Niente black block a Macerata? Fortuna che c’è il coro pro-foibe

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Tra i vari meriti della manifestazione di #Macerata c’è anche quello di aver disvelato a prova di scemo il senso e il funzionamento del dispositivo-foibe. Che c’entrano le #foibe? Le foibe c’entrano sempre, in Italia. Paracitando il poliziotto assassino del film di Elio Petri, «tutto questo paese è una foiba».

Le cose sono andate così. Verso la sera del dieci, quando i media mainstream si erano ormai rassegnati al fatto che a Macerata non ci fossero stati incidenti, è cominciata a girare sui siti di vari quotidiani (pare la cosa sia partita dal Tempo) la “notizia” che al corteo un gruppetto di una decina di persone avrebbe cantato per qualche secondo un coro irriguardoso nei confronti della foibe (sic).

Nel giro di un’ora, con grande (illusorio) sollievo, tutti i quotidiani online e tutti i politici hanno decretato che a Macerata era sfilato un corteo di infoibatori. Si sono distinti per zelo – ovviamente – i piddini: Serracchiani, Scalfarotto…

Che la “notizia” fosse vera o meno per noi non ha nessuna importanza. Il dispositivo-foibe non ha bisogno di una notizia vera per attivarsi. LeFoibe nel discorso pubblico italiano non sono più un significante che rimandi a un evento storico reale, da studiare e interpretare con gli strumenti propri della storiografia. Sono invece diventate un’idea senza parole, puro suono che serve ad attivare riflessi pavloviani. Negli ultimi anni sono spuntate “foibe” ovunque, in Maremma, in Piemonte, nella bassa padana. Alcune sono addirittura mobili, si spostano qua e là nel collio friulano, terra di vigneti e di gubane.

Le foibe sono un meccanismo di interdizione che serve a bloccare qualunque analisi critica della “storia patria” e qualunque antagonismo sociale nel presente. Sono il “campo dei merli” (kosovo polje) del nazionalismo e del revanscismo italiano. Ieri questo è apparso in modo chiarissimo, come un’epifania, anche a chi di “confine orientale” sa poco o nulla, ma ha conservato un minimo sindacale di buonafede.

Le foto di Serracchiani a Basovizza in una cerimonia in cui erano presenti anche labari di forze militari nazifasciste (la famigerata X MAS) giravano sui social già da diverse ore, nel momento in cui la “notizia” del coro di Macerata ha invaso i siti dei quotidiani. E così gli alti lamenti di Serracchiani non hanno sortito altro effetto che quello di svelare definitivamente l’inconsistenza storica e la miseria politica e umana che sta dietro alla costruzione della “memoria condivisa”.

Nicoletta Bourbaki (dalla sua pagina Facebook)

Per chi interessa la vera storia di quel che è successo in quella zona della Slovenia prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale suggeriamo l’articolo della stessa Nicoletta Bourbaki (che è il nome collettivo di un gruppo lavoro sulla ricerca storica che fa capo alla Wu Ming Foundation) apparso lo scorso anno su Internazionale

13 Febbraio 2018   |   articoli, storia   |