Iran: studenti ed una donna incinta uccisi

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COMUNICATO STAMPA

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Come si impicca una donna incinta
Renato Farina
Libero del 9 dicembre 2007

Ieri si festeggiava l'Immacolata Concezione, la donna nella sua più pura bellezza. Proprio ieri ho visto impiccare una
Madonnina. Un piccola donna. Non sono riuscito a decifrarne il nome. Il suo volto candido, prima di perdersi nel mare di
internet, è approdato sul mio computer in navigazione notturna tra siti dove si parla di islam e di resistenza. Era incinta.


La scena si svolge in Kuzhestan, nella sua capitale Ahwaz. Siamo nella regione dell'Iran a ridosso dell'Iraq meridionale. È
abitata da arabi sciiti. C'è il 90% delle riserve petrolifere persiane. Qui negli anni '80 si scontrarono gli eserciti di Saddam
Hussein e di Khomeini. I bambini venivano lanciati senza armi su campi minati con una chiavetta di plastica al collo,
avrebbe aperto loro il paradiso. Ora da quelle parti c'è un movimento di resistenza democratica e nazionalista: sono sciiti
ma arabi, vorrebbero essere indipendenti o almeno liberi. La protesta parte dalle università, come a Teheran. Alcuni
coraggiosi osano volantinare richieste di libertà, se la prendono con i mullah di Qom.
Questa è blasfemia per i capi. Li si arresta con l'accusa di terrorismo. E la pena capitale è certa e viene praticata con riti
di massa. Intanto procede, secondo antica tecnica staliniana, lo spostamento delle popolazioni. Ormai gli arabi sono
scesi in questa zona al 50 per cento, la terra è colonizzata dai persiani i quali occupano le posizioni di rango. Mi dilungo,
lo so. La digressione è un espediente per me, voglio rallentare il film, dimenticarlo. Si vede una spianata gonfia di gente.
La telecamerina si fa largo a stento, si capisce che siamo in una periferia brulla. Alcuni militari con la bustina nera e le
camicia bianca dalle maniche corte sono in prima fila, cercano di mantenere una posizione privilegiata. Non è un'orda
sbrindellata, ci sono uomini in giacca e camicia ben abbottonata, quieti e pasciuti, a dirigere le operazioni. Niente sembra
preparare la morte, siamo in una festa di paese. Come se fosse un teatro e si aspettasse la star, ci si frega le mani, c'è
un vocio allegro. Tra i notabili cinquantenni, dalle guance grasse, due fuscelli: sono ragazzi giovanissimi, avranno diciotto
anni, coi calzoni scuri e la camicia di un bianco sporco, magri magri, le mani dietro la schiena, gli occhi chiusi.
Ma ecco una ragazza, ha la pancia con le linee morbide, è incinta. Il suo vestito è nero, ha il chador che le circonda il
viso, una bella faccia di studentessa, con le labbra esangui. Non sapendo nulla, pensavo fosse la sorella o la moglie di
uno di quei condannati. Intanto la folla rumoreggia, inneggia o maledice. Qualcuno grida all'altoparlante la sentenza. Si
sente il motore di un camion. No: è un'autogrù. Ed ecco il signore grasso con l'aria del piazzista di provincia prende
confidenza con la ragazza, mi pare le accarezzi la nuca. In abito grigio, a suo modo elegante, con gesti svelti e sicuri,
stringe qualcosa alla gola della ragazza, forse un bottone, penso. È la corda invece, si scorge il groppo sotto il mento
bianchissimo. Dio, la impiccano. La ragazza ha gli occhi aperti e sperduti. Lentissimamente la ragazza ascende verso il
cielo, senza strappi, come i bambini immaginano facciano gli angeli. Sta in mezzo ai due compagni. Si ode un grido
fortissimo, lacerante: Al-lah-ak-bar! Al-lah-ak-bar! Allah è grande! Non finisce mai questo urlo di sciacallo, mentre il riso
di scherno della folla gareggia con il rombo del diesel. Le funi sostengono un palo parallelo al terreno da cui pendono i
tre impiccati. I ragazzi hanno le mani dietro la schiena, forse hanno la benedizione di morire subito: non si agitano più
dopo tre secondi. Ma la ragazza vuole vivere, o forse è la creatura dentro di lei. Sente battere i piedini nella pancia e
allora li sbatte anche lei.
La catena alle caviglie è larga, i calzoni neri sporgono da sotto la veste nera, ma i piedi sono bianchi. Due minuti batte i
piedi. Com'è possibile questo orrore? Come si fa ad ammazzare le donne incinte? Da quale barbarie arriva questa realtà?
Dura due minuti e quarantanove secondi il film. Andrebbe trasmesso nelle trasmissioni dove si parla di Iran,
bisognerebbe che chi invoca l'Islam come interlocutore serio per la pace, commentasse questa roba, piangesse su
questo scempio. Se dico che questo grido Allah akbar fa schifo, sono passibile di qualche cosa che somigli alla
discriminazione? Non può essere vezzeggiato uno Stato dove si ammazzano le donne incinta. Come ha fatto quell'uomo,
il notabile azzimato a non tagliarsi la mano che è stata l'ultima a toccare vivo il collo bianca della studentessa? Dopo
aver visto queste sequenze che superano in orrore le decapitazioni ho cercato di recuperare qualche notizia. Come per
capacitarmi.
C'è un sito di un movimento indipendentista. Riferisce che queste esecuzioni sono state eseguite ai primi di novembre,
ma non ne parla nessuno. Recupero una dichiarazione del portavoce del movimento di liberazione nazionale del
Kuzhestan. Il quale denuncia «l'odio razziale persiano». Sostiene: i tre «distribuivano volantini», tutta lì la loro colpa. La
ragazza è una «studentessa incinta e sposata». Hanno ucciso la madre e il bambino, perché «contro il nemico il
Persiano non prova compassione né pietà, anche se è il feto che una donna ha in seno». Si firma Brother Nassar Ahmed
Al Sheikh Khaz'al. Chiede una mano ai fratelli iracheni di Basra (zona sciita) perché aiutino a diffondere in tutto il mondo
questo film e salga la protesta universale. Ci proviamo noi. Fate circolare questo film, non fatelo vedere ai bambini.
http://www.al-ahwaz.com/engli sh/main.php?file=main
Il nostro ministero degli Esteri può dirci qualcosa? Può chiedere informazioni all'ambasciata iraniana?

11 Dicembre 2007   |   articoli   |   Tags: