la Chiesa che ruba anche ai poveri

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Eravamo abituati agli innumerevoli privilegi Vaticani: finanziamento otto-per-mille, finanziamento scuole cattoliche, finanziamento oratori, assunzioni facili e strapagate per gli insegnanti di religione, esenzioni dalle tasse, ecc. ecc. ecc.

Non era mai accaduto che una Chiesa così ricca reclamasse persino i sussidi per i poveri. Invece è successo. Migliaia di frati e suore, approfittando del loro finto stato di "nullatenenti", stanno accorrendo in massa a reclamare la Social Card, il contributo di 40 euro mensili per i cittadini più disagiati.

Dove trovano il coraggio, e la faccia, questi pseudo-poveri che tra l’altro hanno anche fatto "voto" di povertà? Questo voto non vale se si tratta di ritirare una carta di credito prepagata? Non ripugna loro l’idea che quei soldi sono sottratti a tanti altri veri bisognosi, che non abitano in giganteschi conventi dotati ormai di ogni comfort, ovviamente a spese dei contribuenti, ma in piccoli appartamenti dall’affitto costoso, oberati da crescenti costi di riscaldamento, di manutenzione, di condominio, di spese varie?

A Castelletto di Brenzone, minuscolo villaggio sul lago di Garda, sono state elargite più di cinquanta social card. Come mai? Lì ha sede l’istituto delle piccole suore della Sacra Famiglia.

A Verona boom di ritiri. Il dato, riferisce la direzione delle Poste, è connesso alla presenza nel luogo di molti istituti religiosi. Trecento tra suore e frati si sono presentati all’incasso. Nullatenenti. Perciò potevano. Figuriamoci cosa accadrà a Roma, ad Assisi, o in altre città ad alta concentrazione di persone dedite alla comoda e rilassante vita senza lavorare, pardon, monastica.

Luigi M. Nicolai

 

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