La trilogia di Lisbeth Salander

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Con l’uscita de "La regina dei castelli di carta" si è dunque conclusa la trasposizione cinematografica della trilogia "Millennium" di Stieg Larsson.

A questi tre capitoli non ne seguirà un quarto (se non apocrifo) in quanto come tutti sanno Larsson è morto per un improvviso attacco cardiaco nel 2004.

Attivista politica antirazzista e antifascista, fondatore della rivista EXPO, collaboratore con Scotland Yard per fronteggiare il neonazismo europeo, Larsson ci mancherà.

Così come ci mancherà la figura dell’anti-eroina Lisbeth Salander che sul grande schermo è stata ben interpretata da Noomi Rapace.

Dei tre film derivati dai suoi libri il più riuscito è senz’altro il primo "Uomini che odiano le donne": senz’altro il più convincente, con un ritmo che tiene in ogni suo fotogramma e per l’approfondimento dei suoi personaggi.

Il secondo, "la ragazza che giocava con il fuoco", è senz’altro ambizioso ma non riesce ad essere pienamente credibile. In particolare la "resurrezione" di Lisbeth sembra un po’ troppo forzata e degna di una genesi supereroistica.

Il III capitolo conclusivo è ben girato e senza esagerazioni come il precedente, tuttavia il ritmo non è all’altezza di un thriller quale vuole essere. Il finale è prevedibile ben prima della metà del film.

Ciò non toglie che sia piacevole osservare la critica ad una società, quella svedese, da molti considerata quasi un paradiso in terra in termini di diritti civili, pari opportunità e buon governo.

Tutto il mondo è paese verrebbe da dire… ma in realtà non è cosi.

Quello che si capisce dal thriller di Larsson è che per quanto si voglia criticare la Svezia, non si riesce a far dimenticare allo spettatore che le aberrazioni italiche sono ben maggiori.

A parte il fatto che i membri di un organizzazione illegale che si preoccupava di proteggere fuoriusciti sovietici nel nostro paese verrebbero quanto meno fatti ministri, altro che indagati dalla polizia, l’evidenza che ci troviamo in un altro paese viene dal dialogo fra il protagonista Mikael Nyqvist e il direttore dell’organizzazione governativa "per la difesa della costituzione" (eh eh).

Questa organizzazione vuole la collaborazione di Mikael, lui potrebbe accettare ma dice chiaramente che vuole garanzie che il processo alla sua amica Lisbeth Salander finisca bene per lei… il direttore lo guarda e dice "ma il governo non può condizionare un processo". A questo punto se il thriller era italiano il protagonista si sarebbe rotolato per terra ridendo e avrebbe detto, "chiamatemi quando avete finito di scherzare". Lo svedese Mikael invece accetta di buon grado la frase governativa.

Tutto il mondo NON è paese.

J.Mnemonic

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