TAV: Il credente non può chiamarsi fuori

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Da http://www.beppegrillo.it/2005/12/la_voce_della_v_2.html

Pubblico la lettera di un francescano della Val di Susa, Beppe Giunti,
è lunga, ma vale la pena di leggerla tutta.

"Molti amici della nostra Comunità stanno chiedendomi, a ragione, in
queste ore perché io sia dentro la questione TAV, perché abbia
marciato da Bussoleno a Susa, perché ieri mattina a Bussoleno mi sia
posto in mezzo tra un reparto di polizia che tornava dal blitz
notturno e la folla di persone comuni che voleva restituire
manganellate e insulti.
Il motivo principale è che la fede cristiana non è una astrazione, una
filosofia, ma la sequela di un Dio che si fa uomo, in un preciso
contesto temporale e culturale. L'incarnazione è uno dei misteri
principali della fede e il criterio centrale della sequela di Cristo.
Ne deriva che il credente non può "chiamarsi fuori" dalle situazioni
che hanno in gioco valori, di qualsiasi tipo. La fede quindi non può
avere una dimensione privatistica. In questi mesi sia l'insegnamento
di papa Benedetto sia alcuni interventi della CEI ce lo hanno
ricordato a proposito di chi vorrebbe la Comunità cristiana muta su
interrogativi pesanti (matrimonio, usura, coppie di fatto).
Non ci sono dubbi per il credente: ogni realtà che coinvolga a vario
livello scelte "umane" lo deve trovare presente.

Seconda motivazione, la grande e importante questione del treno ad
alta capacità di trasporto merci (non è infatti principalmente treno
ad alta velocità passeggeri, TAV è solo uno slogan per ambedue gli
schieramenti pro o contro, la posta in gioco è se tenere gli scambi a
sud delle Alpi tramite Genova e Marsiglia e Barcellona o lasciarli a
nord su Rotterdam) tocca questioni del tipo suddetto?

Ritengo di sì: il metodo (democrazia partecipata che coinvolge i
soggetti intermedi per il principio di sussidiarietà) è stato
rovesciato (decisione di vertici economici-finanziari poi firma
politica internazionale), al centro è stato messo il mercato non le
persone; l'idea di "progresso" che viene esposta nei documenti "pro"
non parla mai di qualità di vita ma di accrescimento di ricchezza; non
è stato affidato ad un centro indipendente uno studio preliminare
sulle conseguenze ambientali, economiche (del tipo: bilancio in
passivo come per il tunnel della Manica per quante annualità?); la
dimensione finanziaria dell'opera non esige che ci si chieda se in
altro modo non si ottengono risultati equivalenti?

Le analisi tecniche che sono state elaborate da Enti su richiesta
delle Comunità Montane della Valle sono disponibili da dieci anni, ora
i cittadini hanno la percezione di non contare nulla.

Ho ritenuto inoltre che una mia presenza, come quella di tanti altri
sacerdoti, sindaci, docenti dei licei della Valle, esponenti
dell'associazionismo avrebbe potuto attenuare lo scontro mantenendolo
in ambito di rispetto, ascolto, democrazia. Alla marcia dei 50.000 ho
partecipato perché non era partitica, ma tenuta insieme dal sindaci
che sono l'anello più vicino a me della Nazione; un ecclesiastico non
può aderire a movimenti politici né iscriversi a partiti; ma qui si è
trattato di un fatto di cittadinanza.

Purtroppo i fatti di ieri notte a Venaus, e prima molte dichiarazioni
di persone responsabili del bene comune (questo io credo debba essere
il nome nobile da riconoscere ai politici, per esempio il ministro
Lunardi), il silenzio decennale della stragrande maggioranza degli
organi di informazione nazionale ed ora il loro interesse
folkloristico (i cartelli della marcia, i manganelli, i falò, la
stanchezza dei poliziotti, la polenta ai presidi di Venaus), la scelta
del responsabile del bene comune sotto il profilo dell'ordine pubblico
(ministro Pisanu) di militarizzare la Valle e di ordinare il blitz
(svoltosi con metodi vecchi da anni '50, – Scelba docet? – di notte in
silenzio ordinando ai fotografi di andare via, con l'insinuazione e
pretesa giustificazione circa la presenza di infiltrati anarchici o
comunque violenti, mai visti in Valle in questa occasione e che
tuttavia sono spuntati a Torino dopo il blitz), la reazione emotiva
dell'intera popolazione (ieri mattina sulla macchina del comune di
Bussoleno con il microfono abbiamo fatto fatica – un sindaco un
partigiano conosciuto qui e io – a frenare la violenza fisica) che
impedisce di ragionare sui fatti sui dati e non sugli slogans; tutto
questo rende faticoso star dentro la questione.

Ritengo di aver fatto e di dover continuare a fare questa piccola cosa
perché sono frate, cristiano e cittadino.

Una riflessione finale, sfuggita ai più: l'intensità di riunioni,
circolazione di documenti, confronti in piccoli gruppi e in assemblee,
il mescolamento di identità culturali politiche religiose avvenuto in
questa occasione manifesta qualcosa – al di là che si faccia o no
questo monstrum ingenieristico – che punta diritto al ripensamento di
quale modello di sviluppo vogliamo per le generazioni future; in
questo la tradizione cristiana ha molto da dire (vedi le catechesi sul
nostro continente di papa Giovanni Paolo II) perché in particolare
l'Europa non sia quella dei mercati ma quella dei popoli,
perché lo spreco di energie diventi utilizzo ragionevole delle
risorse, perché il consumo non sia il nuovo idolo al quale bruciare
l'incenso.

Mentre scrivo, dopo aver di nuovo percorso le strade e aver incontrato
decine e decine di persone comuni non terroristi posso riassumere il
sentimento della popolazione con la parola "offesa", per non essere
stata ascoltata, per essere stata trattata come si usa con delinquenti
violenti, per non essere stata capita.

Io sono stato offeso – ad un bivio per Mattie da Bussoleno – da uomini
in divisa della mia Nazione e dopo essermi fatto riconoscere
(testuale: "sei un animale, porta via queste bestie, io sono lo
Stato…") mentre tentavo una mediazione limitata e che poi ha protetto
proprio un gruppetto di poliziotti, ma voglio ricordare l'insegnamento
di san Francesco: l'insulto fa male a chi lo lancia, non a chi lo
riceve.
Grazie se fate circolare, grazie se rispondete, grazie se ci aiutate a
ragionare anche con critiche documentate e contrarie a quanto qui ho
esposto."

Fra Beppe Giunti, frate Guardiano del convento di San Francesco di Susa

11 Dicembre 2005   |   articoli   |   Tags: