Il comodo limbo europeo dell’omeopatia

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Le leggi dell’UE sono estremamente restrittive per la commercializzazione di farmaci,  e non da oggi. Fin dal 1965 ogni dichiarazione relativa alla capacità di guarire o ridurre i sintomi delle malattie deve essere solidamente comprovata. A causa di queste normative (65/65/CEE ad esempio) scomparvero dagli scaffali delle farmacie europee molti “rimedi tradizionali”. Come sappiamo la truffa al consumatore è una delle materie in cui l’UE si è mossa con più forza.
Tuttavia alla “comprovata capacità curativa” si è fatta nel 1992 un’eccezione, i farmaci omeopatici.
Come si legge nella direttiva 92/73/CEE infatti “alla procedura specifica semplificata di registrazione dei medicinali omeopatici sono applicabili per analogia i criteri e le norme procedurali previsti agli articoli da 5  a 12 della Direttiva 65/65/CEE, eccezion fatta per la prova dell’effetto terapeutico“.

Grazie a questa direttiva i farmaci omeopatici vengono sottratti alle norme sul cibo e sugli integratori alimentari e inserite in quelle “speciali” dei medicinali senza che vi sia la “solida prova” del loro effetto terapeutico. In realtà il testo originale prevedeva delle restrizioni come una frase di avvertimento della mancanza di un’indicazione scientifica comprovata sull’etichetta, ma le industrie omeopatiche aggirarono queste e altre restrizioni immettendo sul mercato prodotti complessi il cui nome ricordava la malattia per cui l’omeoprodotto pretendeva di essere il rimedio.
Il fatto che la cura omeopatica dovesse essere estremamente personalizzata era evidentemente diventato un optional; ad ogni modo tutto fu normalizzato nel 2004 con un’ulteriore direttiva che allargava ancor di più le maglie per i prodotti omeopatici, senza che nel frattempo con il progredire della scienza sia mai giunta una sola prova che questi rimedi abbiano un minimo effetto superiore al placebo. Ricordiamo infatti che il premio di un milione di dollari (mica spiccioli) messo in palio dalla fondazione James Randi a chi, con qualunque metodica, si fosse dimostrato in grado di riconoscere il medicinale omeopatico fra altri nove campioni di acqua distillata è rimasto non assegnato nonostante i tentativi di diversi omeopati.

Oggi l’organizzazione degli scettici belgi (SKEPP) promuove un appello al parlamento europeo che si può riassumere sinteticamente in un “delle due l’una” delle seguenti opzioni:

– Se i medicinali omeopatici sono cure mediche, dovrebbero essere regolati dalle stesse norme di ogni altra cura medica;

– Se i medicinali omeopatici sono considerati come cibo o integratori alimentari devono essere applicate tutte le norme previste per questa categoria di prodotti: ogni dichiarazione sulla salute deve essere prima comprovata dall’EFSA (European Food Safety Agency).

Difficilmente un discorso cosi limpido e lineare riuscirà ad essere più forte delle pressioni politiche delle multinazionali omeopatiche.

Alessandro Chiometti

NB: Informazioni prese dal numero 6 della rivista Query dei nostri amici del CICAP

 

 

 

7 Novembre 2011   |   articoli, filosofia e scienza   |   Tags: , , ,