Le domande sui dubbi di Report sul vaccino anti-Hpv

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Nella puntata del 17 aprile di Report su Rai Tre è andato in onda un servizio dal titolo Reazioni avverse, in cui si è parlato del vaccino contro il Papilloma virus umano (Hpv), dei suoi possibili effetti avversi e della gestione del sistema di farmacovigilanza nel nostro Paese. Al di là degli aspetti amministrativi e degli interessi economici, certamente meritevoli di approfondimento, dalla visione dell’inchiesta televisiva si ricavano soprattutto dubbi: incertezze sull’efficacia del vaccino, sospetti sulla correttezza dei numeri forniti dalle fonti ufficiali delle istituzioni e paure che gli effetti avversi del vaccino possano essere molto più gravi e diffusi di quanto ci viene fatto credere. Ma che cosa possiamo dedurre veramente dai contenuti della trasmissione?

1. I casi presentati sono davvero effetti collaterali del vaccino?
Nella video inchiesta vengono intervistate alcune ragazze che dichiarano di essere in uno stato di sofferenza (prevalentemente per dolori diffusi e prolungati) e di aver sviluppato questa condizione dopo essere state vaccinate.

Tralasciando le differenze nelle loro storie – per alcune i malesseri sono sorti dopo la prima somministrazione, per altre dopo la seconda, con tempi diversi tra l’inoculazione e la comparsa dei sintomi – resta la totale incertezza sulla correlazione tra il vaccino e la malattia. L’unico elemento a favore di questo legame è la coincidenza temporale, ma è sufficiente verificare che un sintomo compare dopo il vaccino (anche a distanza di settimane, si racconta) per provare il rapporto di causa-effetto? Per sostenere una simile tesi sarebbe necessario, come minimo, mostrare differenze significative tra l’insorgenza di questi sintomi tra ragazze vaccinate e non vaccinate.

L’Agenzia europea per i medicinali (Ema) nel 2015 ha pubblicato uno studio che indagava il possibile collegamento tra il vaccino anti-Hpv e due sospetti effetti collaterali quali un dolore cronico agli arti noto come sindrome dolorosa regionale complessa (Crps) e la sindrome di tachicardia posturale (Pots), che causa un battito accelerato del cuore quando ci si alza in piedi partendo da seduti. La conclusione è stata l’inesistenza del legame tra il vaccino e le due sindromi, ma evidentemente il parere istituzionale non è stato sufficiente a tranquillizzare i più sospettosi.

2. Di quanto non tornano i conti sui tumori al collo dell’utero?
Il servizio di Report, nella parte conclusiva, mostra alcuni dati relativi al tumore del collo dell’utero, che è una delle possibili conseguenze avverse dell’infezione da Hpv. I dati presentati dalla trasmissione, relativi al 2012, mostrano per esempio che secondo l’Oms in Europa ci sarebbero 13mila morti ogni anno, mentre per l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) la cifra salirebbe a 20mila. Analogamente, per la sola Italia, le morti sarebbero 1.500 secondo l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), 1.016 per l’Airc(Associazione italiana per la ricerca sul cancro) e 700 per l’Iss (Istituto superiore di sanità). Non è chiaro, però, che cosa si dovrebbe dimostrare con queste cifre. La presenza di istituti più virtuosi di altri nella raccolta dati? L’insabbiamento dei numeri reali da parte di alcuni e la smentita che arriva da altri? L’esistenza di criteri non uniformi nel conteggio dei casi? O, magari, che dietro questo caos si nasconde l’inefficacia del vaccino?

Interpretando gli stessi numeri con un altro occhio, si potrebbe dire che i dati sono in linea perché concordano sull’ordine di grandezza del numero di casi, e allo stesso modo si avvicinano ai numeri più recenti di cui abbiamo parlato anche qui su Wired qualche settimana fa. Il migliaio di decessi all’anno in Italia è preoccupante perché si tratta di almeno due morti ogni giorno, non per un 20-30% di discrepanza sui valori forniti dai diversi enti.

3. Qual è la solidità scientifica delle prove riportate?
Nel corso della trasmissione vengono riportati alcuni dati senza specificarne la fonte. Si parla per esempio di test di sicurezza sanitaria falsati perché nel gruppo di controllo al posto del placebo si somministrava una soluzione in grado di dare gli stessi effetti avversi dei vaccini. Si citano i presunti inquinanti presenti nei vaccini senza dare informazioni sulla loro quantità, quando invece la concentrazione di questi metalli pesanti sarebbe determinante per capire se il problema sia reale oppure no. Non si parla, invece, della reputazione presso la comunità scientifica di alcuni degli intervistati. Questo non significa necessariamente che nella trasmissione vengano dette falsità, ma qualche elemento in più potrebbe essere utile per capire la reale portata e autorevolezza di una denuncia così grave.

Su Bufale un tanto al chilo, per esempio, si sostiene che la dottoressa Antonietta Gatti, intervistata nell’inchiesta come scienziata indipendente, sia l’autrice di articoli pubblicati con il metodo del predatory publishing, ossia usciti su riviste con scarsa peer review e costi a carico dell’autore. Alcuni di questi studi, poi, sarebbero stati del tutto ignorati non per una volontà di nascondere le prove, ma per il fatto di essere privi di fondamento scientifico.

4. Perché non parlare anche degli effetti positivi del vaccino?
La parte scientifica della trasmissione è stata ridotta al minimo, ma parlando di papilloma virus si sarebbe potuto ricordare di come l’infezione da Hpv possa essere responsabile di tumori non solo al collo dell’utero, ma anche alla vagina, alla vulva, al pene all’ano e al cavo orofaringeo. Tumori che, ovviamente, a seconda dei casi possono interessare donne, uomini o entrambi. Allo stesso modo, si potrebbe ricordare che i metodi a oggi più efficaci per la prevenzione sono lo screening (per esempio con il pap-test o con il test del dna dell’Hpv) e la vaccinazione, che secondo gli esperti potrebbe garantire una copertura del 90%. Purtroppo nessuna vaccinazione può assicurare un’efficacia completa o la totale assenza di effetti collaterali, ma i rari casi di effetti avversi (di “casi rari” si parla anche nella trasmissione) vanno sempre raffrontati al numero di malattie evitate grazie ai vaccini. Differenze che anche nella peggiore delle ipotesi sono di 10mila o 100mila volte.

L’invocare maggiore trasparenza, dati più accessibili e controlli più seri è un appello che trova tutti d’accordo. Denunciare casi controversi, segnalare truffe e scoprire il malaffare è compito del giornalismo. Riconoscere che i vaccini sono nel complesso utili e efficaci è doveroso. Costruire una trasmissione per alimentare la diffidenza nei confronti dei vaccini sulla base di sospetti non documentati rischia però di generare l’ennesimo impatto negativo sulla fiducia verso la prevenzione.

Gianluca Dotti
articolo ripreso da Wired
pubblicato il 18.4.2017

18 Aprile 2017   |   articoli, filosofia e scienza   |   Tags: , ,