One year of Covid (parte III)

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3.Ti riconosco mascherina!

Se Dio ci manda una punizione e noi cerchiamo di sfuggirla, non stiamo forse sfidando la sua volontà? Possiamo pregarlo di perdonarci, e forse nella sua saggezza lui guarirà la nostra malattia. Ma i rimedi eretici peggiorano solo le cose. […] Io vi ammonisco! Gli incantesimi, il richiamo di un mondo fatato, i riti magici non cristiani e specialmente le pratiche pagane sono tutte stregonerie, proibite dalla santa chiesa di Dio!
(Ken Follett, Mondo senza fine)

Così Godwyn, il fanatico priore di Kingsbridge (la località immaginaria in cui l’autore inglese ambienta la sua trilogia medievale) ammonisce contro le eretiche pratiche che la badessa Caris vorrebbe far mettere in pratica alle monache che curano i malati di peste nel 1349. Ovvero coprirsi naso e bocca con strisce di lino immerse in acqua e aceto.

È quindi noto fin da quegli anni che è bene proteggere le vie respiratorie quando si opera a contatto con infetti di malattie che si diffondono da un essere umano all’altro.

Questo non giustifica però l’abuso e la confusione fatta intorno alle “mascherine” in quest’anno di follia, perché dai tempi raccontati da Follett è passato qualche secolo e, pensate un po’, avevamo anche un sapere scientifico, propriamente detto, su ciò che sono i DPI (dispositivi di protezione individuale) respiratori.

FFP1, FFP2 e FFP3 cosa significa?

Proviamo, di nuovo e con stanchezza, a chiarire qualcosa; pur essendo consapevoli che il nostro è uno sforzo futile di fronte alla disinformazione unificata dei mass media e dei blogger in cerca di click.

Tralasciando tutte le definizioni “fantasiose” create forse all’uopo per la Covid19 (egoistiche, altruistiche, etc) e i provvedimenti folkloristici del “meglio due mascherine che una” (certo e già che ci siete mettetevi anche una molletta sul naso e fate l’accento svedese per confondere il coronavirus) perché parlando seriamente la prima regola sull’uso dei DPI è quella di seguire rigorosamente le istruzioni dei produttori ed evitare genialate fai da te che possono comprometterne il funzionamento. Ecco, i suggerimenti di indossare contemporaneamente più mascherine protettive rientrano in queste genialate.

La catalogazione dei tipi di mascherine avviene semplicemente al grado di protezione che hanno nel far passare la polvere, il cosiddetto particolato fine (l’acronimo FF infatti sta per facciale filtrante). La FFP1 ha una bassa efficacia e ne ferma circa l’80% . La mascherina FFP2 ce l’ha media e ferma circa il 94% del particolato. La FFP3 ce l’ha alta e ne ferma circa il 99%.

La cosiddetta “mascherina chirurgica” non rientra in nessuno di queste tre categorie.

La mascherina chirurgica infatti non è un DPI ma solo una protezione da usare nell’ambito delle sale operatorie o della filiera alimentare per evitare che saliva e fomiti finiscono sul paziente o nei cibi che si stanno preparando.

In questa situazione servono ad evitare che i nostri droplets vadano in giro a infettare gli altri. In molti paesi asiatici, soprattutto asiatici sono diffuse nelle metropoli da tempo.

I virus hanno un diametro intorno ai 0,05 micron, molto più piccolo del particolato aerodisperso che va dagli 1 micron, in su. Quindi l’azione protettiva dei DPI si limita a fermare “solo” il virus che è veicolato da particelle liquide e solide di quelle dimensioni.

Ma questa, per un virus che non va in giro fluttuando nell’aria autonomamente come una piccolissima mosca, è comunque una buona barriera in uscita dalla nostra bocca. Ma “in entrata” siamo comunque esposti, ed ecco perché è comune sentire “ho sempre portato la mascherina ma il Covid me lo sono preso lo stesso“.

L’INAIL raccomanda fin dal 2008, e tutti gli igienisti ambientali e industriali da qualche decennio prima, che gli operatori sanitari a basso rischio biologico devono essere dotati di FFP2 e quelli che sono più a contatto con i malati e quindi esposti a rischi biologici maggiori devono essere forniti di FFP3.

Poi si può arrivare a mezzi più sofisticati per per i rischi da gas e vapori o da agenti biologici estremamente più pericolosi.

Di fronte a tutto ciò che sapevamo cosa hanno fatto diverse amministrazioni d’Italia in tempi di un epidemia pericolosa? Hanno smesso di dare i DPI idonei perché scarseggiavano.

Geniale nevvero? Sarà un caso che l’Italia, fra i tanti tristi primati in questa pandemia, ha anche quello del maggior numero di medici morti a causa della Covid19? Del resto “il SSN italiano è invidiato da tutto il mondo” sostenevano i governisti con sprezzo del ridicolo all’inizio della pandemia.

Se di tutto questo è passato (nel senso di nozioni assimilate dal pubblico grazie ad un informazione comprensibile) poco e niente, è innegabile che da un anno in questo paese ci siamo affannati nel dibattere del “mascherina sì- mascherina no”. Come al solito nel consueto modo pacato riconducibile alle espressioni: “o con me o contro di me!”, “assassino!” “dittatore sanitario!”, “ah ma allora vuoi Salvini al governo!” con la stessa calma che avrebbe un branco di pollame isterico alla vista di una volpe nel pollaio.
Ovviamente in questo dotto modo di disquisire abbiamo buttato nel calderone rappresentato dal termine “mascherine” tutto ciò che va dalle mutande di pizzo usate come tali all’autorespiratore con bombola d’aria incorporata.

En passant, litigate su tutto ciò che era essenziale per la gestione della pandemia invece (sistema di tracciamento efficiente, anticorpi monoclonali, potenziamento dei trasporti in vista della riapertura delle scuole, dosi di vaccino prese in tempo utile per prevenire la c.d. “terza ondata”) e delle varie insensatezze (ospedali di campo montati a fine della seconda ondata e smontati prima che arrivasse la terza, banchi con le rotelle, la costruzione di centri vaccinali appositi che ci sarebbero costati un miliardo di euro) avete sentito nulla? A noi non ci è capitato, almeno sui media ufficiali.

Ma restiamo alle nostre mascherine chirurgiche. Premesso che, come già detto non servono a proteggersi ma solo per contenere i nostri droplet e che usarle in contesti affollati è una questione di semplice buon senso sia quando si hanno sintomi influenzali e soprattutto all’inizio di una pandemia quando non ci sono specifici test rapidi facilmente accessibili; ci permettiamo di sottolineare qualche stortura nel loro uso.

1) Le mascherine chirurgiche sono monouso e hanno un efficacia limitata a poche ore. Continuare a portare la stessa mascherina per giorni significa mettere se stessi a rischio di molte patologie infettive perché i microbi da quella fermati si moltiplicano nel tessuto e ci ritorniamo a contatto respirandoceli.

2) Essendo queste di plastica non riciclabile hanno un impatto ecologico enorme. Se dovessimo davvero usarle, rispettando le regole di utilizzo, quindi non più di quattro o cinque ore, in ogni momento della giornata solo in Italia se ne consumerebbero 200 milioni al giorno. Se la funzione è quella di fermare i nostri droplet vanno benissimo quelle in cotone multistrato lavabili e riutilizzabili.

3) Portare la mascherina a lungo poi entrare in un bar o in un ristorante e togliersela per mangiare e bere (per poi ri-indossare la stessa magari perché bisogna andare al bagno) è meno che ridicolo perché ciò che questa ha fermato, per la maggior parte torna in dispersione nell’aria ogni volta che la manipoliamo per le operazioni necessarie a ri-indossarla. Ciò che è monouso è monouso e basta.

E all’aperto? È lapalissiano il fatto che se ci si trova in un contesto particolarmente affollato la mascherina chirurgica può proteggere chi è a ridosso da noi da qualche nostro droplet. Tuttavia se è altrettanto vero che “le mascherine non devono mai essere considerate sostituti del distanziamento fisico” questo ci pone davanti a una situazione da Comma 22 (chi è pazzo può essere esonerato dalle missioni di guerra, chi chiede di essere esonerato dalle missioni di guerra non è pazzo).

Capiamo il ragionamento di chi dice, “vabbè mi trovo per caso in questo affollamento che non mi aspettavo, ho una mascherina chirurgica dietro, la metto perché non si sa mai”. Ok, ci sta tutto! Ma in un luogo di lavoro, mettere per iscritto norme e procedure di sicurezza in cui si chiede ai dipendenti di rispettare il distanziamento fisico ma, qualora non fosse possibile, di usare la mascherina chirurgica è, a nostra modesta opinione personale, un assurdo.

Se non è possibile garantire la distanza di sicurezza bisogna fornire dei DPI almeno FFP2.

Ma quello che ci si deve chiedere è che impatto ha avuto, nel contenimento dei contagi da Covid19, l’obbligo che vige sul nostro territorio di portare la mascherina all’aperto ormai dalla metà di ottobre. Al di là dei ragionamenti capziosi, del “potevano essere molti di più” la quantità di contagi evitati è stata irrilevante. Lo abbiamo già evidenziato. Così come era stata irrilevante in Spagna e Francia che avevano messo l’obbligo prima di noi.

E se non bastassero gli evidenti dati empirici ricavabili dai grafici è ormai arrivato anche uno studio danese a rinforzare ciò che ci sembra sempre di più un’evidenza lapalissiana. Del resto… se all’aperto è praticamente impossibile prendere il virus quanti contagi potranno mai essere evitati con l’obbligo delle mascherine all’aperto? (vedi parte II)

Meriterebbero ben altro approfondimento certe farneticazioni sulle mascherine che funzionano come vaccini... ma non ce la sentiamo di scavare così a fondo negli abissi della mente umana. Ci viene solo da dire: non vi lamentate dei no vax, anzi fatevi un esamino di coscienza per le fesserie che avete diffuso. 

E allora perché non tolgono questo divieto? Ragionamenti capziosi come dicevamo ma soprattutto l’annoso problema dei politici italiani che piuttosto di ammettere che un loro provvedimento non sia servito a nulla dichiarerebbero guerra alla Svezia. Così de botto, pur di smettere di parlare della questione.

Ma sull’assurdità italica (e non solo purtroppo) di parlare di qualunque cosa eccetto ciò di cui servirebbe davvero per contrastare un’epidemia ci piace ricordare le parole del prof. Guido Silvestri usate il 7 luglio 2020 per presentare la sua pagina social “Pillole di Ottimismo” per contrastare il terrorismo mediatico imperante.

[…] già ci vediamo i soliti noti dare la colpa al popolino stupido e indisciplinato, agli sciagurati tifosi, alla movida, ai complottisti sfigati, ai bambini senza mascherina a scuola, e magari se la prenderanno anche con chi spiega la scienza con obiettività e cerca di trasmettere ottimismo e serenità a una popolazione stremata da mesi di reclusione.
E no cari signori. Si sappia bene che noi a questo giochetto non ci staremo.

[…] chiederemo sempre meno chiacchiere, meno epidemiologia difensiva, meno richiami generici alla “prudenza”, ed invece più fatti, più assunzioni di responsabilità, e soprattutto più preparazione e più interventi mirati a cui devono essere destinate tutte le risorse necessarie.

Perché a febbraio scorso è andata come è andata […] Il futuro però è un’altra storia e per questa non ci saranno scusanti. Lo dicevano i nostri insegnanti di una volta: sbagliare è umano, perseverare è diabolico.

Beh, diabolico suvvia… il diavolo non è così brutto come lo si dipinge e poi, semmai esistesse, starebbe prendendo appunti guardandoci.

Alessandro Chiometti

7 Marzo 2021   |   articoli, attualità   |   Tags: , , , ,