Sugli zingari il mea culpa della Chiesa [La Stampa]

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CITTÀ DEL VATICANO. «Mea culpa» della Chiesa nei confronti degli
zingari: in un documento che verrà presentato oggi, il Pontificio
Consiglio per i migranti e gli itineranti riconosce che «salvo
lodevoli eccezioni, a volte pure coraggiose, la Chiesa non è stata
esente da un atteggiamento diffidente verso la popolazione zingara. In
gran parte essa ha condiviso, nei suoi figli e figlie, il cumulo di
pregiudizi che erano considerati invece, sicura conoscenza».
 

Il testo, che costituisce un manuale e ha il titolo di «Orientamenti
per una pastorale degli zingari» contiene, secondo l'anticipazione
dell'Ansa, un impegno «senza tentennamenti» a favore di questa
popolazione nomade per contribuire a superare la loro emarginazione.
Oggi il cardinale Stephen Fumio Hamao e l'arcivescovo Agostino
Marchetto, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio
Consiglio, ne illustreranno le caratteristiche; ma il documento
disegna un quadro completo delle difficoltà di rapporti fra «zingari»
e «gagi» (cioè i non zingari). E' un popolo che è stato segnato
profondamente «dalla diversità», proveniente dai paesi più poveri
dell'Europa centrale e dei Balcani, vittima all'arrivo nei Paesi più
industrializzati di «reazioni di rifiuto»: «Per essere visti come
stranieri e mendicanti insaziabili» furono messi al bando. Si parla di
pregiudizi culturali che dipingono lo zingaro come «un parassita», che
per lo più «vive sulle spalle dei sedentari».

Il documento vaticano ricorda anche come la deportazione e lo
sterminio di centinaia di migliaia di zingari in epoca nazista sollevò
«solo proteste isolate»; e nel corso della storia il pregiudizio
«provocò persecuzioni che si giustificarono quasi come misura
sanitaria contro un'epidemia». Ma in generale anche nella Chiesa la
tentazione è quella di ignorare la loro esistenza: «Troppe volte la
comunità cattolica cade nella tentazione di scaricare su qualche
sacerdote o laico, spesso ritenuto magari persona originale, le
difficoltà e il peso di questo compito»; e invece gli zingari sono,
nella visione vaticana – un popolo «abbandonato dagli uomini ma non da
Dio», e quindi da aiutare e sostenere. Ma anche aiutarli non è
semplice. Infatti la cultura particolare degli zingari «è tale da non
rendere a loro consona un'evangelizzazione dall'esterno, facilmente
giudicata come un'invadenza».

E allora la proposta è che «la Chiesa deve diventare in un certo senso
essa stessa zingara». In pratica, «ciò porta a prospettare un
atteggiamento pastorale improntato alla condivisione e all'amicizia
per cui risulta importante per gli Operatori pastorali immergersi
nella loro forma di vita e condividerne la condizione»: cioè dei veri
e propri missionari zingari.

Da La Stampa del 28/2/2006

28 Febbraio 2006   |   articoli   |   Tags: