Parole al vento

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Costituzione Italiana Art. 21


Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

Non c’è alcun dubbio, la Costituzione Italiana è una gran bella costituzione.

Peccato che poi, nei fatti venga puntualmente disattesa.

È forse difficile capire il significato della frase “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”? Personalmente ritengo di no… ma allora mi spiegate come può ancora sussistere nel Codice Penale del nostro paese il reato di “stampa clandestina”?

Se non c’è bisogno di autorizzazioni non possono esistere stampe clandestine… mi pare ovvio no? Invece esistono, in quanto per iniziare a pubblicare in forma anche totalmente amatoriale (come facciamo noi) una rivista periodica ci sono molti cavilli legislativi a cui bisogna ottemperare: primo fra tutti e il più difficile da superare è l’individuazione del Direttore Responsabile.

Questa persona deve essere un giornalista iscritto all’albo dei giornalisti… cosa vuol dire? Vuol dire che anche chi decide di fare 100 copie di un giornalino dell’associazione da spedire ai soci deve trovare un giornalista professionista che presti il suo nome per il ruolo di Direttore Responsabile… cosa per cui i professionisti si fanno pagare profumatamente.

In alternativa, per giornali monotematici che si occupino di argomenti specifici (su cosa questo voglia dire sarebbe da discutere a lungo) è possibile iscrivere agli albi speciali dell’Ordine dei Giornalisti una persona della redazione… cosa che però costa all’incirca 1000 euro l’anno… e di certo chi non ha risorse si trova la strada molto in salita.

Tutte queste difficoltà la nostra associazione ha dovuto superare prima di iniziare la pubblicazione della sua rivista, ed è per questo che ne siamo particolarmente orgogliosi; tuttavia, mi chiedo come mai in 60 anni di “repubblica” “”democratica”” nessuno ha mai notato la palese incostituzionalità di questa legge sulla stampa che con pochissime variazioni e nonostante gli enormi cambiamenti di tecnologia (oggi chiunque può stamparsi il suo giornalino) è rimasta in vigore, con pochissime variazioni, dal 1948 (una delle leggi più obsolete dell’intero impianto legislativo). Nonostante il credo liberista e liberalizzante si diffonda in quasi tutte le nostre forze politiche nessuno ha mai notato quanto sia illiberale l’esistenza di questa legge.

Ma c’è di peggio.

Come molti di voi che ci seguono sanno, la nostra associazione cura una trasmissione radio chiamata “la befana non esiste” grazie all’ospitalità di radio Galileo. Visto il buon successo della trasmissione che ci ha fatto conoscere a molte persone, in una riunione del Laboratorio Diritti Pace Ambiente  (struttura interassociativa del comune di Terni di cui Civiltà Laica fa parte) ho proposto che per aumentare la comunicatività della struttura ci dotassimo di una radio propria in cui ogni associazione poteva avere uno spazio settimanale.

Sapevo già che non è più il (bel) tempo delle radio libere, quando una persona poteva iniziare le trasmissioni dal bagno di casa propria… però pensavo che le difficoltà fossero limitate in quei (circa) diecimila euro annui che costa l’autorizzazione per l’inizio delle trasmissioni… invece la sorpresa più amara doveva ancora arrivare.

Quello che è incredibile è che nel nostro “democratico” paese non ci sono più frequenze libere per le trasmissioni radiofoniche.. com’è possibile se ci sono interi campi di Mhz su cui si sente solo statica? A quanto sembra (il condizionale è d’obbligo), nel nostro “democratico” paese le frequenze sono state tutte acquistate da qualcuno e per iniziare una trasmissione radiofonica bisogna comprare la frequenza a prezzo di mercato… il che vale a dire che per un bacino di utenza di centomila abitanti circa il costo della frequenza è di circa un milione (1.000.000) di Euro.

Sottolineando che le cifre riportate sono attendibili solo per avere un idea della situazione e possono variare moltissimo da città a città (e sinceramente non so se in qualche parte d’Italia vi siano frequenze “libere” senza incorrere alla vessazione di chi approfittò della confusione generata dalla legge Mammì negli anni 80 per garantirsi un futuro roseo e redditizio comprando a man bassa frequenze a prezzi stracciati), quello che mi preme sottolineare e su cui stimolare la riflessione è: può un paese che ha la pretesa di definirsi democratico disattendere in continuazione i principi costituzionali su cui si basa? Come possono i ragazzi (i “giovani” eccebombiana memoria) sentirsi stimolati ad associarsi, ad avere iniziative, idee, a produrre materiale culturale se lo stesso stato che dovrebbe incentivarli si preoccupa solo di mettere i bastoni fra le ruote con burocrazie kafkiane che fanno si che gli unici che possono muoversi sono coloro che hanno milioni di euro alle spalle?

Invece di far convegni e pubblicità progresso i nostri politici dovrebbero pensare a rimuovere gli ostacoli all’applicazione dei diritti costituzionali… e forse in Italia la cultura non andrebbe così a rotoli.

Alessandro Chiometti

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