Festeggiamo un grande illuminista: Ludwig Van Beethoven

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Stieler, Joseph Karl: Beethoven mit der Missa solemnis Ölgemälde, 1819

Per noi laici – agnostici ed atei – razionali e neo-illuminati è sempre bello quando si presenta una giusta occasione per commemorare un grande illuminista del passato. E l’occasione si presenta quest’ anno – eccome! –  con la figura di Ludwig Van Beethoven, del quale viene festeggiato il 250° anniversario della nascita.

Il piccolo Ludwig venne alla luce il 16 dicembre 1770 a Bonn, nel Principato Elettorato di Colonia (Köln) e fu battezzato il giorno successivo con il nome di suo nonno paterno Lodewijck Van Beethoven. “Ludwig”  infatti è l’omologo tedesco del fiammingo “Lodewijck”, ma anche la preposizione “VAN” (e non la tedesca “von”) nel cognome della famiglia tradisce già le radici fiamminghe di essa.

La stirpe Van Beethoven era infatti proveniente dai Paesi Bassi Meridionali (Spagnoli, Austriaci) – sarebbe a dire dall’ attuale Belgio, ma come mi insegnò correttamente un mio docente di storia : “il Passato va letto con la chiave del Passato ! Le più remote tracce della famiglia si trovano nel paesino di – appunto! –  Bettenhoven (ossia Bettincourt, siccome siamo in un territorio bilingue !) vicino a Liegi.

Nel Cinquecento il settimo bisnonno di Ludwig, Jan Van Beethoven visse nel paesino di Kampenhout, vicino a Lovanio, e nel Settecento suo bisnonno Michiel Van Beethoven era un fornaio a Malines (Mechelen), una piccola cittadina fra Bruxelles ed Anversa, dove nacque in seguito nonno Lodewijck.

Lodewijck Van Beethoven (1712-1773) cantava sin da bambino alla Scuola di Canto Corale della Cattedrale di Malines e ci si impegnò dopo anche allo studio dell’ intavolatura, del basso continuo, dell’ organo e del clavicembalo. Divenne cantante e maestro di capella alla Chiesa Madre di Lovanio (Leuven) e poi alla Cattedrale di Liegi, dove fu “scoperto” dal Principe Elettore ed Arcivescovo della vicina Colonia, il quale lo nominò alla sua Corte di Bonn.

Pappà Johann Van Beethoven (1740-1792), un cantante soltanto mediocre alla Corte di Bonn,  si rese conto dell’ eccezionale talento di suo primogenito Ludwig e decise di affidare la sua formazione musicale e culturale a dei maestri e professori esterni, fra cui il più significativo fu Christian G. Neefe.

Christian Gottlob Neefe era organista titolare alla Corte di Bonn nonchè compositore di numerose opere per il teatro lirico, ma anche un noto intellettuale dei suoi tempi, progressista ed appartenente ai movimenti degli Illuminati e dei Mansonici. Con lui il giovane Ludwig conosce gli ideali dell’ Illuminismo e della Rivoluzione Francese nonchè il pensiero umanistico del poeta, autore di teatro, filosofo e storico Friedrich (von) Schiller.

Ludwig Van Beethoven abbraccia con ardore le neo-conosciute idee e le farà sue per la sua vita intera :

  • la libertà di pensiero e cioè l’ uso libero della ragione per uscire autonomamente dall’ ignoranza
  • la libertà d’ azione e cioè l’autodeterminazione per uscire autonomamente dall’ impotenza
  • l’ uguaglianza sociale, cioè senza la distinzione fra individui con più ed altri con meno diritti
  • la giustizia, cioè la garanzia che la legge verrà applicata senza arbitrarietà

E incorpora le nuove Idee Illuminate in molti dei suoi capolavori.

Nel 1790, appena dicianovenne ma già  incantato appassionatamente dal poema schilleriano “Ode An die Freude” (Inno Alla Gioia), ne usa alcuni versi nella Kantate auf den Tod Kaiser Josephs II, WoO.87″ (Cantata sopra la Morte dell’ Imperatore Giuseppe II) ; e più tardi nello stesso anno compone la “Kantate auf die Erhebung Leopold II zur Kaiserwürde, WoO.88” (Cantata sopra l’ Ascensione  dell’ Imperatore Leopoldo II).

Non a caso Van Beethoven coglie subito l’occasione per rendere omaggio al deceduto Imperatore austriaco e al suo Successore. Infatti, entrambi Giuseppe II Imperatore e suo fratello minore Pietro Leopoldo Granduca di Toscana erano Sovrani Illuminati e come tali si impegnarono a costruire forti Stati laici basati sui principi della libertà, dell’ uguaglianza e della razionalità.

Giuseppe II limitò notevolmente l’ influenza della Chiesa Cattolica con numerosi interventi laici-razionali – come l’istituzione del matrimonio civile o il collocamento dei cimiteri fuori dai paesi – e il fatto che i decreti imperiali furono applicati anche nei Paesi Bassi Austriaci di suo nonno Lodewijck avrà senz’altro coinvolto Maestro Van Beethoven maggiormente ! Pietro Leopoldo invece al 30 novembre 1786 promulgò il Codice Leopoldino – per cui i toscani oggigiorno in quella data festeggiano la Festa della Toscana – con cui abolì numerosi relitti di giurisprudenza medievale fra cui la pena di morte.

Con il suo balletto “Die Geschöpfe des Prometheus“ (Le Creature di Prometeo) invece Ludwig Van Beethoven propone un Prometeo eroe che porta la Luce della scienza e dell‘arte ad un‘Umanità ancora sommersa nelle tenebre dell‘Ignoranza.

Nella sua unica opera lirica  “Fidelio” il grande maestro racconta la storia di Leonore,  che libera il suo amato da una prigioneria e da una pena di morte inflitte arbitrariamente per essere “scomodo”, non in linea con un nobile potentissimo.

Con la musica di scena per “Egmont” di Johann Wolfgang (von) Goethe, Van Beethoven racconta la tragica vicenda – nei Paesi Bassi Spagnoli dei suoi propri avi cinquecenteschi – dei Conti Egmont e Hoorne, i quali supplicarono il cattolicissimo Re Filippo II ripetutamente di concedere la libertà di religione, ma che furono invece giustiziati alla Grand Place di Bruxelles. La loro morte scatenò l’ insurrezione popolare che avrebbe condotta alla tragica Secessione dei Paesi Bassi e alla conquista della loro autodeterminazione – almeno nella parte settentrionale libera di Essi.

Ventisette anni dopo, nel 1595 – ironicamente e tragicamente – fu arsa al rogo in quella stessa Grand Place bruxellese accusata di stregoneria dall’ Inquisizione spagnola Josyne Van Beethoven, proveniente da Kampenhout (presso Lovanio) e che fu la settima bisnonna del geniale Ludwig !

Ma la testimonianza più esplicita della passione beethoveniana per gli ideali dell’ Illuminismo e dell’Umanismo espressi dalla Rivoluzione Francese nella “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino” è senz’altro la sua Terza Sinfonia soprannominata “Eroica”.

L’ opera fu sin dall’ inizio composta come un omaggio al generale repubblicano Napoleone Bonaparte, che incarnava e diffondeva attivamente in Francia e nell’Europa intera i valori razionali ed illuminati, cosa di particolare fascino per Van Beethoven.

Nel frontespizio del manoscritto della sua sinfonia il Maestro scrisse esplicitamente la dedica a Napoleone e prese anche in considerazione la possibilità di soprannominarla “Bonapartiana”. Sarà solo quando Napoleone tradì i valori stessi repubblicani coronandosi “Imperatore francese” che Van Beethoven furioso e profondamente deluso nell’ uomo cancellerà con violenza la dedica sostituendola con le parole “Sinfonia Eroica, composta per festeggiare il sovvenire di un grand’Uomo”.

La presenza di una marcia funebre – cioè: il secondo movimento della sinfonia – è un altro omaggio alla Rivoluzione francese. La marcia funebre è un elemento tipicamente rivoluzionario, in quanto vuole essere un’ alternativa laica dello Stato alla onnipresenza dei canti sacri della Chiesa Cattolica strappandole de facto il monopolio sulla Morte durante rito per il defunto.

Un ultimo omaggio alla Rivoluzione francese Van Beethoven lo fa con l’ orchestrazione delle sue sinfonie – questa e tutte !  “Beethoven usa troppi strumenti a fiato, sembra musica da fanfara e musica militare!” scrisse un critico nella Vienna della sua epoca. Si trattava invece proprio del nuovo stile di musica che Van Beethoven aveva conosciuto all’ Ambasciata francese entusiasmandosi molto per il nuovo uso degli strumenti a fiato spesso virtuoso come in certe composizioni francesi.

Solo nel 1824 –  trentaquattro anni dopo il primo timido uso di alcuni dei suoi versi nella “Cantata sopra la Morte dell’ Imperatore Giuseppe II il grande Ludwig Van Beethoven – ormai oltre cinquantenne – decide di incorporare il poema e capolavoro illuministico  “Ode An die Freude” di Friedrich (von) Schiller interamente nella sua Nona ed ultima sinfonia e cioè sotto forma di quel maestoso canto corale con cui la conclude.

L’opera fu in sè il compimento di un atto rivoluzionario, in quanto mai prima nella storia della musica era stata inserita in una sinfonia come “strumento” la stessa voce umana !

Marc Simons

6 Luglio 2020   |   articoli, storia   |   Tags: , , ,