Pd, impara da De Gaulle e Zapatero [La Stampa]

Pubblicato da

PIERGIORGIO ODIFREDDI su La Stampa del 15/2/2008

Caro Walter,
ti ho visto mercoledì sera a Porta a porta, e ho gioito del fatto che
questa campagna elettorale prometta di avere altri toni da quelli
urlati e rissosi del passato. Ma ho sussultato quando hai detto: «Io
la penso come l'Osservatore Romano». Perché tu, certamente, ti
riferivi al fatto di lasciar fuori dalla campagna elettorale l'odiosa
strumentalizzazione della moratoria sull'aborto proposta da un
giornalista che si è autoproclamato paladino della vita, nonostante
abbia sostenuto e continui a sostenere le guerre.


Ma io, altrettanto certamente, da osservatore torinese che è
costituente del Pd ma anche parte della squadra di Crozza Italia, mi
sono domandato seriamente quanto tu davvero la pensi come
l'Osservatore Romano, visto che ieri sera hai anche dichiarato che il
motivo per cui i Radicali e i Socialisti rischiano di star fuori
dall'imparentamento elettorale è che «nessun partito ha il monopolio
della laicità». Ora, se tu intendevi parlare in termini prescrittivi,
cioè nel senso che nessun partito può pretendere quel monopolio, di
nuovo sarebbe difficile non essere d'accordo con te: la laicità,
infatti, è l'aria che lo Stato respira, e se l'una non fosse
dovunque, l'altro rischierebbe di soffocare.

Ma se intendevi invece parlare in termini descrittivi, cioè per dire
che i Radicali e i Socialisti non hanno quel monopolio, e che il Pd
sa e vuole esso stesso difendere la laicità, allora qui vorrei
continuare a essere d'accordo con te, ma non so se posso. Perché
all'Assemblea costituente del partito che si riunisce domani verrà
presentato un Manifesto dei Valori che contiene, al riguardo, una
formulazione che io ho contrastato senza successo, e che afferma
papale papale (è proprio il caso di dire) l'esatto contrario della
laicità, e cioè «la rilevanza nella sfera pubblica, e non solo
privata, delle religioni».

E se poi guardiamo ai comportamenti, più che alle dichiarazioni,
allora c'è veramente da preoccuparsi. Perché, cito a memoria e un po'
alla rinfusa, negli ultimi due mesi ti ho visto dapprima omaggiare
l'8 dicembre a Piazza di Spagna, assieme a Gasbarra e Marrazzo, il
Papa che a sua volta omaggiava una statua della Madonna, e poi con la
stessa compagnia subire il 10 gennaio in Vaticano la tirata d'orecchi
dello stesso, che come tutti i Salmi finiva nel Gloria di una
richiesta di maggiore «distribuzione delle risorse» (come se lo Stato
italiano non regalasse già ogni anno al Vaticano una decina di
miliardi di euro: una cifra pari al recentemente
scoperto «tesoretto», che tu giustamente proponi di ridistribuire ai
lavoratori).

Una settimana dopo, il 17 gennaio, ti ho sentito stigmatizzare
all'inaugurazione dell'anno accademico della Sapienza «l'intolleranza
che ha tolto la parola» al Papa. E ho sentito Massimo Cacciari, uno
dei sedicenti laici del Pd, fare appello a tutta la sua nota
sottigliezza filosofica per definire i dissenzienti dei «cretini».
Tre giorni dopo, il 20 gennaio, quando ormai era chiaro che il
Vaticano aveva in realtà cavalcato furbescamente la tigre e colto
l'occasione per radunare un'adunata oceanica, ho visto comunque in
Piazza San Pietro i maggiorenti del partito, da Franceschini a
Rutelli, schierati a fianco dei democratici cristiani di ieri
(Andreotti e Cossiga) e di oggi (Casini e Mastella). Tu non c'eri, ma
dieci giorni dopo ti ho rivisto, il 1° febbraio a San Giovanni in
Laterano, presenziare a una santa messa e ascoltare un'omelia del
cardinal Bertone, assieme a Napolitano, Prodi, Rutelli e una dozzina
di cardinali.

Ora, se questo è il modello di laicità del Pd, io preferisco non solo
quello della nuova sinistra di Zapatero, ma anche quello della
vecchia destra del cattolico De Gaulle, che rifiutava di fare la
comunione in pubblico per non urtare la sensibilità dei francesi non
credenti. Posso allora chiederti di stabilire chiaramente, in uno dei
punti programmatici che annuncerai sabato, da che parte del Tevere
vuole stare il Pd, così che coloro che hanno a cuore queste cose
sappiano cosa li aspetta e come devono comportarsi di conseguenza?
Non vorrei infatti che quando Franceschini ha detto a Ballarò il 12
febbraio che il partito ha risolto il problema della laicità perché
ci stiamo la Binetti ed io, intendesse in realtà dire «perché ci
stanno la Binetti e Dio».

18 Febbraio 2008   |   articoli   |   Tags: