Della pochezza

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Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.

Nel 2010 siamo ancora alla richiesta della censura, allo scandalo dell’offesa alla divinità (quale?), all’auspicare la pubblica abiura.

La storia delle bestemmie di Antonio Rezza, anzi della bestemmia stando alle ultime versioni, ha travalicato fin da subito i confini del buon senso e della razionalità e adesso è sfociata in un fiume di parole sui giornali locali di oggi che farebbe cascare le braccia (metafora per evitare il turpiloquio) anche ad un lettore degli anni venti.

La sintesi degli eventi: Antonio Rezza bestemmia sul palco durante il suo spettacolo inserito nella rassegna Es.terni, il giornalista Arnaldo Casali e il giornale per cui lavora (il Giornale dell’Umbria) stroncano senza pietà lo spettacolo mettendo all’indice il turpiloquio e l’osceno atto di aver mostrato i genitali in pubblico. Ma se Casali lo fa in un articolo pacato (per quanto poi si scopra che era impreciso, inevitabilmente verrebbe da dire visto che il Casali non aveva visto lo spettacolo, in realtà Rezza sembra che i genitali non li abbia mostrati almeno non palesemente) il corsivo non firmato in prima pagina arriva a dire che Antonio Rezza “è un caso da neuro-deliri”. Le reazioni politiche ispirate da questa coraggiosa denuncia non si fanno certo attendere, nello stesso giorno di uscita del quotidiano il prode assessore comunale Brizi diffonde una nota in cui partecipa a uno degli sport più in voga in città ovvero sparare sull’assessorato alla Cultura chiedendo addirittura le dimissioni di Guerra reo di spendere soldi pubblici per insultare il sentimento religioso (si mormora in città che la prima bozza della nota chiedeva anche il rogo pubblico per il blasfemo attore), il giorno dopo si scatena la baraonda anche sugli altri giornali che vistosi superare in bassezza dal Giornale dell’Umbria corrono ai ripari riproponendo e ampliando la polemica, si distingue il Corriere dell’Umbria che pubblica anche parte della risposta (privata) di Rezza a Casali.

Nella baraonda si uniscono al coro dei perbenisti e moralisti anche i radicali ternani, che evidentemente sono garantisti verso i neofascisti ma non hanno pietà per chi commette il gravissimo reato di bestemmiare in pubblico (ehh… cosa non si farebbe per rimarcare il proprio anticomunismo).

Sarà un caso che l’unico a difendere pubblicamente Rezza sia un cattolico dell’UDC, D’Antonio, che stranamente (rispetto a tutti gli altri, intendo) parla DOPO aver visto lo spettacolo?

A questo punto ci sarebbe da chiedersi, ma davvero basta bestemmiare per andare sui giornali? O sarà che qui a Terni non abbiamo mai visto, letteralmente, un cazzo?

Alessandro Chiometti

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