Il ratto delle italiane

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Non ci stanno, le donne del Pdl. «In questa temperie politica e culturale le parlamentari del Pdl sentono il dovere di sottolineare con forza l’intensa e appassionata azione del Governo Berlusconi compiuta a favore delle donne e per il rispetto complessivo della condizione femminile e dei minori […] Il valore che il Pdl conferisce alla piena realizzazione di ciascuna donna non può essere messo in discussione né essere rovesciato per una strumentale, quanto becera, lotta politica». Così scrivono in una nota Barbara Saltamartini, vicepresidente del Gruppo Pdl alla Camera e responsabile per le Pari opportunità del partito e Beatrice Lorenzin, sua vice alle Pari opportunità.

A queste signore, secondo le quali – se fossero confermati i capi di imputazione – pagare una baby prostituta si chiama «rispetto per i minori» e indossare una divisa da porno-infermiera per partecipare ai bunga-bunga del sultano di Arcore si chiama «realizzazione femminile», vorremmo dire la nostra di donne derubate.

Derubate della dignità. Vignette, animazioni 3D, battute pecorecce che ricordano il peggior Alvaro Vitali inondano la rete e le testate straniere immortalando le italiane. Belle, anzi “bone”, seminude in vestitini da porno-star, compiacenti, pronte a tutto per soldi, gioielli, vestiti, appartamenti, visibilità, una particina nelle reti Mediaset o un posto da consigliere o da ministro. Conigliette prezzolate alla corte di un vecchio sovrano che pone e dispone di loro come se fossero cosa sua. E così devi essere, se vai ad Arcore, cosa sua. «O sei disposta a tutto, o prendi un taxi e te ne vai». Queste siamo noi, agli occhi del mondo. Mignotte della specie peggiore. Quelle che oltre al corpo vendono anche l’anima.

Derubate del linguaggio. Non possiamo più chiamare “papi” nostro padre senza evocare il visetto adolescenziale di Noemi Letizia, la “pupilla” del premier, che inguainata in un tubino canta canzoncine da Zecchino d’oro seduta sulle sue ginocchia. Un nomignolo che ora sa di stomachevole incesto.

Non possiamo più pronunciare parole quali “benefattore”, “generosità”,  “persona bisognosa” senza pensare al mecenate di Arcore che regala soldi, gioielli e appartamenti di Milano2 a ragazze “in difficoltà”. «Ho fatto sesso con lui ma mai in cambio di soldi» racconta Marysthell Garcia Polanco, soubrette di Colorado Cafè. «Soldi mai. Mi ha solo aiutato per alcune necessità tipo visite mediche al San Raffaele per mia figlia. E poi mi ha dato una mano a lavorare in televisione». E le ha intestato – e presumibilmente pagato – un contratto di affitto all’Olgettina. «E’ una persona che aiuta tutti». Un vero filantropo, in confronto al quale le persone che silenziosamente lavorano al fronte della solidarietà, quella vera per maschi-femmine-vecchi-bambini-disgraziati-derelitti, sparisce.

Derubate della sensualità. «Sì, lo chiamo papi. Ma Noemi è la pupilla, io il culo» (Karima El Mahroug, in “arte” Ruby).  «Un puttanaio. Sembra di stare al Bagaglino ma è peggio. Un puttanaio. Con Berlusconi che toccava i culi alle ragazze. Ora se quelle cose le fai in camera da letto, sono affari tuoi, ma così, davanti a tutti!» (intercettazione telefonica). «[Nicole Minetti] con il seno di fuori baciava Berlusconi in continuazione» (intercettazione telefonica). Lei, la consigliera regionale, quella che avrebbe curato le selezioni del “personale” (per l’appunto) per i festini a luci rosse del premier. «E’ molto semplice. Dai il tuo nome al citofono ed entri» (intercettazione telefonica).

Queste siamo noi, le donne italiane. Tette e culi accuratamente selezionati per il relax del presidente. Ci hanno tolto anche l’erotismo, la fantasia. Non possiamo più usare, noi sì nel privato delle nostre alcove, certe frasi, certe parole, certi gesti perché non sono più i nostri. Ce li hanno rubati, legandoli al disgustoso binomio sesso-potere, donna schiava-maschio dominatore.

Derubate dell’amore. «Provo per quest’uomo un amore vero, lo amo con tutta me stessa. L’amore che non ho potuto dare ad altri l’ho dedicato a lui». Parole di Sabina Began, attrice, “ape regina”, altra presunta organizzatrice degli incontri del premier, «l’uomo che mi ha cambiato la vita», le cui iniziali sono tatuate sul suo piede. Ma non è l’unica a sdilinquirsi per quest’uomo di 74 anni, bolso e puttaniere ma pieno di ‘riconoscenza’ per gli insperati servizi. «Lo chiamano tutte amore, tesorino» (intercettazione telefonica).

Ioana Visan, che si arrabbia se la chiamano escort nonostante abbia partecipato, solo nel 2010, a una cinquantina di festini ad Arcore, alla domanda se è lei la fidanzata segreta del premier, risponde: «Magari… dico magari fosse così». L’amore diventa feccia mediatica, prostituzione, mercimonio. L’altro, quello vero, soffoca sotto l’abominevole scippo.

Derubate della professionalità. Roberto Formigoni, governatore della Lombardia, a proposito del consigliere regionale Nicole Minetti, indagata per favoreggiamento della prostituzione: «Io non conosco, evidentemente, la Minetti. Ma quando il presidente del Pdl mi segnala una giovane laureata a pieni voti, che fa un lavoro specializzato io non ho obiezioni».  L’ex soubrette e igienista dentale ha conosciuto Berlusconi al San Raffaele in occasione dell’aggressione subita a Milano da quest’ultimo ed  è entrata subito nelle sue grazie, tanto da essere candidata e poi eletta al consiglio regionale.

Mara Carfagna, ex show girl e spogliarellista, una che il corpo l’ha venduto per sollazzare almeno – per quanto ne sappiamo – gli occhi del maschio italiano è stata messa nientedimeno che alle Pari opportunità, a difendere le stesse donne delle quali ha svenduto la dignità.

Ma potremmo parlare delle liste elettorali degli ultimi anni, strabordanti di veline, letterine, soubrette, accompagnatrici… Il merito tanto decantato da questo governo ha un sesso, un’età, precise caratteristiche fisiche e la disponibilità a cederle al miglior offerente.

Le intercettazioni della showgirl Barbara Guerra immortalano in modo magistrale il bieco furto: «[Berlusconi] quando ha voglia chiama, quando non ha voglia non chiama… Per l’amor del cielo, ci sta costruendo una carriera, però bisogna vedere se poi va in porto sta carriera! Se poi non va in porto? Rimango con la laurea e un calcio nel culo!»

E pazienza per la maggior parte delle donne che studiano o lavorano, che hanno detto no alle immancabili avances del capo rinunciando alla “carriera”, che magari con due lauree a pieni voti nel cassetto guadagnano 400 euro al mese in un call center, che non riescono ad arrivare alla fine del mese né a vedere un futuro. Sceme loro che non si vendono al sultano di turno.

Derubate dell’aspetto. «Dovremmo avere tanti soldati quante sono le belle ragazze italiane», dichiarava Berlusconi quando si affrontava il tema della sicurezza delle donne. Sono belle, dunque attirano. Come stupirsi che poi le violentino?

«Faremo un’eccezione per chi porta belle ragazze», diceva a coronare l’accordo con l’Albania per metter fine agli sbarchi clandestini. Le belle ragazze cui si riferiva sono, naturalmente, le schiave del sesso. Vite violate, calpestate, vendute per il solo beneficio del magnaccia di turno e degli “utilizzatori finali”.

Ma è tutto contenuto nella famosa battuta a Rosy Bindi «Lei è più bella che intelligente», la perfetta sintesi berlusconiana della donna, di tutte le donne.

Cosa altro dire a queste signore del Pdl che si affannano a difendere il loro idolo? Il premier, il suo giro di faccendieri e un manipolo di cortigiane ci hanno trasformate in una grottesca caricatura agli occhi del mondo. E loro, donne, sono le più intollerabili complici.

Cecilia M. Calamani – Cronache Laiche

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