Argo

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La magia del cinema è tale che ci si può ritrovare da un momento all’altro a tifare per un agente della Cia dimenticando per un paio d’ore il Cile, il Guatemala, Gladio, il Nicaragua, il Laos e la baia dei porci. Argo, occorre dirlo, è un film onesto (per quel che ne può sapere un comune mortale); prima di iniziare a raccontare dell’odio iraniano nei confronti degli Usa e degli americani, spiega correttamente il perché di quest’odio. Infatti i primi cinque minuti del film parlano della deposizione (1953) del governo democraticamente eletto di Mossadegh che aveva commesso il grave torto, dal punto di vista americano, di nazionalizzare le immense risorse petrolifere dell’Iran. La seguente restaurazione del regime dello scià portò a un periodo di terrore in cui oltre 7000 attivisti islamici e marxisti furono torturati e uccisi. La rivoluzione del 1979 che abbatté lo scià non poteva vedere di buon occhio gli Usa e quest’odio culminò con l’assalto all’ambasciata statunitense e la cattura di 52 ostaggi americani che rimasero prigionieri delle “guardie della rivoluzione” per oltre un anno. A questa cattura scamparono sei persone del corpo diplomatico dell’ambasciata Usa che riuscirono ad uscire e ad arrivare alla casa dell’ambasciatore canadese.

Qui inizia la vera storia oggetto del film diretto da Ben Affleck, che interpreta anche il ruolo del protagonista principale, ovvero l’agente segreto Tony Mendez che organizzò la missione per riportare a casa i sei “ospiti” dell’ambasciatore canadese. L’idea geniale di Mendez, che può oggi apparire strampalata mentre realtà funzionò alla perfezione, fu quella di spacciare i sei per una troupe cinematografica canadese che voleva girare un film di fantascienza per il quale servivano scenari desertici (per capirne la credibilità occorre ricordare che nel 1977 c’era stato il successo planetario di Star Wars).
Ovviamente per far risultare il tutto credibile occorreva che il film, o per meglio dire il suo progetto, esistesse veramente e così con l’aiuto di John Chambers (truccatore premio oscar interpretato da John Goodman) e di Lester Siegel (produttore di Hollywood interpretato da Alan Arkin) l’agenzia riesce a mettere in piedi una copertura credibile. Mendez deve entrare in Iran per istruire i sei sulle loro identità e portare con sé tutto l’occorrente per far apparire la storia credibile alle guardie della rivoluzione, nonostante le reticenze iniziali di alcuni degli “ospiti” riesce a portare tutti a casa per un lieto fine che poteva essere atteso solo da chi ricordava gli eventi reali di quegli anni.

Il film si regge sulla duplice bravura di Ben Affleck, come attore e come regista che sa dare un ritmo coinvolgente alla storia e tenere in tensione lo spettatore; però il disagio di trovarsi a tifare per il buon fine di un’operazione della Cia è forte. Lungi da noi riproporre simpatie filo-islamiste in chiave anti-americana (cosa di cui si macchiò parte della sinistra europea in quel periodo), è però difficile ignorare che l’organizzazione che ha salvato queste sei persone è la stessa che ha compiuto alcuni delle peggiori carognate che si possono ricordare nel dopoguerra. Bisogna forse solo prendere atto che, come sempre accade, le dicotomie bene/male funzionano solo nei film mentre nella realtà le cose sono sempre molto più sfumate e confuse.

J. Mnemonic

21 Novembre 2012   |   articoli, recensioni   |   Tags: , , , ,