San Privilegio prega per noi

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Chissà se si riempiranno le chiese di  gente che affida il portafoglio vuoto alla verginemaria, o se gli italiani cadranno in massa nelle perverse maglie del superenalotto e del poker online rincorrendo una più che improbabile vincita che risolva in una botta sola il problema della pensione e del lavoro, della casa e del figlio di quarant’anni che sta ancora con mammà. Questi i possibili scenari che traspaiono dietro a una manovra economica volta a colpire lavoratori già al limite del tracollo economico e non chi considera le tasse un problema solo degli altri.

 In altre parole a pagare, come sempre, sarà chi è già dentro al sistema fiscale (lavoratori dipendenti e parte di quelli autonomi) e non chi ne è fuori – perché le tasse non le ha mai pagate – o borderline – perché dichiara 30mila euro al fisco invece di 150mila. Queste ultime fasce di popolazione, mai degnamente perseguite, producono un’evasione fiscale stimata intorno ai 370 miliardi di euro l’anno* ogni anno. Cosa sono i 24 miliardi di manovra economica che il parlamento si accinge ad approvare in confronto? La misura attualmente prevista contro l’evasione, il divieto di pagamento cash sopra i mille euro, appare gravemente insufficiente. Dobbiamo ricordare noi ai professori di questo governo che ogni cifra superiore si può dividere in tranche da 990 euro al massimo? O che molte tra le categorie produttrici di reddito in nero difficilmente arrivano a emettere ricevute per una cifra simile o superiore? Mistero, poi, su quale sarebbe l’incidenza della norma sulla consueta proposta “sconto o ricevuta?” che ognuno di noi si sente fare, spesso felice di poter risparmiare, dal dentista o dall’idraulico.

Eppure, i sistemi per combattere davvero l’evasione fiscale, se ce ne fosse la volontà, ci sono. Senza bisogno di una laurea in Economia alla Bocconi – che chi scrive non ha – viene in mente un rimedio davvero banale, forse troppo per chi è abituato a masticare spread e mibtel a colazione. Se per ogni scontrino o ricevuta il contribuente italiano ottenesse uno sgravio percentuale sulle tasse, chi non li chiederebbe al panettiere, al parrucchiere o all’oculista? Come al solito non c’è bisogno di inventare l’acqua calda, basta solo alzare gli occhi e copiare da quelli che hanno già affrontato il problema. Nel caso gli Stati Uniti, dai quali con tutta evidenza preferiamo invece importare i fast food.

Prendiamo atto che questo governo non intende affrontare la piaga dell’evasione fiscale, reputando più congruo spremere i lavoratori dipendenti, con buona pace delle lacrime del ministro Fornero. E quella del privilegio? Nonostante la proverbiale memoria corta degli italiani, qualcuno ricorderà che nello scorso agosto, con un governo Berlusconi  in caduta libera, ci fu un momento in cui non solo i privilegi della politica (ai quali questo governo si appresta a mettere solo  un simbolico limite), ma anche quelli della Chiesa cattolica arrivarono, forse per la prima volta nella storia repubblicana, sulle prime pagine di tutti i giornali. In pole position l’esenzione Ici per gli immobili ecclesiastici, quelli, per intenderci, utilizzati anche con finalità commerciali (alberghi, cliniche, scuole, circoli). L’Europa, quella stessa che oggi ci impone lacrime e sangue, ne aveva chiesto conto un anno fa ventilando una condanna all’Italia per indebiti  aiuti di Stato.
I cittadini italiani, secondo la ricetta Monti, si troveranno a pagare nuovamente l’Ici e in misura maggiore, ma l’assurdo privilegio riservato agli immobili di proprietà vaticana rimane. Insieme, naturalmente, a otto per mille, finanziamento alle scuole paritarie, ora di religione, contributo degli Enti locali. Tutti capitoli di spesa che il nuovo governo, in perfetta continuità con il vecchio, non osa toccare. Ma a quanto ammontano questi privilegi? Poche e sommarie, finora, le stime delle concessioni economiche e fiscali a Oltretevere, tra le quali spicca l’indagine condotta da Curzio Maltese per Repubblica nel 2007.

Da oggi, però, l’Uaar (Unione degli atei e degli agnostici razionalisti) rende disponibile a tutti i cittadini un dossier sui finanziamenti pubblici alla Chiesa. Sul sito icostidellachiesa.it potremo conoscere le spese dello Stato e quelle degli Enti locali, in parole povere quanto costa, a tutti i cittadini, la Chiesa cattolica. «Al primo posto troviamo l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole – dichiara Raffaele Carcano, segretario dell’Uaar, a Cronache Laiche – che ammonta a circa 1,5 miliardi di euro l’anno. Subito dopo i proventi dell’otto per mille, con  1 miliardo l’anno, e al terzo posto i finanziamenti alle scuole paritarie cattoliche che, tra la quota statale (260 milioni di euro circa sui 500 dedicati a tutte le paritarie) e quella erogata dalle amministrazioni (400 milioni circa), arrivano a 660 milioni di euro l’anno». L’indagine più complessa, come  ci dice lo stesso Carcano, è risultata proprio quella sulle erogazioni degli Enti locali, eseguita a campione:  «E’ una voce destinata a crescere con il contributo dei cittadini e di quanti – i professionisti del settore, ad esempio – possono fornire dati attendibili». Ma in ogni caso è interessante il totale, che supera i 6 miliardi di euro l’anno.

Non c’è bisogno di essere dei fiscalisti per arrivare a capire che tra i 24 miliardi di euro della manovra i 2,5 che si vogliono sottrarre alla Sanità per il 2012 – andando ad aumentare la sperequazione sociale tra chi può permettersi cure private e chi no – potrebbero essere prelevati immediatamente dai “favori fiscali” che facciamo annualmente al nostro ospite straniero, il Vaticano, e senza intaccare il diritto alla salute dei cittadini. E non ci venite a dire che il papa non sarebbe d’accordo: non è proprio la Chiesa a promuovere i principi di solidarietà e fratellanza per i deboli e gli indifesi?

* Dati 2010 di Krls Network of Business Ethics

Cecilia Maria Calamani – Cronache Laiche

7 Dicembre 2011   |   articoli, attualità   |   Tags: , , , , ,