Risposta della Lista Comunista (PRC – PDCI – Socialismo 2000)

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L’impegno della Lista Comunista verso i nuovi diritti

In questi ultimi anni si è registrato l’accumularsi di gravi ritardi nella nostra nazione rispetto al riconoscimento ed alla tutela della dignità personale. Si tratta di un processo regressivo che investe la condizione di esistenza della stessa società civile stessa e che allo stesso tempo viene da lontano; il lento ma inesorabile decadimento dei diritti sociali ha portato con sé quello dei diritti civili, al punto che sembra ormai naturale la definizione dei gruppi umani vecchi e nuovi in base ad un prototipo di normalità privo di esistenza reale. 

Ciò risponde indubbiamente ad una ben precisa visione della società, che vorrebbe fissare le regole del vivere comune una volta per sempre; questa pretesa di scolpire nel tempo ciò che invece dal tempo può solo esser tratto e riconosciuto per quello che è rappresenta il maggiore ostacolo ad ogni ipotesi di trasformazione sociale.

Al contrario non c’è vera civiltà, vero sviluppo, se non si parte dal riconoscimento della persona umana nella sua individualità concreta, fatta di bisogni e di aspettative, di passioni e di azioni. In questo senso la visione dinamica del diritto e della storia diviene feconda sia dal lato dell’analisi che da quello della proposta politica.

Ogni diritto negato diventa un terreno di scontro senza regole, dove la speculazione politica riesce puntualmente a far passare le rivendicazioni di molti come dei capricci di pochi, costruendo così quella maggioranza silenziosa tanto cara al potere; ciò che viene mistificato come uno spreco di risorse o un dettaglio da niente è invece il vissuto quotidiano di milioni di persone. Contro la logica della frammentazione e della repressione va riaffermato invece il diritto ai diritti, che si concretizza nel riconoscimento reciproco e nell’attivazione di misure tese a consentire il pieno dispiegamento della propria individualità. Sotto questo profilo diviene decisivo all’interno dell’Amministrazione inaugurare una stagione di rivendicazioni di portata nazionale e realizzare interventi significativi sull’esistente.

Abbiamo avuto modo di far nostre le tematiche proposte sia all’interno del nostro programma che in occasione degli incontri con le altre forze politiche della coalizione, integrandole con altre problematiche fondamentali: la questione femminile, quella degli stranieri, il diritto all’educazione socio-affettiva, i diritti umani. Per la disamina di questi aspetti si rimanda quindi al sito www.listacomunista.org dove è possibile scaricare per intero il programma. 

Sala del commiato e forno crematorio:

Nel territorio provinciale manca tutt’oggi uno spazio in cui sia possibile salutare il proprio defunto in assenza di simboli religiosi. A ciò si aggiunge l’assenza di un forno per la cremazione. Ciò costringe i parenti a trasferire il defunto in altre città vicine per lo svolgimento di questa usanza, con tutte le conseguenze in termini di costi e disagi. Occorre pertanto adibire uno spazio apposito per il commiato laico, che consentirebbe ai parenti di celebrare i propri cari con la dovuta dignità. Allo stesso tempo va verificata la possibilità di realizzare anche a Terni un forno per la cremazione, magari valutando l’ipotesi di ripristinare, con le dovute modifiche, il forno per l’incenerimento sito nell’azienda ospedaliera ternana. 

Coppie di fatto:

In Italia la convivenza non è, al momento, disciplinata da nessuna legge nazionale specifica, ma solamente dal diritto civile. Ciò vuol dire che la situazione delle coppie di fatto (che esse siano eterosessuali o omosessuali) rimane indefinita e i due partner rischiano di vedersi negati alcuni diritti fondamentali.

Segue un breve ma significativo elenco di ciò che non è possibile avere o chiedere:


    1. se uno dei due partner ha bisogno di un intervento medico l’altro non può autorizzarlo, visto che non figura come parente.

    2. Il convivente non può chiedere permessi di lavoro se il partner si ammala.

    3. Il convivente che collabora all’impresa dell’altro non ha nessun diritto, a meno che non abbia un contratto di società o di lavoro dipendente.

    4. Se la convivenza termina, il convivente in stato di bisogno non ha diritto a nessun sostegno economico da parte dell’altro.

Nel 2006 è stata riformata la normativa relativa all’affidamento dei minori: mentre la legge precedente distingueva tra figli di coniugi e di coppie di fatto, la nuova legge fa riferimento alla parola genitore per abbracciare tutti i figli, anche di coppie conviventi non sposate, tutelando le relazioni di tutti i figli con i loro genitori naturali. Tuttavia l’applicazione della legge riscontra notevoli divergenze, in particolare tra il tribunale dei minori e il tribunale ordinario, anche nella stessa città; di questa situazione, ovviamente, a pagare il prezzo maggiore sono proprio i minorenni.

Il comune di Terni ha già disposto l’attivazione di un registro delle coppie di fatto; tuttavia l’assenza totale di una campagna di informazione, ha lasciato questo diritto privo dei più elementari diritti di cittadinanza.

Il dibattito pubblico ha ridotto la questione a prerogative degli omosessuali, nell’intento di ridimensionare il fenomeno della convivenza (che coinvolge invece una varietà di figure: studenti, anziani, coppie eterosessuali, ecc) e porlo così in contraddizione con l’istituzione matrimoniale che di fatto rimane l’unica “libera” scelta. Al contrario va riaffermato con forza il ruolo del registro, a cui possono iscriversi tutte le coppie. A tal fine sono necessarie delle misure concrete, tese a rendere effettiva l’esistenza del registro stesso e il  godimento dei diritti.

  • Attivazione di una campagna di informazione e di divulgazione adeguata e diffusa sul territorio, di cui deve prendersi carico tutta l’amministrazione.

  • Equiparazione della condizione di coppia di fatto a quella matrimoniale per quanto riguarda tutte le misure di sostegno già esistenti e quelle future: accesso alla casa, pagamento delle aliquote comunali, trasporti, beni culturali, ecc.

  • Garantire in caso di cessazione della convivenza il godimento da parte di entrambi i membri della coppia delle prerogative economiche e sociali riconosciute ad ogni altra unione.

  • Scongiurare l’amplificazione del conflitto genitoriale, favorendo il coordinamento fra il tribunale dei minori e quello ordinario e più in generale predisponendo, ove possibile, percorsi di sensibilizzazione e preparazione all’affido congiunto sia per le coppie che per il minore.

Testamento biologico:

Drammatici casi individuali hanno richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica sul principio dell’autodeterminazione e sulla estensione e i limiti del consenso informato. In realtà l’affermarsi del principio della libertà e della volontarietà delle cure sancito dagli artt. 13 e 32 della Costituzione, il malato, fino a quando conserva le facoltà mentali, ha ogni possibilità di decidere se accettare o rifiutare (“determinate”) cure e terapie. Purtroppo l’interpretazione restrittiva data a questo diritto ha fatto sì che il malato possa solo decidere su interventi, cure e terapie, ma non impedire un (eventuale) “accanimento terapeutico”.

La legge sul testamento biologico approvata recentemente dal governo non fa altro che perpetuare l’ambiguità, in quanto non solo non accoglie la nozione di accanimento terapeutico, ma continua a subordinare al parere dei medici l’esecuzione delle volontà del malato. Al contrario si impone ormai l’esigenza di formalizzare per iscritto il rifiuto del mantenimento in una “vita vegetativa” non desiderata tramite la stesura di un testamento biologico realmente vincolante.

È nostra intenzione fare in modo che le amministrazioni locali si attivino per offrire ai cittadini la possibilità di redigere una dichiarazione contenente l’autodeterminazione personale tesa a rifiutare l’ostinazione in cure estreme non mirate alla guarigione.

A tal proposito il nostro obiettivo è l’istituzione di un registro del testamento biologico, che permetterebbe agli individui di manifestare espressamente la propria volontà e di supportarne l’esecuzione nel caso in cui siano impossibilitati a manifestarla direttamente. 

Trasparenza dell’amministrazione:

La verifica dell’operato delle amministrazioni è un processo difficile e per certi versi inedito. Spesso la lentezza della pubblica amministrazione (in particolare quella ternana, visto che il nostro comune è il 7° in Italia in fatto di lunghezza dei tempi di pagamento) copre pratiche lobbistiche, che poco hanno a che vedere con l’ottimizzazione della gestione delle risorse. La partecipazione può rompere questi circuiti secondo molteplici frangenti: dalla progettazione alla verifica degli interventi, dalla creazione di tavoli programmatici alla costituzione di uffici tecnici realmente competenti. L’apertura delle istituzioni alle comunità necessita quindi di strumenti appositi, che accanto all’accertamento dei risultati ponga anche il controllo delle modalità di esecuzione degli interventi. Per questo l’impegno per la realizzazione di un bilancio partecipato nei vari livelli dell’amministrazione diviene un fattore decisivo di riscontro non solo tecnico-economico, ma anche di merito.

Il bilancio partecipato è un processo nel quale la popolazione contribuisce a stabilire come assegnare una parte delle risorse pubbliche. E’ uno strumento di democrazia nel quale il cittadino diventa un protagonista permanente della gestione pubblica diventando un attore della partecipazione, trasparenza, pubblicità, accessibilità, nonché un fattore di efficacia ed efficienza.

Ci si impegna a far sì che l’Amministrazione comunale, visti anche i vincoli di bilancio, riconosca alle proposte avanzate dai gruppi di cittadini, in collaborazione con le Circoscrizioni, la possibilità di incidere sul 5% del Bilancio comunale per i primi due anni fino ad arrivare, nel quinquennio, al 10%.

Ipotesi di realizzazione.

  1. Le Circoscrizioni di riferimento organizzeranno sul proprio territorio, articolandole per quartiere e frazione, dei gruppi di lavoro tematici di progettazione partecipata, su base volontaria.

  2. I gruppi di lavoro individuano le criticità del quartiere e/o frazione e le relative proposte di intervento.

  3. la presentazione dei progetti al quartiere e/o frazioni, con momenti assembleari di presentazione delle diverse istanze, e l’ideazione di strumenti comunicativi per far conoscere gli stessi progetti sul territorio.

  4. Questa fase si concluderà con la votazione dei progetti e la redazione di una classifica delle priorità da sottoporre alle assemblee di quartiere alle quali parteciperanno rappresentanti del Comune.

  5. Le priorità emerse vengono quindi discusse, verificate la fattibilità e  votate dall’assemblea che sceglie quelle da inserire nel Bilancio Municipale che il Consiglio Comunale approverà.

  6. Seguirà quindi il monitoraggio e il controllo sociale dei cittadini per il rispetto delle regole prestabilite e dell’implementazione delle scelte e nei tempi previsti.

  7. Possono essere oggetto del Bilancio Partecipato tutte le politiche pubbliche o solo le aree tematiche sopra individuate.

Accanto a questo strumento di controllo e di rappresentanza diretta occorre riconoscere delle criticità già presenti. E’ purtroppo certo che a Terni, come in tutta l’Umbria, sta avanzando il fenomeno della colonizzazione criminale del territorio. Infatti l’attuale modello di sviluppo basato sul mattone e sulle 4 C – cavatori, cementieri, costruttori e centri commerciali – non solo produce cattiva occupazione (lavoro nero ed insicuro), non solo tende a distruggere le risorse ambientali, ma permette anche l’infiltrazione mafiosa attraverso imprese edili che riciclano i proventi del traffico della droga e di altre attività illecite.

Le imprese controllate dalle organizzazioni criminali hanno messo le mani sia sull’edilizia privata che su quella pubblica aggiudicandosi appalti pubblici con il sistema del massimo ribasso, arrivando spesso a corrompere funzionari pubblici a tale scopo.

Proponiamo quindi anche a Terni, come alla Regione Umbria, l’istituzione di un Osservatorio Antimafia, da realizzarsi in collaborazione con la Provincia e Prefettura, per impedire alle imprese controllate da organizzazioni criminali di partecipare alle gare per l’affidamento di lavori pubblici o di pubblici servizi in generale; proponiamo altresì che i bandi per le gare d’appalto indichino il pieno rispetto delle norme di sicurezza e del Codice Etico. 

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