Espulsioni e democrazia

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cartellino rosso

Leggo oggi su REPUBBLICA: “Sono stato espulso il primo febbraio – racconta Palleschi -, cioè prima del termine di 10 giorni che mi era stato dato per rispondere alle contestazioni della sospensione del 22 gennaio”. Palleschi ha segnalato “sospensioni ed espulsioni del tutto arbitrarie da parte dello ‘Staff’ del Movimento, un’entità fantomatica senza nomi e cognomi dietro”, che avrebbe coinvolto diversi attivisti in II Municipio e in altri. “Un processo kafkiano, in cui non si sa chi ti ha segnalato per l’espulsione né i motivi precisi – ha affermato -, in cui non c’é reale chance di difendersi. Con me hanno espulso l’architetto Michele Modica e il commercialista Salvatore Adamo – ha affermato Palleschi, avvocato penalista -, tutti con possibilità di essere eletti alle Comunarie e poi alle amministrative molto superiori a quelle dei candidati rimasti, una casalinga e una disoccupata, brave persone ma senza alcun seguito”.

Una cronaca dell’ormai consueta sequela di espulsioni eccellenti dal M5S a cui la stampa ci ha abituati durante gli ultimi due anni, ma intanto giorni fa seguivo la vicenda (di cui ero informato da un anno) di Fausto Scandola espulso dalla CISL per aver denunciato pubblicamente irregolarità interne. Non che le due sigle suddette mi stiano simpatiche (tutt’altro: mi stanno anzi terribilmente sulle scatole), ma non è questo l’oggetto dei miei pensieri. La questione per cui evidenzio questo episodio è perché, considerando la molteplicità di eventi simili di cui mi arriva notizia per via diretta o via web, noto che una certa “dinamica”, di cui sono stato prima testimone e poi protagonista in un contesto “similare”, appare infinitamente più diffusa di quello che si possa pensare.

Sembra proprio che nel nostro paese, una volta costituita una struttura di carattere politico e/o associativo, la tendenza dispotica dei vertici di eliminare personaggi scomodi o probabili concorrenti con metodi da regime stalinista (in un contesto spesso sedicente democratico) inizia a rivelarsi più diffusa di quanto si possa pensare. Non posso entrare nella testa del pubblico medio per ipotizzare la reazione di ciascuno nell’assistere a certi episodi, anche se ogni tanto mi capita di sentire uscite del tipo “Sono entrati nel M5S ? … queste sono le conseguenze !”: se così fosse per la maggior parte degli Italiani non ho modo di saperlo, ma almeno per il sottoscritto il primo pensiero che si materializza non è affatto questo. Il primo pensiero che nasce nella mia mente (forse perchè ci sono passato) è quello per cui l’incredibile teorema “homo homini lupus” non muore mai e soprattutto tende a manifestarsi maggiormente proprio all’interno di strutture (politiche, associative, di volontariato, ecc.) dove l’unica regola che vale sono statuti dai contenuti vaghi senza norme di garanzia che tutelino i singoli e nelle quali gli stessi vertici si sentono leader indiscussi di qualcosa che credono essere una realtà extraterritoriale lontana dalle prescrizioni di legge vigenti sul territorio nazionale, forse perchè non si sono mai letti l’art. 24 del Codice Civile o perchè sono estremamente fuduciosi nelle lungaggini della giustizia. A fronte di ciò, ogni qual volta un partito, un’associazione o una qualsiasi realtà che agisce nel contesto politico o pre-politico si muove pubblicamente, rilascia dichiarazioni o porta i propri esponenti in parlamento (magari a fare quei meravigliosi exploit stile Airola di pochi giorni fa, per poi farci assistere subito dopo al comportamento del suo intero gruppo parlamentare che ha fatto parlare i giornali) viene spontaneo chiedersi come quegli stessi esponenti siano arrivati a quei posti.

La domanda non appare solamente legittima, ma inizia ad assumere i tratti di una sorta di “dovere etico” per ciascun cittadino, perché se un qualsiasi soggetto ha raggiunto determinate posizioni (all’interno della struttura a cui appartiene) con determinati metodi ed eliminando gli avversari con tecniche da regime sovietico-fascista, quale onestà intellettuale potrà garantire alla collettività a fronte non solo di incarichi esecutivi a cui dovesse essere chiamato, ma addirittura di semplici esternazioni pubbliche ? … guarda caso l’articolo di REPUBBLICA era collegato alla vicenda delle candidature a Sindaco di Roma … è legittimo che mi ponga questa domanda (e non solo per il M5S) ?

Francesco S. Paoletti

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