salvare nei noiosissimi 120 minuti di proiezione. Perfino Viggo Mortensen, l’indimenticabile Aragorn del Signore degli anelli, che aveva dimostrato in altre pellicole di essere attore anche senza l’enfasi del blockbuster miliardario, qui arranca e fatica ad essere convincente in una sceneggiatura che ha più buchi di un formaggio svizzero.

Stendiamo un velo pietoso sull’originalità della storia, o meglio sulla totale mancanza di questa,: la solita terra post-apocalittica, i soliti profughi in viaggio verso una terra promessa fra lande desolate, i soliti sopravvissuti imbarbariti che arrivano anche al cannibalismo. E il resto? non pervenuto… voglio dire, va bene il mistero, va bene non mostrare mai i motivi della presunta catastrofe che ha reso la terra un inferno post-nucleare (o almeno così sembra), ma uno straccio di senso logico alla storia lo vogliamo dare o no?

Padre e figlio senza nome sono in viaggio verso il mare per sfuggire agli inverni troppo rigidi del nord. La madre, si scopre nel corso del film, non ce l’ha fatta ad accettare la situazione e ha preferito uccidersi (in modo abbastanza improbabile, se  uno sceglie di uccidersi non è che esce di casa nudo per darsi in pasto ai cannibali, semmai sceglierà un modo per non soffrire), così il padre che ha una pistola con due proiettili e probabilmente si sente in colpa per aver lasciato la moglie al suo destino, si carica il peso del figlio nonostante la malattia che lo sta devastando.

Ora in questo viaggio, fra una marchetta pubblicitaria della Coca Cola e l’altra, gli capita di trovarsi in un rifugio sotterraneo che è fornito di ogni ben di dio (fra cui un latte a scadenza secolare), che fa il padre? Si barrica dentro e si prepara a difenderlo fino a che non saranno finiti gli alimenti? ma no, lo abbandona perché sente un cane gironzolare sopra l’ingresso! Geniale… roba da inserire nelle dieci cose più stupide viste fare in un film.

Finale scontatissimo e in linea con la pallosità del film, il padre muore in riva al mare il figlio trova un altro gruppo di sopravvissuti non cannibali a cui aggregarsi.

Messaggio del film? boh! Se volevano trasmettere il concetto “non perdere la speranza” c’erano modi migliori di veicolarlo.

Se invece volevano evidenziare la progressiva divinizzazione del figlio che fa perdere l’umanità al padre, è un messaggio quanto meno ambiguo e peraltro opinabile.

Accaparrare 10 euro da chi si fida della giuria del Pulitzer? Lo vedo come il più probabile…

Vi prego, qualcuno mi dica che è l’ennesimo caso di un film che non rispetta il libro, altrimenti qui qualcuno si è rincoglionito e pure di brutto.

J. Mnemonic

11 Ottobre 2010   |   articoli, recensioni   |   Tags: , , , ,