Il “concilio ternano” e la latitanza della politica

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Come più volte abbiamo sostenuto, ciò che accade in provincia può essere utile a comprendere la realtà nazionale perché sciascianamente indice e metafora di fenomeni più complessi e generalizzati.

Nell’Umbria tradizionalmente, e con varie gradazioni, "rossa", in cui, a causa del disinteresse degli enti locali e della mannaia di un’associazione finanziata da questi e monopolizzatrice come la Tavola della Pace (come se la pace fosse esclusivamente appannaggio di un organismo burocratico appositamente predisposto), si incontrano difficoltà, a quanto pare insormontabili, per promuovere ad Assisi per l’otto agosto, giorno dell’inaugurazione a Pechino dei giochi olimpici, un’iniziativa internazionale per l’autonomia del Tibet e la democrazia in Cina, può capitare di imbattersi in una vicenda a dir poco inusuale.

Di che si tratta?

Mons. Vincenzo Paglia, dinamico vescovo di Terni, Narni e Amelia, nonché guida della Comunità di Sant’Egidio, ha avuto l’idea di convocare per il 14 giugno (il 13 giugno 1944 Terni veniva liberata dal nazifascismo) gli "stati generali cittadini" in vista anche, inutile nasconderlo, delle elezioni amministrative del prossimo anno.

Il dibattito verterà sul tema "Una responsabilità comune per il futuro della città" e mirerà ad "individuare quali sono i pesi che ci impediscono di crescere, e trovare il coraggio di gettarceli alle spalle". La Commissione pastorale diocesana, presieduta dallo stesso prelato e composto da trentaquattro membri "laici" e "religiosi" si è pronunciata chiaramente: "Non si deve dare spazio al sentimento antipolitico – ha scritto in una nota- perché la città ha bisogno di una politica forte e responsabile, di una politica che decida. Però dobbiamo abbandonare la convinzione che la politica sia il vertice della città, che il futuro di Terni sia in mano ai politici. Il futuro di Terni è in mano alla scuola, alle imprese, all’università, alla ricerca scientifica, alle associazioni, alle famiglie, ai gruppi professionali, alle comunità religiose e anche – certo – alle sue istituzioni politiche. Purché tutte queste realtà facciano i conti con il bene comune, non si accontentino della semplice distribuzione di quanto c’è ma cooperino alla produzione di nuove e abbondanti risorse (economiche, sociali, culturali, spirituali) da mettere a disposizione di tutti". E ancora: "Dobbiamo prendere congedo dalla cultura del declino – afferma la Commissione – Le città possono anche morire, pur restando geograficamente in piedi. Ma le città possono anche reinventarsi, abbandonando l’idea del declino e abbracciando quella del rilancio".

Una bella sfida, non c’è che dire, ma anche uno schiaffo sonoro dato alle istituzioni cittadine e ai partiti perché, senza mezzi termini, si sancisce un ruolo tutt’altro che meramente religioso della Chiesa e, nello stesso tempo, si avvalora una sfiducia bell’e buona nei confronti delle istituzioni civili.

Al di là delle migliori intenzioni, che senz’altro ci sono e vanno apprezzate, è legittimo avanzare perplessità, soprattutto se si tiene conto che in ballo ci sono anche questioni scottanti come, in primis, lo smaltimento dei rifiuti, la compromessa situazione ambientale, l’immigrazione, l’istituto di ricerca sulle cellule staminali adulte, fortemente voluto a Terni dal vescovo, diretto da Angelo Vescovi e sostenuto anche da una fondazione presieduta da Enrico Garaci, e il costituendo di centro di ricerca sul cancro alla mammella a Villa Palma (l’intera area della residenza cinquecentesca sarà interamente recuperata, con importo previsto di dieci milioni, di euro tramite un impegno congiunto tra amministrazione comunale, la società di gestioni immobiliari "Spoleto credito e servizi", il cui pacchetto azionario è totalmente in mano alla Fondazione Banca popolare di Spoleto, e la organizzazione di ricerca medica e scientifica Human Health
Foundation).

Ci si sarebbe aspettata una reazione non pregiudizialmente polemica, per carità, da parte delle forze politiche e dei massimi rappresentanti istituzionali ma quantomeno diversificata. E, invece, niente di niente. Il coro è stato unanime e il sindaco (PD ovviamente), che avrebbe dovuto sentirsi in un certo senso investito e "imbarazzato" da questa inedita occasione di confronto politico (una sorta di "concilio cittadino", come qualcuno l’ha chiamata), ha espresso parole lusinghiere precisando che non si tratta affatto di un
atto di ingerenza da parte della Chiesa.

"Il termine ingerenza è fuori luogo – ha affermato- e chi parla di supplenza dice una cosa ingiusta". Si vuole, invece, ha aggiunto "una spinta verso l’innovazione e lo sviluppo per uscire fuori dal galleggiamento", tramite "un’iniziativa limpida e che non si presta a strumentalizzazioni".

Un giornalista, riportando le parole pronunciate nel corso di un’apposita conferenza stampa, ha fatto notare il lapsus freudiano in cui il primo cittadino, preso dalla foga dell’eloquio, è caduto almeno
due o tre volte confondendo "vescovo" con "sindaco"…

Francesco Pullia

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